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Nuovo esame di maturità

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Crescita adolescenziale e prospettive e valutazioni delle nuove generazioni nel sistema scolastico attuale, fenomeni degenerativi quale il bullismo

Quest’anno alcuni dei nostri studenti affronteranno il momento più importante della loro vita: la maturità.

Una fase delicata per i giovani ed uno spartiacque tra la fine di un ciclo di studi e l’avvio di uno nuovo con l’individuazione del prosieguo per quello che potrà e dovrà essere un percorso didattico finalizzato all’inserimento del lavoro, seguendo le inclinazioni ed attitudini personali.

Sbagliare o non essere valutati in modo corretto può portarli all’abbandono della formazione didattica oppure ad una scelta importante per la loro vita lavorativa.

Tutto ciò comporta una grande responsabilità delle Istituzioni, in primis, ma secondariamente per i docenti componenti le Commissioni, anche perché si attribuisce una grande responsabilità a soggetti che non conoscono il percorso ed il profilo degli allievi.

Correttamente, il MIUR ha reintrodotto lo svolgimento delle prove di maturità 2023 con il sistema ante Covid, assolutamente condivisibile, per vagliare, si suppone, e valutare il loro grado di maturità e preparazione.

Tuttavia, tale metodo non è innovativo, né può essere calato nella realtà pratica attuale per una serie di criticità ed elementi di distorsione inconsapevoli, perché non ha preso in considerazione delle problematiche connesse al grado di crescita e formazione degli studenti appena usciti da tre anni di pandemia e di didattica a distanza.

Peraltro, vi è la circostanza, non irrilevante e soprattutto da non sottovalutare, che questa generazione di giovani ha subito danni irreparabili dal punto di vista non solo della crescita fisiologica, formativa, ma, non ultimo, a livello psicologico, per le tante rinunce che ha dovuto subire, quale l’aggregazione sociale, le esperienze personali dell’età adolescenziale, il rimanere bloccati per mesi dietro ad una realtà virtuale, spesso condivisa con fratelli, sorelle e genitori e non sempre appoggiati da famiglie presenti ed economicamente deboli, che ne ha limitato fortemente il contatto reale privando i ragazzi dell’essenza stessa della umanità vera.

Una generazione di giovani “disorientata”, che oggi, quasi al 50%, sono in analisi presso molte ASL territoriali a causa della loro fragilità emotiva. Preoccupante il fatto che si sottace questo fenomeno, nascondendo la testa sotto la sabbia e non conosciamo ciò che accade sotto il profilo privato.

Una generazione, purtroppo, esposta a gravi pericoli di deformazione del percorso da potenziali criteri di valutazione come quelli indicati dal MIUR, non assolutamente aderenti non solo alla didattica, ma anche al trascorso personale.

Una valutazione di punteggi introdotta con criteri troppo rigidi, che non tiene conto delle rinunce obbligatorie dei maturandi, determinata dalle limitazioni della pandemia, anche con riferimento ai percorsi specialistici di alcuni istituti che non li hanno potuti formare e di confronto con la realtà lavorativa, dovuta proprio alle limitazioni del lockdown.

Un bilancio che non considera le fragilità emotive di una generazione che se dovesse incontrare altri insuccessi proprio nel momento più importante della sua vita, la maturità, appunto, potrebbe essere esposta a sbandamenti e abbandoni dei percorsi scolastici dopo un iter di oltre 13 anni di elementari, medie e superiori.

Molti genitori stanno affrontando il problema dell’abbandono del percorso formativo dei propri figli, nel totale silenzio e solitudine, emarginati dalle Istituzioni.

Abbiamo il dovere di stimolarli alla crescita, alla responsabilità e alle loro inclinazioni per farne delle persone consapevoli alla guida di questa società nel futuro, ma stando sempre attenti anche a quel “filo” invisibile, spesso non percepito né percepibile dagli adulti, delle problematiche degli adolescenti, oggi maggiormente caricate da una situazione gravosa come quella della pandemia i cui effetti si riscontrano ancora oggi aggravati dalla crisi economica e dalla guerra alle porte della nostra nazione.

L’abbandono del percorso scolastico determinerebbe non solo un danno psicologico ulteriore e permanente, ma esporrebbe tale generazione, già fragile, al reclutamento della criminalità organizzata in quelle “sacche di metropoli” disagiate, laddove essa non viene supportata da idonea famiglia, presente nella vita del ragazzo ed economicamente sfavorita, rispetto ad altre famiglie più agiate, oltre al fatto che costituirebbe un grande fallimento per tutti: Famiglie, Istituzioni, Scuola.

Almeno per questo primo anno di reintroduzione del “vecchio sistema” di svolgimento dell’esame, si ritiene si debbano inserire ulteriori correttivi e contemperamenti di valutazione, tenendo presente quanto verificatosi nel tessuto sociale e i forti rischi cui si espone i nostri maturandi.

Attualmente, siamo in presenza di articoli di giornalisti, più o meno “social”, che stravolgono il senso della fatica dei docenti, andando incontro ad una poco chiara e, se vogliamo, “inesperta” lettura di circolari da parte dei giovani studenti.

La proposta che segue credo potrebbe incontrare e contemperare il lavoro svolto negli anni dai docenti ed il “merito” che i giovani devono in qualche modo dimostrare per sé stessi e per andare incontro al dettato costituzionale in tema di istruzione.

Portare alla valutazione del 50% il percorso scolastico dei ragazzi nella scuola, anziché i 40 punti delle linee guida, il restante 50% diviso tra 15% per la prima prova scritta, il 15% per la seconda prova scritta multidisciplinare e 10% per la prova orale.

In tal senso, credo che solo i docenti possano valutare ciò che gli studenti sono riusciti a realizzare in anni difficili.

Solo gli insegnanti conoscono dove la “rete veloce” è pervenuta, se i ragazzi hanno dovuto dividere computer con i genitori – monoreddito ed in smart working – o con altri fratelli in famiglia monoreddito e questo perché la scuola non è solo di Roma o nelle grandi metropoli, ma è costituita anche da quell’insieme di istituzioni scolastiche dislocate in paesi e province ove la rete non giungeva con tutte le ovvie conseguenze di dispersione scolastica e formativa.

Solo gli insegnanti sanno se i ragazzi hanno dovuto fare “salti mortali” per seguire le lezioni o si sono adagiati.

È il compito della scuola e delle Istituzioni colmare quelle lacune che sono emerse durante il lockdown e dare più opportunità, finalizzate allo scopo reale di premiare il merito.

Pertanto, attribuire la facoltà agli insegnanti di concedere il punteggio di 50% rispetto ai 40 previsti delle linee guida, significa e significherebbe offrire loro la possibilità di graduare e diversificare meglio, con una scala più ampia, il percorso dei propri studenti, che sono riusciti a realizzare, in relazione a ciò che, in coscienza e secondo i mezzi a disposizione a loro disposizione, non uguali, in molti casi, lungo lo stivale e nei vari territori più disagiati.

Si pensi anche alle periferie delle grandi metropoli, ove famiglie monoreddito non avevano nemmeno il computer da offrire ai ragazzi per la DAD.

La scala di punteggio 50; è e potrebbe essere un percorso di responsabilità in mano ai docenti della provincia e dei piccoli territori e delle grandi città e nelle periferie, più carenti di mezzi tecnologici – finanziari.

I loro discenti non possono essere penalizzati per carenze infrastrutturali delle Istituzioni, dove in alcuni territori non vi era nemmeno il cablaggio della rete, e, nel contempo, deve essere consentito ai professori di premiare coloro che possono e devono proseguire negli studi.

La dispersione formativa e didattica porta ed ha portato, nel periodo della pandemia, inevitabilmente anche ad un aggravamento della manifestazione di quei fenomeni aberranti e degenerativi della nostra società quali bullismo e cyberbullismo, esistenti anche prima, che negli ultimi due anni hanno fatto presa su molti, che hanno abbandonato la scuola per intraprendere percorsi deviati e di violenza.

La valutazione dei ragazzi secondo criteri che tengano conto maggiormente della loro caratterialità e della loro fragilità emotiva e il fenomeno del bullismo e cyberbullismo non sono due aspetti disgiunti, ma interconnessi.

Il fallimento, anche scolastico, se non correttamente pilotato, può divenire un alibi per l’adolescente per seguire percorsi assai pericolosi per sé e la società, ed una deminutio integrale di responsabilità per le Istituzioni.

Il fallimento e l’abbandono della scuola è un fallimento di tutti.

Dobbiamo partire da questa considerazione… La costruzione dell’identità personale di un giovane è un aspetto vitale della nostra esistenza, che si snoda lungo l’intero arco della vita, consentendo all’individuo di crescere e vivere in armonia con se stesso e con gli altri, superando la delicata fase di “confusione” d’identità tipica dell’adolescenza e dove la dimensione relazionale diventa centrale per “determinarsi” e “definirsi”.

Il termine latino adolescere significa “crescere”; gli adolescenti, in questa delicata e difficile fase di passaggio tra l’infanzia e l’età adulta si raffrontano con il mondo esterno e con i loro coetanei, i quali sono vissuti e sentiti come una fonte di sicurezza e aiuto in quanto costituiscono

uno specchio nel quale l’adolescente guarda per vedere la propria immagine riflessa e sono fonte di informazioni, valutazioni e giudizi inerenti il Sé.

Tale processo di sviluppo, contraddistinto fondamentalmente da grande insicurezza e da modalità comportamentali atipiche, determina, se non giustamente indirizzato, il rischio di una rigida crisi dell’immagine di Sé, in termini di bassa autostima, insoddisfazione e valutazione severa da parte degli altri.

In puero homo’, Leonardo da Vinci scriveva una frase apparentemente semplice e illogica, ma tremendamente vera, a significare che in ogni bambino è possibile rilevare specificità fisiche e caratteriali che manifesterà da adulto.

La frase pone una questione fondamentale, l’eterna ricerca sull’identità dell’uomo: ‘Chi sono?’ e rimanda al motto greco iscritto sul tempio di Apollo a Delfi ‘Conosci te stesso‘. Apollo era il dio del sole e della luce, quest’ultima considerata la sorgente da cui sgorga ogni conoscenza, da cui derivano le scienze e le arti.

Ogni acquisizione di conoscenza presuppone costanza, autorità, intuito e metodologia scientifica.

Il filosofo e scienziato Aristotele affermava che i “possessori della scienza” sono coloro che conoscono le cause, il perché, e non i fatti, il che. Questo implica, secondo la visione aristotelica, il ricorso al sillogismo, ovvero a quella costruzione logica formata da “se” quale premessa e “allora” quale conclusione, da cui trarre deduzioni coerenti con la veridicità.

L’affermazione, dunque, ha carattere di sacralità e implica un senso molto profondo di significato, quale spazio di reale conoscenza che l’uomo può trovare solamente guardando in se stesso, perché, come solitamente sosteneva Platone:

Tutto ciò che l’uomo apprende è già in lui.

Ed è proprio da questa espressione, autentica e magica, che nasce l’esigenza a esplorare e a ri-scoprire l’Uomo in quanto tale, ponendo attenzione all’individuo, alla sua identità di unicum, caratterizzato dalla compresenza di corpo e mente.

La ricerca dell’identità è certamente una questione complessa, perché ricca di sfumature e percorsi evolutivi differenti, che riguarda ogni singolo individuo, nell’unicità del suo cammino evolutivo:

È durante l’adolescenza e la giovinezza che il problema della formazione dell’identità diventa cruciale per il soggetto, impegnato a scegliere una propria prospettiva di sviluppo, a dare significato, forma e continuità alla propria esistenza, ridefinendo il sé e costruendo il proprio destino.

Nel corso di questo importante e delicato processo di sviluppo e di acquisizione dell’identità personale, punto di arrivo che non sarà mai definitivamente raggiunto, ogni individuo affronta la sua nascita psicologica in un groviglio di sensazione ed emozioni, di non distinzione tra sé e il mondo.

Soltanto attraverso un tortuoso percorso mentale ed emozionale si giunge ad articolare “identificazioni” e “dis-identificazioni”, a stabilire i confini tra “sé” e “non sé”, a definire la propria immagine con tutta la costellazione dei relativi attributi che sono tipici dell’uomo: forza – debolezza, affettività – crudeltà, sensibilità – indifferenza, razionalità – oscurità, rispetto – irrisione, altruismo – invidia, dignità – umiliazione.

I prodromi cardine di questa strategia educativa partecipata presuppongono strumenti e metodologie funzionali a supportare linee guida e comportamentali organicamente definite, in grado di pianificare appropriate azioni di contrasto al fenomeno del bullismo, utili ad impostare una solida alleanza tra tutte le componenti che sono impegnate, secondo il proprio ruolo e la propria abilità nella realizzazione del progetto educativo.

Questo coinvolgimento garantisce il rapporto di corresponsabilità nella continuità educativa, consentendo di creare un clima relazionale idoneo ad accogliere ed elaborare le istanze di protagonismo emotivo, sociale e culturale degli adolescenti.

L’avvento dei social media ha segnato un cambiamento epocale per l’intera popolazione, modificando drasticamente l’esistenza di milioni di persone.

Il nostro modo di essere e di fare ha subito una radicale e profonda trasformazione; in pochissimo tempo quello che decenni fa sembrava inimmaginabile è diventato possibile: immediatezza delle notizie, opportunità di avvicinare soggetti distanti, facilitando rapporti interpersonali e modalità di comunicazione e informazione, senza peraltro nessun costo, opportunità di esprimere idee e opinioni proprie.

È necessario analizzare ed evidenziare le cause e concause che hanno portato alla crisi identificativa degli adolescenti.

È uno studio a tutto campo per chi ha delle responsabilità, un preciso riferimento ad un fenomeno particolarmente esteso, qual è appunto il bullismo, che si focalizza sulle complesse ed ambigue dinamiche della società moderna, in un continuo interrogarsi sul ruolo che insegnanti, educatori, famiglia ed Istituzioni si riconoscono e si misurano nello sviluppo dei valori d’identità adolescenziale e sui modelli educativi a cui mirare, in un contesto sociale che richiede, a tutti, responsabilità e competenze elevate.

Vi devono essere due linee di ricerca. La prima è fortemente orientata ad indagare la personalità, i rapporti interpersonali e il contesto sociale in cui il “bullo” è inserito e si arricchisce di una storia significativa di bullismo, in cui emerge, in tutta la sua dirompente drammaticità, la visione distorta e patologica del rapporto personale, perché manca il riconoscimento dell’altro come “io” diverso da me ma uguale nella dignità; la seconda ripercorre i momenti di sconforto e di dolore che agitano il vissuto della vittima, aggiungendo segni e sofferenze spesso indelebili di stress, umiliazione, perdita di autostima e depressione per la propria identità considerata ormai perduta.

È doveroso attuare percorsi valutativi e nuove “tecniche di indagini” alla ricerca di risposte esaurienti ad alcuni fondamentali interrogativi.

L’avvento della maturità, con i criteri antepandemia, deve tenere conto, inevitabilmente, di questi elementi e delle dinamiche sociali cui sono esposti i giovani adolescenti.

Perché il fenomeno, nonostante il gran flusso di informazioni e di processi “educativi”, è in continua e costante crescita?

Quali modalità di “relazioni educative e comportamentali” si ritiene opportune intraprendere perché i ragazzi siano seguiti e aiutati a “leggere” quanto accade dentro di sé e intorno a sé ed educati al rispetto e al valore dell’altro, della sua persona e della sua dignità?

Che tipo di validità relazionale siamo indotti ad attribuire al binomio bullismo – educazione?

Siamo veramente coscienti della pervasività – invasività dei nuovi strumenti mediatici?

A quali conseguenze giuridiche sono esposti adolescenti, genitori, direttori didattici e docenti e Istituzioni protagonisti attivi e passivi del fenomeno bullismo?

Naturalmente, le risposte a queste semplici ma al tempo stesso complesse domande dipendono da quale significato NOI vogliamo attribuire loro e, principalmente, come queste vengono percepite.

Sta tutto qui l’essenziale: rispondere ai bisogni adolescenziali in modo innovativo, attraverso attività creative, sperimentali e condivise e percorsi valutativi dei ragazzi con un rigore che tengano conto delle dinamiche della società e delle concause che hanno determinato il condizionamento del loro percorso, dove si confrontano e convergono diversi punti di vista, differenti approcci, interessi vari ed eterogenei.

Quindi una valutazione più complessiva dei ragazzi, tenendo maggiormente in considerazione il loro percorso, potrà essere determinante per il loro futuro.

Ciò vale, soprattutto, per gli istituti tecnici e professionali e non solo, in cui le differenze nel mercato per i giovani la faranno non solo la bravura professionale meramente teorica, ma il complesso delle caratteristiche e il modo di essere e la dedizione della persona, il suo saper interagire in fase orale con la Commissione, per il discente che ha affrontato la maturità, e che persuaderà, in futuro, un datore di lavoro/imprenditore ad assumere questi maturandi o piuttosto che respingerli dal mondo del lavoro.

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Autore Maurizio Colangelo

Maurizio Colangelo, nato il 28.09.1963 a Gemona del Friuli (UD), residente a Roma, coniugato e padre, tramite procedura adozione internazionale con la Comunità di Sant’Egidio, di un ragazzo del Burkinafaso. Diplomato al Liceo classico di Belluno, Laurea in Giurisprudenza Università di Trieste, militare assolto nelle forze speciali italiane nell’ambito manovre NATO degli Alpini Paracadutisti - Rangers, Delegato nazionale per il Lazio dall’Associazione Nazionale Paracadutisti Rangers. Avvocato Internazionale. Master presso la Scuola Superiore degli Affari Esteri. È stato Sostituto Procuratore onorario della Procura di Roma, Vicepretore della Pretura di Roma, attualmente ricopre anche incarico di Giudice onorario di Tribunale e già assegnatario alla sezione specializzate in materia familiare e diritto civile. Docente e collaboratore esterno a contratto nel Master Violenza Interpersonale: Bullismo - Mobbing – Stalking: Strategie efficaci e modelli psicosociali integrati per l’identificazione e la gestione dei conflitti e dei comportamenti aggressivi in soggetti vittime di vessazioni e atti persecutori nella Università telematica Pegaso Anno accademico 2020/2021. Autore di differenti articoli, monografie nelle tematiche di Diritto Familiare, Penale e Comunitario, Costituzionale e Diritto internazionale e Diritto Unione Europea. Relatore in convegni ed artefice di casi giudiziari di rilevanza nazionale: Affittopoli, Compagnie petrolifere, abusivismo medico. Componente del Comitato scientifico Collana Editoriale Le Monadi Aracne Editrice. Autore di ‘Legal Thriller Illegalità Sommersa’ distribuito dalla Mursia Editore, presente nelle Fiere di NewYork, Francoforte, Londra, Roma e Torino. Autore di libro sul Bullismo e Cyberbullismo, vincitore di due premi internazionali. In data 15 dicembre 2017 gli è stata consegnata Onorificenza dall’Ordine Avvocati di Roma per i 25 anni di professione e lustro attribuito all’Ordine in conseguenza della attività forense svolta.