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Toscana, Rossi sul FSE

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Enrico Rossi


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‘L’Europa deve continuare ad essere una bicicletta con due ruote’

Riceviamo e pubblichiamo da Agenzia Toscana Notizie.

L’Europa è come una bicicletta. La ruota davanti è il mercato e la concorrenza, quella dietro la coesione; e, quando questa si sgonfia, chi è sopra rischia di cadere e l’Europa come è nata, e come è stata sognata, diventa un’altra cosa. Servono invece tutte e due.

dice Rossi.

Sul palco dell’evento annuale dedicato al Fondo sociale europeo, al Cinema “La Compagnia” di Firenze, il presidente della Toscana Enrico Rossi ricorda l’importanza

di cui troppo spesso ci si dimentica

dell’Europa come

laboratorio di elaborazione di grandi strategie politiche e di programmi da perseguire;

e sferza

la politica che troppo spesso abbonda in Italia di chiacchiericcio anziché essere concreta,

mentre concreti sono gli obiettivi e le strategie di Europa2020, che guardano

ad una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva, che puntano ad un mercato socialmente sostenibile.

Un’Europa con il 75% di occupazione, il 3% del PIL impiegato in ricerca e sviluppo, impegnata sui cambiamenti climatici, che prova a ridurre del 20 per cento i consumi e il ricorso ai combustibili fossili e far crescere invece del 20% le fonti rinnovabili, impegnata contro la povertà e sulla formazione del capitale umano.

Annota Rossi:

Gli stessi obiettivi che noi in Toscana abbiamo fatto nostri nel programma regionale di sviluppo, aggiungendo ulteriori risorse ai fondi europei.

Lo spettro, già evocato nelle scorse settimane, è quello di un riduzione del 30 per cento, dopo il 2020, del FESR, il fondo di sviluppo regionale. Per l’Italia e la Toscana rimarrebbe uno solo dei due pilastri europei, il mercato e la concorrenza. Un orizzonte a cui Rossi, critico anche rispetto ad una rinazionalizzazione dei fondi, non si rassegna e per cui nei giorni scorsi è andato a parlare con il presidente della Commissione UE Jean Claude Juncker.

Spiega il presidente dal palco:

Dai mercati è nata l’Europa e il mercato è un fattore di crescita propulsivo che non va demonizzato e che nell’ex Europa dell’est ha avuto i suoi effetti positivi.

Ma bisogna anche contenere gli squilibri che crea. Per questo ci sono due ruote e da convinto europeista dico che questi fondi vanno mantenuti e magari accresciuti. Come? Facendo sì che l’Europa possa contare anche su risorse autonome, che non siano solo quelle versate dagli Stati: con una tassa sulle emissioni di Co2 o sulle transizioni finanziarie, come la Tobin Tax.

Anche con un’Europa che sul raggiungimento degli obiettivi previsti dai programmi dei fondi strutturali faccia le pulci come sul rispetto delle regole del patto di stabilità.

Jacques Delors, nel 1989 e con un’Europa allora a dodici, ricorda il presidente della Toscana, propose ed ottenne il raddoppio dei fondi strutturali.

Oggi siamo tornati indietro. Dopo il 2014, in piena crisi, sono calati a meno dell’1 per cento del Pil e ora si rischia un altro colpo che sarebbe esiziale.

Spiega meglio a margine, intervistato da alcuni giornalisti:

L’Europa di destra che ci comanda vuole ridurli ancora. E a questo dobbiamo opporci perché altrimenti rimarrebbe solo l’Europa delle multinazionali e dei grandi capitali finanziari, mentre l’Europa deve essere anche dei lavoratori, dei giovani, dei ricercatori e delle imprese che fanno innovazione e ricerca.

Il nostro Paese ha una posizione assennata e ci mobiliteremo con le altre Regioni. Vi immaginate cosa potrebbe fare l’Italia o un qualsiasi altro paese europeo in un mondo di grandi paesi continenti come la Cina, l’India o gli Stati Uniti?

È la risposta a chi pensa che coltivare il proprio orticello sia meglio. Non si può, per il presidente, neppure misurare il vantaggio dello stare in Europa con calcoli puramente ragionieristici su quanto versa e riceve ogni Stato, e per giunta limitandosi al riparto dei fondi comunitari.

Così è nata la Brexit e si finisce all’Italiexit. Poi i problemi ci sono: è vero che in certe regioni c’è un ritardo sulla spesa. Ma non dimentichiamoci che siamo partiti con due anni di ritardo e che i fondi, con i Governi impegnati a fare i conti e discutere, sono arrivati nel 2016 e non nel 2014.

Con la Toscana che a scelto, anche per questo, di anticiparli con proprie risorse.

A margine del convegno c’è anche una domanda sugli strumenti per combattere la precarietà del lavoro, a partire da quello dei giovani.

Risponde Rossi:

Basta far sì che i contratti precari costino molto di più degli altri.
E non lo dico io: cito Prodi.

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