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Giorno della memoria, meeting al Mandela Forum

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Castellani Carlo lapide


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I campioni di calcio deportati

Riceviamo e pubblichiamo da Agenzia Toscana Notizie.

Venerdì, il 26 gennaio, la Regione Toscana rivivrà il Giorno della Memoria con quasi ottomila ragazzi al Mandela Forum di Firenze. Accade dal 2006. Ma tante sono le iniziative in programma in tutta la Toscana: alcune ci sono già state ed altre seguiranno, fino a marzo. Con un filo rosso, quest’anno, che lega le deportazioni alle leggi antisemite del 1938 fino alle leggi razziali coloniali italiane del 1937.

Tanti paesi hanno le loro storie, personali, di deportazione e di discriminazione. Alcune sono note da tempo, in altri casi sono riemerse dall’oblio solo dopo tantissimi anni.
C’è chi, grande e bambino, ha patito l’esclusione delle leggi razziali e chi è stato deportato. E tra chi è finito nei campi c’erano gli ebrei ma anche gli antifascisti, chi aveva scelto dopo l’8 settembre di non arruolarsi nella Repubblica di Salò o semplicemente chi è stato rastrellato per strada, in modo casuale.

Tra i deportati non sono mancati campioni del pallone. Ad Auschwitz e a Birkenau si giocava anche a pallone. Si racconta che un gol o una parata valevano un pezzo di pane o una patata. I nazisti si divertivano a vedere giocare campioni ridotti a scheletri, scommettevano, punivano, premiavano. E se Auschwitz è la memoria che tutti dovrebbero guardare in faccia una volta nella vita, da cui si torna diversi, assieme ai ragazzi delle scuole – oltre seimila la Regione ne ha portati dal 2001  lo dovrebbero visitare anche gli ultras degli stadi, in viaggio di istruzione e civiltà, a lezione tutti di umanità.

L’allenatore ‘scudettato’
Ad Auschwitz è morto Arpad Weisz, nome forse ai più sconosciuto ma che è stato l’allenatore che ha conquistato con l’Inter lo scudetto nel 1929-30, il primo della Serie A come la conosciamo oggi, e poi altri tre titoli nazionali con il grande Bologna, oltre al Trofeo delle Esposizioni, ovvero la Champions League dell’epoca.

La sua storia, che non è toscana, è raccontata nel libro ‘Dallo scudetto ad Auschwitz’ di Matteo Marani, che sarà presentato il 26 gennaio alle 17:30 alla sezione ANPI di San Gimignano. Quando nel 1938 arrivarono le leggi antisemite, Arpad fu costretto a dimettersi. Pochi mesi dopo si rifugiò in Francia, poi in Olanda e da lì fu deportato nel lager da dove non fece ritorno.

Il bomber della Memoria
In Toscana abbiamo Carlo Castellani, un altro ex calciatore deportato, ucciso al posto del padre. Originario di Montelupo, Carlo era il bomber dell’Empoli che con 61 reti segnate in 145 presenze, un record assoluto in quei tempi, come il primato di cinque gol in una sola partita, ancora imbattuto. Con i biancoblu toscani giocò per nove stagioni, dal 1926 al 1930, dal 1934 al ‘35 e poi ancora dal 1938 al 1939. Nel mezzo aveva conosciuto la Seria A col Livorno e indossato la maglia del Viareggio.

Nel 1944 era già un ex calciatore. Lavorava da falegname ed aveva una segheria. Accade tutto a marzo, nei giorni immediatamente successivi agli scioperi dell’8 marzo. Nella notte dell’odio, come la chiama lo storico locale Alfio Dini, i carabinieri, accompagnati da un delatore, bussano alla casa della famiglia per arrestare il padre Davide, di simpatie socialiste. Anche se non era tra gli scioperanti, era proprio lui che i carabinieri volevano. Ma era malato e Carlo si offre di andare a sentire lui cosa volesse il maresciallo. Per i carabinieri va bene, l’importante era il numero degli arrestati da consegnare alla SS.

Dalla caserma Carlo non tornerà però più, deportato a Gusen, sottocampo di Mauthausen, messo lì a scavare gallerie e costruire armi e dove morirà l’11 agosto 1944, poco meno di un mese dopo l’arrivo. Il suo numero era il 57.026. Aveva 35 anni e due bambini piccoli. Al campo di Gusen c’è una targa che lo ricorda, voluta dalla sua ex squadra. A lui sono intitolati gli stadi di Empoli e di Montelupo Fiorentino.