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Il caso degli ex lavoratori Gepin Contact

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Gepin Contact


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Un problema occupazionale che si trascina da troppo

Riceviamo e pubblichiamo.

Il caso degli ex lavoratori Gepin Contact, che, per 14 anni, hanno lavorato al servizio della customer care di Poste Italiane, è emblematico.

È il chiaro esempio di come il nostro Paese sia gestito da un governo incapace di risolvere un problema occupazionale, generato, tra l’altro, dalla principale azienda a partecipazione statale, che fa proclami, accordi e promesse, per poi disattendere tutto, quando sarebbe bastato e basterebbe, semplicemente, fare applicare le leggi dello Stato, oltre quelle del buon senso.

Ricostruiamo, velocemente, la storia. Dal 2002, tra la Gepin Contact e Poste Italiane si instaura un rapporto di natura industriale, con la creazione anche di una terza società, denominata Uptime, le cui quote azionarie vengono così suddivise: circa 70 % di proprietà Gepin Contact, il restante 30% in mano al gruppo di Poste Italiane.

Le attività di customer care, comprese quelle della SDA, corriere espresso di proprietà di Poste Italiane, vengono affidate o direttamente alla Gepin Contact o alla Uptime, che a sua volta, a cascata, le trasferisce anche e soprattutto ai colleghi di Gepin Contact.
Sintomatico il fatto che i dirigenti Uptime fossero gli stessi di Gepin Contact e che i lavoratori di entrambe le aziende lavorassero l’uno accanto all’altro.

Per oltre 14 anni, quindi, quasi 500 lavoratori di Gepin Contact- Uptime si trovano a lavorare, di fatto, al servizio di Poste Italiane.
Una prassi, a dire il vero, anomala, poiché elude i principi di trasparenza delle gare d’appalto, che trasforma, nei fatti, i lavoratori Gepin-Uptime in una sorte di dipendenti di Poste Italiane, senza però i ‘fastidi’ burocratici e amministrativi per il committente e, soprattutto, con la possibilità, un giorno, di potersi sbarazzare, facilmente, secondo loro, di questa forza lavoro, qualora diventasse ‘ troppo costosa ‘ o cambiassero gli scenari politici aziendali.

Ipotesi che, a distanza di 14 anni , si concretizza. Poste Italiane, probabilmente anche in seguito alla nomina del nuovo CDA, si “stanca” di questi lavoratori. Dopotutto, in quattordici anni, avevano maturato anzianità di servizio e diritti previsti dal CNLL delle TLC.

Siamo nell’era dello Job’s Act e l’occasione, per lucrare sulla forza lavoro, è ghiotta.
Indice delle gare al massimo ribasso che, di fatto, tagliano fuori, volutamente, la Gepin Contact, il cui ex proprietario, tra l’altro, viene indagato per reati fiscali e amministrativi dalla magistratura. La Gepin, di conseguenza, licenzia i circa 100 dipendenti di Uptime e i circa 350 di Gepin Contact, 220 della filiale di Casavatore – Napoli, con tanto di chiusura della sede e 132 a Roma.

Dopo varie peripezie, gli ex Uptime riescono ad ottenere garanzie occupazionali da parte di Poste Italiane.
Per gli ex lavoratori Gepin Contact è l’inizio di un incubo. Un calvario che va avanti da 2 anni. Fatto di cassa-integrazioni, gran parte della quale, non riconosciuta! , promesse non mantenute, illusioni e disillusioni, scioperi, cortei, manifestazioni, sit-in, video internet ed interviste su radio e tv , incontri e nottate passate al MISE, Ministero per lo Sviluppo Economico.

La protesta degli ex Gepin Contact è veemente, in alcuni casi addirittura coreografica, come la celebrazione, per le strade di Napoli, del funerale di Poste Italiane e del diritto al lavoro, quanto corretta e civile.

Chiedono, come minimo, l’applicazione della clausola sociale, che dovrebbe garantire, non solo la continuità occupazionale, ma anche reddituale. Chiedono, soprattutto, lo stesso trattamento riservato agli ex Uptime, individuando in Poste Italiane e nel Governo gli unici responsabili delle loro sofferenze.

Tra fine luglio e gli inizi di agosto c.a., il licenziamento collettivo. Il governo, nella persona del vice Ministro del Mise, Teresa Bellanova, garantisce, in data 12 Maggio, la continuità occupazionale, territoriale e reddituale, dei circa 350 ex dipendenti. Ma non attraverso il riassorbimento in Poste Italiane, come avvenuto per gli ex Uptime, ma attraverso l’applicazione della clausola sociale, legge che garantisce, per l’appunto, continuità occupazionale, territoriale e reddituale, in caso di cambio di appalto.
Si creano già le prime spaccature. Perché un trattamento diverso per gli ex Gepin, rispetto agli ex Uptime?

Il 5 Settembre viene firmato un accordo. Gli ex Gepin passeranno nelle nuove aziende appaltatrici, ma con un enorme handicap. Dovranno perdere circa il 30% del salario percepito in precedenza e la salvaguardia dell’art 18, quest’ultimo garantito solo a voce, senza essere esplicitato nell’accordo.

La trattativa crea ulteriori malcontenti. Non solo non viene rispettato il criterio sacrosanto di equitas, rispetto agli ex colleghi Uptime, ma viene a mancare anche un’altra prerogativa: la salvaguardia delle condizioni reddituali.
Del resto, si tratta di una gara al massimo ribasso…

Ma la storia non finisce qui. Nel frattempo, un’altra azienda, inizialmente vincitrice della gara e, successivamente, esclusa, poiché il prezzo proposto era fin troppo irrisorio, persino per una gara al massimo ribasso, fa ricorso al TAR.
Manda in causa Poste Italiane che, sorprendentemente, o forse no?, rinuncia, praticamente, alla difesa e il TAR è costretta a rinviare il tutto nel lontano 27 Gennaio 2017.

Morale della favola, pardon, dell’intreccio? Gli ex Gepin nuovamente nel limbo del menefreghismo di Poste e di un governo che non riesce neanche a fare applicare le leggi dello Stato.

Gli ex Gepin continueranno la loro lotta. Alzeranno il tiro della protesta, utilizzando tutti gli strumenti, anche legali, a loro disposizione.

Ricordano a Poste Italiane e al governo, che risolvere questa vertenza non ha solo carattere di natura etico-morale, ma anche legale. Essere equiparati agli ex Uptime è un diritto sostanziale che va riconosciuto e applicato al più presto.

 

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