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Democrazia: Gaber come la casalinga di Voghera

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I paradossi della democrazia

Pier Paolo Pasolini come un condannato per mafia. Fabrizio De Andrè come un analfabeta. No, non stiamo dando i numeri. Sono semplicemente i paradossi della democrazia. Quella democrazia che, dalla stragrande maggioranza della popolazione, viene vista come un totem.
Un tabù. Del resto, deriva dal greco δῆμος (démos, popolo) e κράτος (cràtos, potere). Potere, o governo che dir si voglia, del popolo. In soldoni, tutti sono uguali, tutti possono votare e, usando una citazione presa da un movimento politico, “uno vale uno”. Ma è giusto così? Davvero il voto di Gaber vale quanto quello della casalinga di Voghera? Davvero tutti possono esprimere le proprie preferenze nell’urna senza conoscere quantomeno la Costituzione e la legge elettorale? Un po’ come dire che un giornalista può fare tranquillamente l’ingegnere, l’economista, l’idraulico o l’elettricista. Impensabile. Ed allora, perché tutti possono votare? Dove sta scritto che la maggioranza ha sempre ragione?

Giusto due esempi: Hitler e Mussolini sono stati eletti. Dal famigerato popolo. Non hanno fatto nessun colpo di stato. A chi sostiene che l’unica alternativa alla democrazia sia la dittatura, basterebbe rispondere che un’altra forma di governo esiste. Forse non possibile. Ma esiste. Si tratta del governo dei migliori. O degli ”Illuminati”. Per dire, una Rita Levi di Montalcini nominata Ministro della Sanità. Si dirà: “ma chi lo decide”? Semplice: la persona che avrà riconoscimenti oggettivi. Chi ha il coraggio di affermare, per esempio, che un Voltaire, per menzionarne uno, non sia un illuminato? E, se proprio non si volesse rinunciare alla democrazia, c’è pur sempre un’altra alternativa: tutti i voti sono uguali? Perfetto, ma che almeno si passi un test, una prova od altro per accertare che un cittadino possa votare. Per quanto mi riguarda, deve conoscere almeno la legge elettorale e la metà dei principi scritti nella Costituzione. Ma, comunque, è un’opinione che ha solo il compito di tracciare una strada. È troppo? È riduttivo? Perfetto, si può trattare: cambierebbe la forma, ma non la sostanza.

Non è detto che il suffragio universale sia, parafrasando un certo Gottfried Wilhelm von Leibniz, il migliore dei sistemi possibili.

La democrazia funziona quando sono in due a scegliere e uno è malato”, ironizzava Winston Churchill, non esattamente l’ultimo arrivato.

Ma la lezione su questa forma di governo, forse troppo spesso osannata, l’ha data al Teatro Binci di Cesena il cantautore milanese citato all’inizio.

Un monologo da far ascoltare nelle scuole. O, almeno, nei seggi elettorali.

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