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‘Lavali col fuoco’ al Maschio Angioino

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Lello Giulivo, Simona Esposito, Maurizio Murano e Mario Brancaccio


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In scena dal 12 al 13 settembre a Napoli

Riceviamo e pubblichiamo.

Il 12 e 13 settembre, ore 21:00, presso il cortile del Maschio Angioino di Napoli Magica Sas in collaborazione con MDA Produzioni Teatri di PietraGruppodel’79  presenta ‘Lavali col fuoco – Cantata semiseria’, drammaturgia Aurelio Gatti e Mario Brancaccio, con Mario Brancaccio, Simona Esposito, Lello Giulivo, Maurizio Murano, Anna Spagnuolo, Patrizia Spinosi.
Musica dal vivo Michele Bonè, costumi Maria Pennacchio, assistente Roberta Esposito,
regia Aurelio Gatti.

Ritorna per due serate, al cortile del Maschio Angioino, lo spettacolo che l’occhio visionario di Aurelio Gatti ha creato sulla grande tradizione della musica e del teatro napoletano, nell’interpretazione di un gruppo di straordinari artisti.

Poco più su delle pendici, per un incontro tra simili, è entrato il pensiero di Spartacus e della sua rivolta. In un ristoro sul Vesuvio, l’idea di uomo che con i suoi ideali e con la sua sete di giustizia sfidò il potere di Roma, ci illuminò… per poco.
Il tempo che la signora nel servirci esordisse con “Facite teatro! Ma vuie site attori!…”
Tra lei contenta d’averci individuato, piatti e un effluvio di parole di ospitalità, il pensiero di Spartaco si ridusse di luminosità ed empatia.

Quel “facite teatro!” era una stima benevola, ma anche un ambito, un perimetro e una misura dei presenti.. Senza volerlo la signora aveva “mitigato” i nostri pensieri più accesi di rivolta e ribellione riportandoli alla condizione – o consapevolezza? – dell’attore…

Al caffè, con “in questo momento, ci volesse un bello Spartaco…” e un po’ di amarezza, si è conclusa la visione, già perché in teatro si procede per visioni.

Tra rimandi e un infinito futuro di progetti da venire,quell’idea di ribellione e rivolta non si è sopita ed è stata sufficiente la rilettura dell’intervista di quarant’anni fa di Ghirelli a Pasolini per dare sostanza ad una visione. Si parlava di Napoli come una tribù, di trasformazioni e di resistenza alle trasformazioni. Questa tribù ha deciso – in quanto tale, senza rispondere delle proprie possibili mutazioni coatte – di estinguersi, rifiutando il nuovo potere, ossia quella che chiamiamo la storia o altrimenti la modernità: è un rifiuto, sorto dal cuore della collettività; una negazione fatale contro cui non c’è niente da fare. Essa dà una profonda malinconia, come tutte le tragedie che si compiono lentamente; ma anche una profonda consolazione, perché questo rifiuto, questa negazione alla storia, è giusto, è sacrosanto.

Dell’epoca di mutazioni, artificiose e coatte, di società liquide o liquefatte, il teatro -vittima o colluso -, ne fa parte e l’idea di rifiuto ad un cambiamento, elaborato altrove e distante tanto dal presente che dal passato, ha dato forma e senso a molte nostre “inquietitudini”, teatrali e non. Dalla percezione dell’ingiustizia, dall’estraneità dei processi avviati – ignari o prepotenti verso ogni identità, dal divario tra ciò che è e ciò che potrebbe e anzi dovrebbe essere, nasce la rivolta.
Ora più che mai necessaria per scrollarsi da dosso quell’obsoleto malessere da comparsa di vite e storie altrui.

Due le suggestioni che ci hanno accompagnato: quella di Camus “invece di uccidere e morire per produrre l’essere che non siamo, dobbiamo vivere e far vivere per creare quello che siamo” e come contraltare Holloway che sostiene che custodire “una dimora essenziale e non alienata nei nostri cuori” non sia una reazione sufficiente all’alienazione e che non si debba rinunciare a lottare qui e ora, insieme.

In entrambi i casi – senza dottrine, regole o ricette, senza ideologie e ortodossie, senza cedere alla rassegnazione e senza incorrere in facili ottimismi -, l’unica visione è quella di costruire comunità parziali, capaci di separarsi con audacia dal pensiero unico e ricreare spazi forse solo temporaneamente liberati, isole di resistenza, piccole antisocietà fraterne e ribelli.

Il passo per un’identificazione delle comunità col gruppo di attori… è stato naturale e immediato.
Da questo è nato ‘Lavali col fuoco’.
Aurelio Gatti

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