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La prostituzione in epoca romana

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La prostituzione in epoca romana


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Istituzione legale – Settore di mercato lucroso

Riceviamo e pubblichiamo.

La prostituzione era un’istituzione sociale legale, tesa a soddisfare le molteplici tendenze della sfera sessuale dei Romani con assoluta e totale tolleranza.
Diversi studiosi attribuiscono proprio ai Romani l’ideazione di concepirla per primi come “settore di mercato”, parte significativa nell’economia dell’Impero.

Le prostitute, per la maggior parte schiave straniere, venivano regolarmente iscritte con il proprio nome, nel registro degli edili, i rappresentanti del Popolo. L’iscrizione in questo registro consentiva a ogni iscritta di eludere l’incriminazione per il reato d’adulterio “adulterii crimen”. Per questo motivo, durante il primo Impero, il fior fiore delle matrone patrizie provvide ad iscriversi volontariamente in gran numero.

Per contenere gli eccessi, gli Imperatori Tiberio e Caligola ricorsero a provvedimenti indiretti tra cui l’imposizione di una tassa a favore dello Stato “vectigal ex capturis”.

Venivano chiamate “Lupe”, termine derivante da riti sacerdotali. Le Lupe erano le figlie della Dea Lupa, la grande madre della Natura, presso i cui templi si esercitava la ierodulia o prostituzione sacra. Di alcune di esse, grazie ai graffiti di Pompei, si conoscono il nome e la provenienza: Smiryna, asiatica, Ismurna, ebrea, Aegle, greca.

Si è rilevato che erano donne in grado di esercitare notevole influenza, tanto è che promuovevano pubblicità con la quale raccomandavano al voto alcuni candidati alle principali cariche municipali, come testimonia l’iscrizione elettorale nella caupona di Asellina in via dell’Abbondanza a Pompei ove caldeggiavano l’elezione di Lollio Fusco.

I luoghi del piacere – Lupanari
I luoghi designati al piacere sessuale mercenario furono i Lupanari, da Lupa, vere e proprie case d’appuntamento che erano posti sotto la tutela e il controllo dello Stato. Esistevano Lupanari per gli omosessuali frequentati anche da schiavi e gladiatori.

Le monete per pagare le prostitute – Spintrie
Augusto aveva proibito di introdurre all’interno dei Lupanari monete con l’effige imperiale, per cui furono battute apposite monete col nome di Spintria.

Svetonio ricorda, in ‘Vita di Tiberio LVIII’, che nelle latrine e nei bordelli l’Imperatore proibì l’uso di monete e di anelli recanti immagini imperiali.
La Spintria era in bronzo, di circa 20 – 23 mm, caratterizzata da raffigurazioni erotiche sul lato diritto, accompagnate sul lato rovescio da un numerale romano. Una specie di contromarca che raffigurava la prestazione richiesta e il relativo valore economico espresso in assi. Molto rare, oggi di grande interesse per i collezionisti.

Per approfondire:
Hortus pompeianus – Arte – Costumi – Gastronomia – Botanica nella Pompei Antica. Saggio di Giuseppe Bulleri, edito dalla Domus Romana di Lucca.

Spintrie

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