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L’Italia verso il riconoscimento di unioni civili e matrimoni gay

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Il ddl di “Disciplina delle coppie di fatto e delle unioni civili”

Il ddl promosso dalla senatrice PD Monica Cirinnà sta creando malumori e scuotendo il già fragile equilibrio della maggioranza. Il decreto è composto da 19 articoli e suddiviso in due titoli: il primo dedicato ai legami tra soggetti dello stesso sesso ed il secondo ha come fine il riconoscimento legale della convivenza.

Il primo articolo di questo ddl è quello che introduce la novità più importante cioè il riconoscimento delle unioni civili tra persone dello stesso sesso. In questo modo le coppie italiane omosessuali potranno sposarsi legalmente, ma anche quelle che si sono sposate all’estero, in paesi dove in matrimonio gay è stato già regolamentato dalla legge, vedranno riconosciuta la loro unione.

Per  costruire un’unione civile le due persone dovranno recarsi presso un ufficiale di Stato civile, alla presenza di due testimoni. In quel momento i due potranno decidere se adottare il cognome di uno solo delle due persone oppure mantenere ognuno il proprio. Stando al testo della legge, l’unione civile sarebbe molto simile al matrimonio tra eterosessuali. Le coppie dello stesso sesso che si legheranno ufficialmente avranno diritto agli stessi diritti e doveri delle coppie etero, ad esempio l’obbligo alla collaborazione nella vita comune, reciproca assistenza morale e materiale. Potranno anche scegliere il proprio regime patrimoniale tra comunione e separazione dei beni. In caso di morte di uno dei due coniugi, come nei matrimoni “tradizionali”, il vedovo potrà ereditare beni senza dover pagare alcuna tassa di successione, subentrare in un contratto d’affitto e per quanto riguarda la pensione avrà diritto di ricevere quella di reversibilità. In merito all’assistenza sanitaria il trattamento sarà uguale alle coppie etero unite in matrimonio. Ed infine, per poter sciogliere queste unioni si dovrà essere d’accordo o anche se la decisione venga presa solo da un membro della coppia, bisognerà comunicarlo all’ufficio apposito ed entro un paio di mesi verrà avviato lo scioglimento.

Uno dei punti più discussi del decreto è la  stepchild adoption. Questo provvedimento prevede la images (2)possibilità per i coniugi legati da un’unione civile di adottare un bambino, che sia figlio naturale o adottivo di uno di loro due. Questa norma è  la principale ragione dello scontro tra PD e NCD: secondo il partito del Ministro dell’Interno questa norma favorisce la pratica dell’utero in affitto, illegale in Italia, che vede donne mettere a disposizione il loro corpo per una gravidanza in cambio di soldi. Anche se alcuni movimenti, come il M5s, hanno dato il loro completo appoggio al decreto, la paura principale del PD è quella di inclinare i rapporti con NCD, ovvero la principale forza alleata del Governo, l’unica in grado di poter mantenere in piede questa maggioranza. Altri mal di pancia provengono dalla Chiesa cattolica che non ha esitato a far sentire la propria opinione. Da sempre schierata contro le unioni civili, con dei barlumi di apertura grazie all’avvento di Papa Francesco, il Presidente della CEI Monsignor Galantino ha chiesto alla politica di non essere “strabica” visto che questo provvedimento rischia di snaturare la famiglia tradizionale.

Ma le controversie non provengono solo dall’esterno: proprio dall’interno dello stesso PD la norma viene osteggiata. I cattodem hanno addirittura proposto di cancellare la stepchild adoption, proponendo come alternativa un affido rafforzato. Renzi continua a spingere, affermando che il testo verrà approvato al Senato senza cambiamenti, ma con al massimo dei paletti per chiarire i passaggi più controversi, anche perché i tempi sono ristretti: la legge sulle unioni civili approderà a Palazzo Madama il 28 gennaio.

Nel frattempo gli antagonisti del decreto Cirinnà  annunciano per il 30 gennaio il family day in Piazza San Giovanni a Roma per chiedere che il decreto sia ritirato, mentre il 23 gennaio, nelle principali piazza italiane, si terrà la giornata di mobilitazione organizzata dall’arcigay, arcilesbiche, Famiglia arcobaleno.

Se volgiamo per un attimo lo sguardo all’Europa310x0_1437499496058_20130522_gayeuropa_copia ci renderemo conto che l’Italia è l’unico Paese dei 6 fondatori dell’Unione Europea a non aver ancora riconosciuto le unioni civili, né i matrimoni omosessuali. Il primo Paese ad averlo fatto e ad aver regolarizzato le unioni civili è stata la Danimarca nel 1989, anche se il via libera per le coppie gay a sposarsi davanti alla Chiesa Luterana di Stato è arrivato solo nel giugno del 2012. Poi viene la Finlandia nel 2014 anche se sia le unioni civili e sia le adozioni erano possibili già nel 2002. In Belgio il matrimonio risale al 2003 e le adozioni al 2006. In Spagna le nozze gay sono legali dal luglio 2005 e le coppie gay possono adottare bambini anche se non sposate. In Norvegia dal gennaio 2009 non vi sono più differenze tra omosessuali ed eterosessuali davanti alla legge in materia di matrimonio, adozione e fecondazione assistita. In Svezia è stata legalizzata la prima l’adozione per le coppie gay nel 2003 e poi il matrimonio civile o religioso nel maggio 2009. In Portogallo una legge nel 2010 ha abolito il riferimento a “sesso diverso” nella definizione di matrimonio. Ancora però non è consentita l’adozione alle coppie omosessuali. In Islanda, come per la Svezia, per i gay sono state legalizzate prima le adozioni nel 2006 e poi le nozze nel 2010. In Francia la legge è passata il 18 maggio 2013, ma non senza durissime contestazioni da parte dei movimenti di difesa della famiglia tradizionale. Nel Regno Unito, invece, dopo un percorso parlamentare travagliato, la legge sulle nozze gay ha ottenuto il via libera definitivo grazie all’approvazione formale della regina Elisabetta nel luglio del 2013. In Lussemburgo, nel giugno 2014, è stata approvata la legge sui matrimoni gay ed è entrata  in vigore il 1 gennaio 2015. Cinque mesi dopo si è celebrato il primo matrimonio gay di un Capo di Governo di un Paese europeo; il premier lussemburghese Xavier Bettel si è sposato nel municipio del Granducato. In Slovenia, nel marzo del 2015, viene approvato un emendamento alla legge sui matrimoni che equipara i matrimoni omosessuali a quelli eterosessuali. L’Irlanda, il cattolicissimo paese, è stato il primo Stato a dire sì alle nozze gay con un referendum.

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Autore Monica De Lucia

Monica De Lucia, giornalista pubblicista, laureata in Scienze filosofiche presso l'Università "Federico II" di Napoli.