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Vittorio De Scalzi: intervista esclusiva

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Vittorio De Scalzi


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Al Teatro di San Carlo di Napoli per celebrare i 50 anni di carriera

Lunedì 15 maggio 2017, ore 20:30, presso il Teatro di San Carlo di Napoli, si terrà un evento unico ed imperdibile, il concerto-spettacolo per celebrare i 50 anni di carriera del grande cantautore, musicista e polistrumentista genovese di fama internazionale Vittorio De Scalzi.

L’eccezionalità dell’evento è resa ancora più suggestiva dalla presenza di numerosi ed illustri ospiti del variegato panorama musicale che si esibiranno con De Scalzi per ripercorrerne l’immenso repertorio caratterizzato da quell’eclettismo musicale e quella trasversalità che lo rendono, senza alcun dubbio, uno dei pochi Artisti capaci di catturare i pubblici più diversi, regalando sempre esibizioni toccanti, esplosive e coinvolgenti.

A duettare con Vittorio De Scalzi saranno appunto Gino Paoli, Patty Pravo, Katia Ricciarelli, Drupi, Peppe Barra, Sal Da Vinci, Neri per Caso, Aldo Tagliapietra, Lino Vairetti, Clive Bunker (Jethro Tull), Armando Corsi, Renanera, Zibba, The Beatbox, Patrizia Del Vasco.

Ad accompagnare gli Artisti l’Orchestra sinfonica e Coro del Conservatorio “A. Casella” de L’Aquila e l’Orchestra Sinfonica di Salerno “Claudio Abbado” dirette dal Maestro Leonardo Quadrini. La Direzione artistica è di Dario Salvatori.

Autore del programma è Gino Aveta. La regia Rai è di Barbara Napolitano.
A presentare la serata, ripresa appunto dalla Rai, il conduttore Fabrizio Frizzi.

Ci siamo rivolti proprio al protagonista indiscusso della serata, Vittorio De Scalzi, persona affabile e squisita, per parlare della splendida ricorrenza che sta mettendo in fibrillazione il mondo della musica.

Perché la celebrazione dei 50 anni della carriera di un cantautore della vecchia scuola genovese dall’animo rock – progressive avviene proprio nel tempio della musica lirica, il San Carlo, e perché, quindi, a Napoli? Come nasce l’idea di questo grande concerto, anzi di questo ‘Concerto Grosso’?

In realtà questa scelta è frutto di una serie di combinazioni positive.
A Napoli, città in cui mi trovo benissimo, ho una serie di amici artisti e musicisti.

In passato, insieme a Lucio Dalla con I New Trolls ho scritto una canzone intitolata ‘Domenica di Napoli’.

Ricordo che addirittura Lucio dichiarò che avrebbe voluto nascere proprio nella città partenopea.

Napoli, poi, è chiaramente la città in cui è nata LA canzone, dalla musica classica in poi, e ha una tradizione musicale che è ancora oggi punto di riferimento nel mondo.

Il bellissimo Teatro di San Carlo credo sia il migliore in assoluto in Italia e forse anche all’estero e quando mi è stato proposto di tenere questo concerto-spettacolo in questa prestigiosa struttura non avrei mai potuto rifiutarne l’ospitalità. Da quel momento in poi le altre sale non sono più esistite.

Il dualismo della sua musica, ribelle e contestatrice, ma anche intimista e poetica sembra suggerire un percorso interiore perennemente in attesa di una rivelazione.
E ‘Attesa’ è proprio il brano che interpreterà per la prima volta dal vivo in occasione del concerto-spettacolo, una mancanza che si prova a colmare per dare finalmente colore alla propria esistenza. Qual è la ‘sua’ attesa?

La mia attesa è perenne. Sono continuamente in uno stato di attesa positivo, non triste, perché mi aspetto sempre il meglio da tutto, dalla musica e dalla gente.

Nel caso specifico della canzone è un po’ uno svelare qualcosa che mi ha toccato da vicino e che ho cercato di esprimere in musica per rivivere la mia ansia di quest’attesa con chi ascolterà la mia nuova canzone e, forse, per condividere, in musica, un sentimento, un’emozione.

Dalla prima formazione con la band da lei fondata che esordì col nome di Trolls nel ’66, per divenire poi New Trolls l’anno dopo, con una nuova formazione, ad oggi; da Genova, dove tutto nacque, al San Carlo di Napoli, se lei dovesse descrivere il suo lungo viaggio musicale alla vigilia dell’omaggio per i suoi 50 anni di carriera, che parole userebbe?

In realtà questo di Napoli non lo ritengo un punto di arrivo, ma di passaggio.

Sarebbe riduttivo trovare uno slogan per descrivere un qualcosa che, per me, ha un valore lungo 50 anni e, quindi, forse ci vorrebbe uno slogan lungo 50 anni. Ha tempo?

Il successo arrivò quasi subito, infatti già fin dal ’67 i New Trolls furono scelti per aprire le date italiane dei Rolling Stones. In questo contesto il ruolo di suo padre fu determinante.

Mio padre è stato una persona molto importante, innanzitutto per me ma, anche per l’esistenza stessa dei New Trolls. È stato un po’ il nostro Mecenate: ci comprava le prime amplificazioni, ci trovava i primi lavori, usando il suo ristorante, dove ci esibivamo, per ‘corrompere’ i discografici con i suoi manicaretti, convincendoli affinché ci facessero firmare i contratti.

Meraviglioso esempio di amore paterno, ma anche di lungimiranza dato che è riuscito a cogliere prima di tutti il nostro talento e a credere in noi.

In fondo, il talento è quello che conta, ma l’imprinting è fondamentale.

Successo merito anche delle atmosfere Beat e psichedeliche che rendevano la vostra band all’avanguardia, attenta a recepire, con grande competenza, dalla cura della polifonia agli arrangiamenti elaborati e complessi, le tendenze musicali che arrivavano dall’Inghilterra e non solo. Pubblico e critica vi hanno annoverato tra i punti di riferimento più importanti del panorama italiano da quando, nel 1971, la vostra musica subì, appunto, la ‘svolta progressive’. In qualche modo il successo influenzò la vostra creatività? Ne fu motore o piuttosto ostacolo, vista la naturale anarchia del vostro estro artistico?

In realtà, il successo per noi fu entrambe le cose.
All’inizio il motore della nostra creatività, poi, un ostacolo, perché ogni volta che dovevamo fare un disco nuovo, invece di sfruttare l’abbrivio ed il successo precedente cambiavamo completamente tema e questo era un po’ come azzerare tutto e ricominciare da capo.

Però, questo significa anche curiosità nella continua ricerca di stimoli nuovi.

Molti artisti, giustamente, seguono la scia del successo precedente, facendo un disco simile, noi, invece, siamo passati dal Beat al Prog in un colpo solo.

L’incontro con il Maestro Luis Bacalov, che ha curato gli arrangiamenti di due album, ci ha indubbiamente segnati.

La nascita del ‘Concerto Grosso per i New Trolls’, splendido connubio tra musica classica e musica rock, che oggi può sembrare un po’ più normale, nel 1971 era un’idea veramente innovativa.
Il disco, un bel vinile grosso, vendette, allora, un milione di copie.

Un’opera appunto composita e totalizzante con arrangiamenti in stile progressive ma con infinite influenze, enorme successo nonostante il lavoro fosse tutt’altro che commerciale. Come spiega un tale apprezzamento trasversale da parte di pubblico e critica?

Mi rendo conto della portata di quel successo, a distanza di ormai 46 anni, riflettendo che proprio quella formula particolare mi porta tuttora a girare il mondo.

Tengo concerti con orchestre immense in Messico, Giappone, Corea e presto andrò nelle Filippine.
Vado non tanto per canzoni come ‘Quella carezza della sera’, ma, appunto, per il rock-progressive del ‘Concerto Grosso’.

Dall’incontro con De André e il poeta Riccardo Mannerini nacque il vostro primo album, nel 1968, ‘Senza Orario Senza Bandiera’. Segno di quanta stima i New Trolls godessero anche presso l’eccellenza degli ambienti musicali che confinavano anche con la letteratura, per andarvi poi a sfociare. Cosa ricorda di quella fase e della genesi di quell’album?

Vivere nella stessa terra, la Liguria, indubbiamente mi ha aiutato.
Al mare incontrai il buon Fabrizio e lo ‘perseguitavo’ con una chitarra a pile classica con un altoparlante incorporato. Pochi anni dopo era lo stesso De André a scrivere i testi delle mie canzoni.
Avevamo lo stesso produttore, Gian Piero Reverberi, che, come comun denominatore, mise insieme i versi del poeta Riccardo Mannerini, inizialmente solo amico di De André, poi anche mio; poesie che hanno composto il primo Concept Album della musica italiana.

Fino ad allora, infatti, gli album si facevano raccogliendo i 45 giri, cioè i successi, e, a volte, le canzoni non avevano nessun nesso tra di loro. Un unico tema che raccogliesse tutte le canzoni era, appunto, un’assoluta novità.

In questo caso era il tema del viaggio in cui incontravamo dei personaggi che via via diventavano protagonisti di ogni canzone, come, ad esempio, ‘Irish, quello che non ha la bicicletta’.

In questi cinquant’anni di carriera in che modo si sono evoluti la sua musicalità e il contenuto del messaggio che vuole lanciare?

Avere un messaggio da lanciare? Magari! Ne ho tanti. Il messaggio è fare della buona musica, cercare di scrivere delle parole che fanno parte dei tuoi sentimenti, guardarsi molto in giro, essere critici, ma non esagerare.

Quando si parla di messaggi sono sempre imbarazzato perché bisogna prendere delle posizioni e io, invece, continuo a spaziare tra musica prog e musica cantautorale, a seconda dell’umore del momento.

La sua musica è sempre stata caratterizzata dalla ricerca di nuove strade, della verità, del tentativo di andare oltre, di non accontentarsi. Cosa spinge questa sua continua ricerca della verità che stimola a pensare con la propria testa e a cercare, in modo consapevole, la conoscenza?

Credo sia una cosa innata. Ci sono persone che nascono perfettamente intonate, si dice che abbiano ‘l’orecchio assoluto’, un dono, che come tutti, naturalmente, va coltivato ogni giorno. Più lo si coltiva, più la curiosità cresce e più la melodia aiuta a mettere in musica delle idee, dei tempi, delle parole.

Tra l’altro, la musica, nella forma canzone, in questo senso è ancora più ‘crudele’ perché lo spazio da poter utilizzare è minimo e occorre concentrare in pochissimi minuti, tre o quattro, quei mille concetti che si vorrebbero esprimere.

La canzone appare, così, come una sorta di ‘prigione’, ma ha anche l’enorme vantaggio di portare alla sintesi, il che implica la scelta delle parole migliori, della sfumatura più corretta per la resa ottimale.

Gli ospiti della serata al Teatro San Carlo saranno tantissimi e da brivido. Per citarne solo alcuni: Gino Paoli, Ricciarelli, Patty Pravo. E poi i partenopei Peppe Barra, Sal Da Vinci, Lino Vairetti degli Osanna, gruppo con il quale avete in comune il percorso progressive.
E poi Clive Bunker dei Jethro Tull, oltre a tutti gli altri. Questa grande partecipazione di celebrità dà il segno dell’importanza e dell’influenza che lei e la sua musica avete in Italia e anche oltre i confini nazionali.

Questo connubio artistico mi stimola tantissimo e so già che ci divertiremo molto.

Ci saranno, inoltre, i Neri per Caso, la parte prog della musica e moltissimi altri Professionisti che appartengono a generi diversi.

Sono convinto che sarà una grande serata, in cui ognuno di loro apporterà un contributo significativo.

Cosa ci regalerà in futuro? Quali i progetti nell’immediato?

Mi concentrerò sul nuovo album cantautorale, ‘L’attesa’, che uscirà in autunno, prodotto da Zibba, un grande Autore, in questo caso in veste di arrangiatore e produttore. Lo definisco ‘il mio ponte verso i giovani’.

Le canzoni, per me, cambiano poco nel tempo, ciò che varia è il ‘vestito’, gli arrangiamenti, il modo di suonare, le ritmiche, alcuni strumenti che in quel momento vanno più di moda, i sintonizzatori, ma questo è solo un contorno di quello che è il senso vero, cioè la canzone stessa.

Ho in progetto anche un libro che ripercorrerà questi cinquant’anni di storia, di probabile uscita in autunno. Ne riparleremo più avanti, quando sarà il momento giusto.

Per ora la mia attenzione è tutta sulla festa di lunedì prossimo.
Anzi, tra un po’ andrò proprio da Sal Da Vinci a provare una canzone che interpreteremo insieme.
Sono emozionatissimo per la serata al Teatro di San Carlo.

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Autore Lorenza Iuliano

Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.