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Afghani, Ciuoffo: Riconoscere status rifugiati e inserirli in rete SAI

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Stefano Ciuoffo al Meeting Antirazzista


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L’Assessore è intervenuto al Meeting Antirazzista dell’Arci a Cecina (LI)

Riceviamo e pubblichiamo da Agenzia Toscana Notizie.

I cittadini afghani che sono arrivati nel nostro Paese attraverso il ponte aereo organizzato, giustamente, dal nostro Ministero della Difesa non hanno bisogno di seguire l’ordinario percorso per il riconoscimento dello status di perseguitato.

La scelta di inserirli nel sistema di accoglienza straordinaria, più noto come CAS, è un’anomalia che deve essere superata.

A ribadire la posizione della Regione Toscana sulla condizione giuridica e sulla modalità di accoglienza dei collaboratori afghani giunti nel nostro Paese è l’Assessore con delega all’immigrazione Stefano Ciuoffo, che nel corso di un dibattito tenutosi ieri, 3 settembre, al Meeting Antirazzista dell’Arci a Cecina (LI) è tornato a chiedere l’inserimento nella rete SAI, Sistema Accoglienza Integrazione, ex SPRAR.

Aggiunge l’Assessore che commenta anche la circolare del Ministero dell’Interno inviata ieri sera, tra gli altri, a Prefetti e ANCI:

Queste persone, che per venti anni hanno collaborato fianco a fianco con i nostri militari, sono salite sui nostri aerei sulla base di elenchi stilati su precisa indicazione dalle nostre autorità.

La circolare del Ministero mostra un leggero cambiamento di rotta ma ancora insufficiente, perché nelle conclusioni richiama la precedente circolare del 19 agosto, in cui venivano indicati i CAS come unica via per l’accoglienza di questi cittadini afghani.

Regione Toscana si era dichiarata disponibile ad anticipare le risorse qualora il governo avesse voluto potenziare ed ampliare il numero di posti disponibili all’interno della rete SAI.

Al fianco dei Comuni e di ANCI, abbiamo ribadito nella commissione immigrazione della conferenza delle regioni pochi giorni fa la necessità di uscire da questo inspiegabile paradosso.

Abbiamo la necessità di creare un’alleanza istituzionale tra i territori che ospitano i rifugiati, e quindi i Comuni, e le associazioni del terzo settore, affinché si possa dar vita a progetti condivisi in grado di sviluppare, concretamente e non solo a parole, percorsi di integrazione, di formazione e di emancipazione.

Questi sono i presupposti minimi per garantire inclusione sociale e rispetto della legalità. Ci attendiamo una marcia più rapida da parte del Governo, perché il tempo è scaduto.

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