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UIL Frosinone su disparità retributive e lavoro povero in Ciociaria

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Anita Tarquini, Segretaria generale della UIL di Frosinone


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Tarquini: ‘Donne penalizzate. Guadagnano quasi 8mila euro in meno degli uomini’

Riceviamo e pubblichiamo.

Per una donna lavorare in Ciociaria non è semplice. Non lo è ovunque, ma a Frosinone e dintorni lo è di più. Non è un caso che in questo territorio si registri la più alta disuguaglianza retributiva del Lazio.

La notizia è contenuta nel dossier ‘Disparità retributive e lavoro povero nelle province laziali’, elaborato dalla UIL del Lazio e dall’Istituto di ricerca EURES.

Dice Anita Tarquini, Segretaria generale della UIL di Frosinone:

Una lavoratrice del settore privato del nostro territorio nel 2021 ha percepito mediamente quasi ottomila euro in meno di un suo collega uomo, per la precisione 7.894 euro.

Dall’elaborazione della UIL e dell’EURES – che focalizza l’attenzione sul comparto privato, escluso quello agricolo, ottenendo dati non sovrapponibili a quelli delle dichiarazioni fiscali, perché queste contengono anche redditi diversi, come ad esempio quelli da fabbricati o da terreni – emerge il seguente quadro: nel 2021 la retribuzione media annuale di una lavoratrice della Ciociaria è stata pari a 13.584 euro, mentre quella dei lavoratori è stata di 21.478 euro.

Spiega Tarquini:

Un gap allarmante e inaccettabile perché è aumentato rispetto al 2011, quando era pari a 7.213 euro. È fin troppo evidente che di questo passo non basterà un secolo per colmarlo.

Analizzando il dato complessivo, gli oltre 105mila i lavoratori del settore privato – che rappresentano il 6,6 per cento di quelli della regione -nel 2021 hanno registrato una retribuzione media annua di 18.576 euro, seconda solo a quella osservata nella città metropolitana di Roma, i cui lavoratori nel 2021 hanno raggiunto una retribuzione media annua di 22.971 euro.

Disaggregando i dati per classe di età si nota come i compensi siano cresciuti all’aumentare dell’età anagrafica: un lavoratore under 25enne nel 2021 ha ottenuto in media poco più di 9mila euro l’anno, mentre nella fascia di età tra i 25 e i 34 anni la retribuzione è salita a 15.222 euro, per raggiungere i 19.064 euro tra i 35 – 44enni, i 21.304 euro tra i 45-54enni, i 22.071 tra i 55-64enni, per scendere poi a 15.324 euro tra gli occupati più maturi.

Il dossier, inoltre, dà rilevanza alla dinamica decennale. Assumendo questa prospettiva, emerge come la categoria più penalizzata sia stata quella dei giovani: un lavoratore under 25, che nel 2011 percepiva uno stipendio medio annuo di 9.260 euro, sconta a distanza di dieci anni una perdita di quasi duecento euro.

Ma non è tutto.

Dalla disaggregazione per qualifica professionale emerge come, nello stesso periodo, sia cresciuta notevolmente la forbice retributiva tra le posizioni apicali e gli altri profili professionali.

Tra il 2011 e il 2021 il valore medio annuo dei compensi degli operai e degli impiegati è cresciuto rispettivamente del 4,3 per cento e del 3,7 per cento, un incremento decisamente più esiguo di quello osservato tra i quadri, +12,4% e, soprattutto, tra i dirigenti, +45,8% per cento.

La tendenza alla terziarizzazione del sistema economico locale ha favorito l’impoverimento del lavoro. Ma per inquadrare con maggior chiarezza i fattori che hanno contribuito a determinare la complessiva dinamica di impoverimento dei lavoratori dipendenti, il dossier analizza l’inquadramento contrattuale degli occupati.

I dati mostrano come tra il 2011 e il 2021 l’incidenza dei lavoratori a tempo indeterminato sia passata dal 79,7% al 75,3% del totale, mentre i dipendenti a termine e i lavoratori stagionali – caratterizzati da livelli retributivi decisamente inferiori rispetto a quelli osservati tra i dipendenti a tempo indeterminato – sono aumentati, rispettivamente, di 3,7 e di 0,7 punti percentuali, arrivando a rappresentare circa un quarto del totale dei lavoratori, erano uno su 5 nel decennio precedente.

I lavoratori con contratti atipici hanno registrato nell’ultimo decennio flessioni retributive in termini reali particolarmente marcate: in particolare, quelli a termine hanno registrato un calo dell’11,2% e quelli stagionali una contrazione del 15,2%, laddove tra i dipendenti a tempo indeterminato si osserva una sostanziale stabilità, -0,1%.

Conclude la Segretaria Tarquini:

La crisi pandemica prima e l’aumento generale del livello dei prezzi dopo stanno adesso acuendo una tendenza già in atto da tempo.

Per contrastare l’erosione del potere di acquisto dei salari occorrono misure fiscali di supporto a famiglie e imprese e rafforzare la contrattazione collettiva.

Ma per cambiare direzione e offrire un futuro a donne e uomini va contrasta la precarizzazione del mercato del lavoro.

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