Deontologia professionale del suicidio
Avrei dovuto scrivere questa nota ieri o giovedì, ma non ne ho avuto il tempo. Limiti caratteriali mi impongono di riflettere bene, perché l’emotività e l’impulsività potrebbero portarmi ad esagerare nei toni. Tuttavia vorrei solo rappresentare quanto abnorme si sia verificato a Termoli (CB).
Un anziano quasi novantenne decide di farla finita, sale su di una scala che affaccia sul muro di cinta del castello e si lascia cadere. Prima di farlo scrive dei messaggi, lascia le sue generalità e un cellulare di un parente per comunicarne il gesto agli avventori.
Segnali di una pianificazione studiata, nel pieno isolamento del Covid-19. Un gesto privato di un uomo che non ricopre cariche pubbliche presenti e passate, di origini non molisane e di conseguenza maggiormente tutelato dalla privacy.
Questo vale per i giornalisti, ma il concetto andrebbe recepito da tutti, specie nei social. Come mai? Per evitare che un minore, che un’altra persona sofferente, particolarmente sensibile, specie ora che siamo tutti un po’ depressi, preoccupati e tesi, possa emularne il gesto. Non a caso ci sono testimonianze dirette grazie alle quali si è evinto che durante il gesto, capiti che il suicida ci ripensi quando a volte sia troppo tardi.
Vi rendete conto? Ci sono persone che mentre tentano di togliersi la vita, vogliano disperatamente tornare indietro, ma magari non c’è nessuno pronto e disponibile a salvarli!
Un peccato per chi crede come me.
Ma per l’appunto, ci sono persino regole ed indicazioni anche a tutela dei familiari delle vittime di suicidio, rese note anche dalla OMS da alcuni anni. Non ho alcuna intenzione di fare il professore, ma solo di ribadire i concetti che l’Ordinamento della professione giornalistica prescrive.
Lo faccio perché mi sembra assurdo che si pubblichino foto dalle quali fosse evidente, con un po’ di attenzione e curiosità, il cellulare della familiare, i messaggi lasciati e la foto dell’uomo, in bella evidenza sulla scaletta. Il tutto alla luce del sole, manco a suicidarsi fosse stato il Sindaco della città, unitamente ai soliti ragionamenti campati in aria sul perché e per come.
Per questo motivo, come sostiene e scrive il Presidente dell’OdG Toscana Carlo Bartoli:
1. Cogli l’opportunità per educare il pubblico a proposito del suicidio;
2. Evita un linguaggio sensazionalistico, o che presenti il suicidio come un fatto normale, o ancora che lo presenti come una soluzione dei problemi;
3. Evita di presentarlo in posizioni di particolare evidenza e non riproporre più volte, senza motivo, le storie di suicidi;
4. Evita di descrivere in maniera esplicita il modo usato per togliersi la vita o nei tentativi di suicidio;
5. Evita di descrivere in modo dettagliato i luoghi scelti;
6. Usa con attenzione le parole nei titoli;
7. Sii cauto nell’uso di foto e filmati;
8. Usa particolare attenzione nel descrivere il suicidio di persone celebri;
9. Tieni nella dovuta considerazione i parenti e gli amici dei suicidi;
10. Fornisci informazioni su dove è possibile chiedere un aiuto;
11. Ricordati che gli stessi giornalisti possono essere influenzati nel raccontare casi di suicidio.
SPERO DI NON DOVERLO RIPETERE.
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Autore Vincenzo Cimino
Vincenzo Cimino, giornalista, critico musicale, esperto di politica, normativa AGCOM, Consigliere OdG.