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Invictus, Mandela raccontato da Eastwood in un film epico-sportivo

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Come raccontare in un film un uomo che ha fatto la Storia? L’ardua impresa di Clint Eastwood

Nel 1990 Nelson Mandela torna uomo libero dopo ventisette anni di galera: aveva visto comandare in nome del razzismo il suo paese, il Sudafrica, sin dal 1948 provando a combattere tali discriminazioni fino al punto di essere incarcerato. L’apartheid istituzionale e legislativo ha fine l’11 febbraio del 1990 con la sua scarcerazione e la prima scena di ‘Invictus’ racconta simbolicamente quella giornata che segnerà la nuova era del Sudafrica.

Il film di Eastwood è epico ma non convenzionalmente, la sua volontà è di portare alla ribalta un evento storico non tralasciando le anomalie e le difficoltà socio-politiche esistenti in quella situazione.

Infatti, tornando alla prima scena, il giorno della liberazione di Mandela, si assiste al commento di un allenatore di rugby che dice ai suoi ragazzi di non dimenticare quel momento perché ora il nostro paese finirà in mano ai cani” e le immagini successive riportano gli scontri da guerriglia civile che avvengono in ogni città… fino a quando non è l’intervento di Mandela a riportare la calma.

I suoi discorsi, la capacità di dare speranza lo porteranno a diventare Presidente del Sudafrica nel 1994. Il racconto del film riprende esattamente dalla sua elezione, dal momento in cui la consapevolezza di governare un paese profondamente diviso gli fa decidere di incentrare la sua politica nella ricerca di qualcosa che serva a riunificare anche simbolicamente tutta la popolazione.

In quegli stessi anni uno degli sport più diffusi, il rugby, attraversa una profonda crisi dovuta al fatto che gli scarsi risultati si affiancano all’essere sempre stato considerato appannaggio dei bianchi, simbolo dell’apartheid tanto da portare i sudafricani di colore a tifare puntualmente contro la propria nazionale. La nuova situazione sociale aumenta la voglia di far scomparire ciò che in passato aveva rappresentato solo una parte del paese.

Invictus
Morgan Freeman nei panni di Nelson Mandela

Grande appassionato di sport e di rugby, Mandela decide di puntare sul tifo per gli Springboks, la nazionale in crisi, per unire i sudafricani approfittando dei Mondiali che la nazione ospiterà nel ’95.

Dopo aver conosciuto Francois Pienaar, il capitano della squadra del Sudafrica, ed avergli fatto capire l’importanza che il loro operato potrà avere per il futuro del Paese, Mandela comincia la sua politica di riavvicinamento della popolazione di colore al rugby attraverso gesti simbolici come l’indossare la divisa verde-oro, il presenziare ad ogni partita dimostrando il proprio supporto, consigliando alla nazionale di andare ad allenarsi nei quartieri più poveri di Johannesburg coinvolgendo i ragazzi anche grazie all’unica stella nera della nazionale, Chester Williams.

invictus reale e cinema
Mandela e François Pienaar: l’immagine storica e quella del film

Lo sport per riappacificare e riunire una nazione: il capolavoro politico di Mandela

Invictus’ è la narrazione di un trionfo sportivo, gli Springboks vinceranno il Mondiale battendo in finale gli All-Blacks neozelandesi, ma soprattutto di un trionfo politico, dell’avverarsi di quel sogno che Mandela aveva a cuore quando ancora si trovava dietro le sbarre del carcere di Robben Island prima e di Victor Verster poi.

Clint Eastwood ha messo in scena un’opera di grande impatto emotivo e significativa perché racconta una storia realmente accaduta e anche piuttosto vicina nel tempo, nonostante la società contemporanea risulti sofferente di perenne amnesia riguardo determinati argomenti.

Clint Eastwood, Morgan Freeman e Matt Damon

La narrazione si divide in due blocchi che sostengono la pellicola dapprima con la forza delle parole, dei ragionamenti e delle idee principalmente di Mandela e poi con la bellezza delle immagini del rugby all’interno del rettangolo di gioco a sottolineare il simbolismo di quella fatica fisica che porterà ad ottenere il massimo risultato che le frasi precedenti avevano evocato.

Tratto dal libro di John Carlin ‘Ama il tuo nemico’, il film prende il titolo, Invictus’, da una poesia dello scrittore britannico William Henley che Mandela leggeva in carcere e che regalerà al capitano della nazionale sudafricana per gli emblematici versi che la compongono.

Bravi entrambi i protagonisti: Morgan Freeman commuove e sorprende nei panni del presidente sudafricano anche per la metamorfosi fisica con la meticolosa ricerca di movimenti ed espressioni caratteristici di Mandela, per non parlare dell’eccezionale lavoro fatto per avvicinarsi alla cadenza della parlata del suo personaggio, apprezzabile ovviamente solo in lingua originale.

invictus insieme mandela morgan freeman
Morgan Freeman e Nelson Mandela

Notevole la prova di Matt Damon nel ruolo di François Pienaar, sia per le modifiche alla struttura corporea utili a renderlo un giocatore di rugby, sia perché riesce a trasmettere le varie fasi emozionali che attraversa il suo personaggio nell’arco della pellicola.

Non manca la retorica nell’opera di Eastwood, regia impeccabile la sua, e forse in alcuni casi l’esaltazione è volontariamente enfatica anche a ribadire l’importanza dei cambiamenti avvenuti in Sudafrica negli ultimi vent’anni.

Va sottolineata, però, la scelta di non sorvolare sul lato malinconico del Mandela privato, su quel dolore incolmabile per la mancanza dei suoi affetti familiari sacrificati in nome dell’obiettivo principale della sua vita, liberare il Sudafrica dall’apartheid.

invictus mandela
Nelson “Madiba” Mandela

Il 6 dicembre 2013 Madiba muore all’età di 95 anni: una delle figure più influenti e significative dell’era moderna, esempio universale di lotta per la libertà e i diritti civili, appartiene definitivamente alla Storia, quella che per sempre dovrà essere d’insegnamento per l’intera umanità e le generazioni future.

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Autore Paco De Renzis

Nato tra le braccia di Partenope e cresciuto alle falde del Vesuvio, inguaribile cinefilo dalla tenera età… per "colpa" delle visioni premature de 'Il Padrino' e della 'Trilogia del Dollaro' di Sergio Leone. Indole e animo partenopeo lo rendono fiero conterraneo di Totò e Troisi come di Francesco Rosi e Paolo Sorrentino. L’unico film che ancora detiene il record per averlo fatto addormentare al cinema è 'Il Signore degli Anelli', ma Tolkien comparendogli in sogno lo ha già perdonato dicendogli che per sua fortuna lui è morto molto tempo prima di vederlo. Da quando scrive della Settima Arte ha come missione la diffusione dei film del passato e "spingere" la gente ad andare al Cinema stimolandone la curiosità attraverso i suoi articoli… ma visto i dati sconfortanti degli incassi negli ultimi anni pare il suo impegno stia avendo esattamente l’effetto contrario. Incurante della povertà dei botteghini, vagamente preoccupato per le sue tasche vuote, imperterrito continua la missione da giornalista pubblicista.