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‘Stoccolma’, rovescio dei ruoli e inibizioni nelle relazioni di potere

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'Stoccolma' - Antonio De Rosa e Michele Capone


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Spettacolo finalista del Premio Annoni 2021

‘Stoccolma’, scritto da Antonio Mocciola e diretto da Maria Verde, è il titolo dello spettacolo finalista del Premio Annoni 2021, dedicato ai testi che rappresentano tematiche vicine al mondo LGBT+.

Il debutto, in anteprima per la stampa, al Teatro Avamposto di Napoli domenica 10 ottobre.

È un’escalation drammatica, quella portata in scena da Antonio Mocciola in uno dei suoi ultimi lavori, Stoccolma, che prende piede nella mente di un ragazzo qualunque: studente, squattrinato e omosessuale.

Interpretato da Michele Capone, Gianluca – questo è il nome del ragazzo – ha 27 anni e un’esistenza apparentemente normale. Viene da una famiglia operaia e studia giurisprudenza, sogna di laurearsi e fare esperienza, magari all’estero, in nord Europa.

Ma c’è un ostacolo tra che si frappone tra lui e suoi obiettivi: un esame. Un unico – forse banale – esame universitario gli impedisce di completare la tesi, prendere la laurea, andare avanti con la sua vita e non pesare sulle spalle già stanche dei genitori.

Ma al Professore, Antonio De Rosa, questo non interessa. L’impassibile docente ha rimandato a casa più volte Gianluca, umiliandolo e sottolineando la sua scarsa preparazione. E lui era sempre ritornato alla cattedra, la sessione successiva, per riprovarci.

Ma non questa volta. All’ennesima bocciatura, ritenuta dal ragazzo pretenziosa e illegittima, Gianluca catapulta lo spettatore in un ambiente cupo, chiuso e apparentemente sperduto.

Dalla rassicurante ambientazione delle prime battute – un’aula universitaria come tante – una frase fa presagire che sì, il titolo dello spettacolo è proprio un riferimento alla sindrome omonima, che si dice colpisca le vittime di un rapimento.

E proprio questo accade, quanto il giovane, dopo uno scatto d’ira, informa il professore di sapere dove questo vive. Una velata minaccia che si traduce in azione: vediamo il Professore in ginocchio, legato e sporco, completamente nudo alla mercè di Gianluca, che ora pretende di essere chiamato signor Landi, in segno di rispetto.

Si è materializzato – certo in misura drammatica – il sogno proibito di molti studenti. Invertire quei ruoli di potere e subordinazione che sono intrinsechi delle organizzazioni scolastiche e universitarie. Contesti nei quali il rapporto paritario non è previsto né auspicato, poiché l’obiettivo è riprodurne le funzioni.

Gianluca accusa il vecchio di avere avuto solo più opportunità rispetto ad altri. È il richiamo a quel capitale sociale tanto caro a Pierre Bourdieu, quell’insieme di mezzi materiali e relazionali che agevolano oppure ostacolano la carriera scolastica prima e lavorativa poi.

Richiamo che si fa più esplicito quando lo studente fa riferimento al figlio del professore, personaggio che non compare ma è punto di svolta nella trama e forse offre una luce di razionalità all’escalation psicologica del giovane protagonista.

Marcello è infatti il suo amante, frocio e pure passivo, e quale modo migliore per torturare qualcuno se non svelandogli i segreti e le perversioni nascoste dei propri cari, magari inventandone pure un paio di sana pianta?

E qui i ruoli mutano ancora: ora non c’è un professore, ma un padre; non c’è uno studente, ma un figlio di qualcuno. Proprio le dicotomie più classiche padre – figlio, insegnante – studente, autorità – subordinazione si scambiano di posto per tutto l’’arco della narrazione.

È la storia di un genitore che non vuole conoscere davvero suo figlio. È stato per lui insegnante e autorità, ma – banalmente – non un padre. Ma è anche quella di uno studente che cerca di essere figlio di qualcuno e non trova altro modo per sfogarsi se non ribaltando i rapporti di subordinazione che vede alla radice dei propri fallimenti.

Questa rappresentazione, drammaticamente affascinante, segna l’intreccio delle esistenze dei protagonisti. Solo apparentemente distanti per ceto, habitus culturale e abitudini, si scopriranno inaspettatamente legati e attratti dalle rispettive fragilità.

L’emergere – facilmente prevedibile – dei paradossali sintomi della sindrome omonima, regala al finale di Stoccolma una definitiva nota erotica, che si palesa anche nelle dichiarazioni dell’autore, che voleva rendere esplicito “il rovescio delle inibizioni”. Al punto tale che il sequestrato finisce per cedere al sequestratore, ma le conseguenze non sono sempre facilmente prevedibili.

Il testo è a cura del maestro Antonio Mocciola, con Maria Verde alla regia assistita da Katia Girasole. Il Professore e lo studente sono interpreti rispettivamente da Antonio De Rosa e Michele Capone, quest’ultimo al suo debutto assoluto.

Le incalzanti e suggestive musiche originali sono a cura di Antonio Gillo e l’allestimento della messinscena ha visto la collaborazione di Bruno Garofalo.

Antonio De Rosa e Michele Capone

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Autore Davide Benedetto

Davide Benedetto, laureato in sociologia, nasce a Potenza nel 97. Appassonato di storia e politica, si distingue anche come modello e performer per progetti a tematica sociale. Tra i suoi interessi, tematiche meridionalistiche e diritti civili, con particolare riguardo per le condizioni carcerarie.