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‘Segreti e Quarantene… ed altre storie’: intervista a Gianfranco Gallo

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Gianfranco Gallo


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L’artista partenopeo con il suo originale spettacolo inaugura l’Estate a Napoli 2020

Sabato 18 luglio, ore 21:15, presso il cortile di San Domenico Maggiore a Napoli Gianfranco Gallo inaugurerà l’Estate a Napoli 2020 con un evento – spettacolo molto suggestivo ‘Segreti e Quarantene… ed altre storie’, a cura di Città Mediterranee.

Sarà l’occasione per conciliare la prima presentazione del suo ultimo libro, ‘Segreti e Quarantene’, edito dallo stesso autore, che vanta la prefazione di Nino Frassica, e per regalare al pubblico una serata molto particolare, uno show che, tra teatro e musica, si soffermerà, con disarmante ironia, sui recenti mesi di reclusione che hanno sconvolto le nostre esistenze e sul nostro spirito di adattamento.

Il volume, per scelta dello stesso Gianfranco, sarà inizialmente in vendita solo durante alcune serate per stimolare gli spettatori a tornare a frequentare il live e, dopo l’estate, sarà disponibile nelle librerie e online.

Accanto a lui, in quest’originale formula di letture e monologhi alternati al canto, la talentuosa attrice Antonella Prisco, che lo ha già affiancato in alcune pièce e che da anni interpreta il ruolo del vigile Mariella Altieri nella celebre real soap Un Posto al Sole, e il bravissimo chitarrista Antonio Maiello, che contribuisce, con le sue note, a regalare ancor più suggestione ai suoi spettacoli.

Ci siamo rivolti al versatile artista, attore, drammaturgo, regista cinematografico e teatrale, cantante e scrittore, affinché ci spieghi più dettagliatamente la formula della serata.

Con ‘Segreti e Quarantene… ed altre storie’ apri la tanto attesa manifestazione, che, quest’anno, ha un retrogusto diverso. Momento simbolico, sbaglio?

In realtà sarei dovuto andare in scena il 24 luglio, ma l’Assessore alla Cultura Eleonora de Majo ha voluto fortemente che fossi proprio io a rompere il ghiaccio. Sarà un debutto particolare dopo un evento che ha segnato un confine tra due tempi. Per me i simboli, i significati, hanno valore.

Il 15 luglio sono intervenuto alla conferenza stampa di presentazione dell’Estate a Napoli 2020, nel cortile del Maschio Angioino, insieme al Sindaco de Magistris e all’Assessore alla Cultura Eleonora de Majo, e ci tengo a ribadire quello che ho affermato sul palco. È stato fatto tanto.
Non ne faccio una questione politica, voglio solo rendere merito ad Eleonora per quanto si sia battuta per assicurare alla città una pseudo normalità attraverso una kermesse che è diventata appuntamento irrinunciabile da anni.

Chi come me fa questo mestiere senza ottenere finanziamenti pubblici o agevolazioni varie, ha il dovere di essere presente in questo genere di manifestazioni.

La sera del 18 luglio, al Chiostro di San Domenico, parlerò di noi artisti che assomigliamo all’Orchestra di bordo del Titanic, su quel transatlantico che si è appena scontrato con l’iceberg inaspettato, che, nel nostro caso è stata la pandemia, ma che, troppo spesso divengono essi stessi iceberg. Continuiamo a suonare, sapendo che la nave sta colando a picco, fino all’ultimo momento per contenere il panico, non potendo fare altro che far echeggiare le nostre note rassicuranti. Ma, allo stesso tempo, non alziamo abbastanza la voce per farci sentire riportando le nostre lagnanze su ciò che non va nel nostro mondo.

Il teatro dovrebbe essere ad appannaggio di molti, non di pochi. Continuo a sostenere, come dicevano i grandi, che, per funzionare, necessiti della compresenza di tre elementi, autore, attore e pubblico, per questo sono contro il teatro sperimentale che, troppo spesso, si rivolge esclusivamente ad un’élite, dimenticando il resto degli spettatori, la gente del popolo.

A mio avviso, come sta accadendo con il Napoli Teatro Festival, concedere lauti finanziamenti pubblici a poche compagnie, con il risultato di far lavorare sempre gli stessi, è controproducente e porterà il teatro alla deriva. Sarebbe forse stato meglio mettere in scena spettacoli meno costosi, permettendo però a più compagnie di prendervi parte, così che anche l’attore meno noto potesse guadagnare qualcosa. È già un ambiente particolare, in cui si stenta ad affermarsi, in cui si vive spesso di sogni, occorre essere attenti alle persone, così come alle loro carriere.

Non parlo per me, dato che con questo lavoro riesco ad avere buone soddisfazioni economiche oltre che artistiche, ma per i giovani capaci che non sono tenuti nella giusta considerazione. Ecco perché nella mia compagnia ci tengo a gratificarli come meritano.

Nonostante questo, lo spettacolo non sarà affatto serioso, ma sarà condito da continue battute e gag di ogni tipo. Insomma, ci sarà da divertirsi molto.

La chiave interpretativa di ‘Segreti e Quarantene… ed altre storie’ quale sarà, considerando che la tua cifra artistica si muove, da sempre, tra ironia e riflessione, comicità surreale ed intimismo?

Esattamente quella che hai descritto tu. I miei spettacoli sono tutti caratterizzati dall’intento di arrivare al pubblico, che, a seconda della propria formazione culturale, personale e professionale, ha necessariamente idee, sentimenti e capacità di cogliere sfumature diverse. Veniamo da un periodo che ci ha segnati profondamente, ma dal quale siamo anche usciti rafforzati, o almeno lo spero.

Il mio non sarà un racconto negativo, come dicevo, ci siamo già scoraggiati troppo; credo, piuttosto, che per esorcizzare questi mesi appena trascorsi occorra usare l’ironia, l’unica arma che ci aiuta a tenerci a galla.

Una rappresentazione brillante, spassosa che, inevitabilmente, aprirà anche degli spunti di riflessione. Momento di evasione sì, ma anche di arricchimento, che poi, per me, è una delle finalità principali del teatro.

Come hai dosato i diversi elementi di recitazione e musica? Una delle due componenti prevale sull’altra o si tratta di un equilibrio costante?

Ormai dal 2010 con successo seguo un filone tutto mio, che definisco un teatro ‘Oltradizione’, che viene dall’Oltre ed è diretto ad Oltre.
Per veicolare il mio messaggio così che arrivi allo spettatore, riscrivo tutto e paleso ciò che proviene dal passato, che si è modificato e trasmesso fino a me per andare oltre me.

Sono dieci anni che scrivo spettacoli con canzoni ed utilizzo una formula originale, non il Teatro Canzone inventato da Gaber, né il classico recital in cui un attore – cantante legge ed omaggia un autore, ma una parte recitata, pensata per l’occasione, in cui inserisco, quando serve, canzoni mie e di artisti diversi.

I testi, in questo contesto, hanno la stessa importanza della musica e dell’interpretazione. Oltre a proporre alcuni inediti, userò canzoni di Pino Daniele, riferimento obbligato per la mia generazione, e di Manu Chao, che ho tradotto in napoletano.

E che mi dici dei tuoi compagni d’avventura, Antonella Prisco e Antonio Maiello?

Antonella è un’attrice eccezionale, ma che non è ancora stata scoperta del tutto, perché si tende ad identificarla con il personaggio televisivo che interpreta da anni in UPAS, ma, in realtà, è molto versatile e vulcanica. L’ho incontrata più volte nel corso della mia carriera, prima come allieva a Roma, poi, considerate le sue innate doti, l’ho voluta con me a teatro.
Il mio dovere, come attore e regista, è quello di darle la giusta visibilità anche in sala.

Antonio è un chitarrista eccezionale, virtuoso della chitarra jazz e blues, che sa restituire suoni magici amplificandoli. È ormai la colonna sonora di tutti i miei spettacoli. Non ne potrei più fare a meno.

Con entrambi ho un bellissimo rapporto personale, oltre che professionale. Insomma, siamo amici e se in questo periodo non ti circondi di amici, chi chiami allora?

Veniamo, nello specifico, al libro, ‘Segreti e Quarantene. Alle 15,00 al banco salumi’.
Mi spighi com’è nata l’idea, ma soprattutto in base a cosa hai scelto titolo e sottotitolo?

Ho immaginato, sempre in chiave ironica, la crisi e il disagio che potesse vivere una coppia di amanti in pieno lockdown. Lei con un marito immaturo e due figli, lui con una moglie esaurita, che andrà peggiorando durante la quarantena, impossibilitati a vedersi in seguito al decreto Conte che impone la reclusione in casa mentre erano in procinto di incontrarsi in albergo.

Si alterneranno situazioni tragicomiche e surreali, uno strano scambio epistolare, una sorta di diario atipico dei nostri giorni, via WhatsApp, nel tentativo di ritagliarsi un momento di intimità considerando che in tutta Italia vige la zona rossa e si daranno appuntamento alle 15,00 al banco salumi, dato che è concesso recarsi al supermercato. La narrazione inizia cinque anni dopo, nel 2025, quando un giornalista entrerà in possesso dei loro messaggi e si sconfinerà nel giallo.

Sono orgoglioso dell’arguta prefazione di Nino Frassica, un artista come pochi, che stimo moltissimo, intelligente, ironica, in perfetto stile… Frassica. Solo lui poteva scriverla così, basta leggerla per darmi ragione.

Sei stato attivissimo nel periodo dell’isolamento, tanto da fare un appello al “popolo del web” perché ti inviasse video girati con smartphone per raccontare la sua quotidianità. Ma, in fondo, eri tu ad aver bisogno del contatto con il pubblico, anche se, necessariamente in modalità diversa, no?

Esatto. Lo spiegherò anche durante il monologo. A marzo mi rivolsi a tutti, in primis ai commercianti, affinché attraverso video mi raccontassero come le loro abitudini fossero state stravolta a causa dell’emergenza sanitaria.
In tanti mi hanno trasmesso le loro testimonianze, anche coloro che, per le restrizioni imposte, avevano dovuto abbassare la saracinesca dei loro negozi.

Cercavo immagini di volti, edifici, interni, famiglie, single, di un mondo cambiato, così come è mutata la percezione che abbiamo di noi stessi, per realizzare un docufilm e lasciare una traccia indelebile, dando voce alla gente comune, alle sue paure e alle sue speranze.

Poco dopo, però, fecero la stessa cosa Salvatores e Muccino, che hanno ovviamente a disposizione mezzi diversi dai miei, e desistetti, ma sono grato a quanti hanno partecipato.

Credo che questa mia esigenza, come quella di altri colleghi, sia stata appunto dettata dal bisogno impellente di ritrovare il rapporto intimo con gli altri. Ci si è chiesti come gli spettatori potessero reagire all’impossibilità di godere del teatro, ma non si è prestato attenzione agli artisti, alla loro urgenza di comunicare ed interfacciarsi. Insomma, ci è mancata l’aria, ma nessuno sembra essersene preoccupato.

Quanto la Cultura, in tutte le sue possibili sfumature influenza la tua routine, considerando che vieni da una famiglia che ha fatto proprio dell’Arte la sua cifra stilistica e della sua vita un’opera d’Arte?

La mia famiglia è stata fondamentale nel mio percorso artistico, sono cresciuto in un ambiente unico, lo riconosco, non è da tutti poter sedere da bambino sulle ginocchia di celebri cantanti e attori, ma se non si ha una personalità forte e soprattutto l’Arte nelle vene, come nel mio caso, frequentare da adulto questi ambienti, lavorare in compagnie con artisti di fama internazionale può essere destabilizzante e può far crollare, soprattutto se non si è davvero bravi e motivati.

I miei genitori erano molto diversi. Mio padre, Nunzio, di origini popolari, si vantava di aver fatto della sua passione un lavoro. Era uno dei massimi esponenti della musica italiana e napoletana degli anni ’50 e un attore di sostanza, che, raggiunto l’apice del successo giovanissimo, restava con i piedi per terra, nonostante girasse il mondo con le sue tournée, e che dava retta a tutti anche dopo aver ricevuto il premio alla carriera.

Mia madre, Bianca Maria Varriale, di origini nobili, era un’ottima attrice della scuola di Eduardo, che messa su una compagnia per piccoli attori, diventata poi tra le più stimate della città, ha scelto di rinunciare alla sua carriera per occuparsi del marito e dei suoi quattro figli.

Entrambi mi hanno trasmesso l’amore per la recitazione, ma soprattutto la disciplina e la dedizione che occorre avere in questo ambiente. Mi hanno insegnato che bisogna guadagnarsi ogni cosa, essere seri e rigorosi, non adagiarsi mai ed assecondare le proprie passioni.

Ho iniziato a scrivere poesie a 12 anni, sono sempre stato curioso, in cerca di stimoli diversi, mi sono continuamente guardato attorno, ho “rubato” con gli occhi il mestiere a papà, accompagnandolo ovunque, cercando di crescere e migliorarmi, non sentendomi mai “arrivato”.

Ho iniziato nel 1981 nella compagnia di quel genio che è Roberto De Simone, recitando ne ‘L’opera buffa del giovedì santo’ e in ‘Lucilla Costante’ frequentando artisti del calibro di Leonard Bernstein e Pina Bausch e sul palco con personaggi napoletani di rilievo quali Lina Sastri, Peppe Barra, Marisa Laurito, Rosalia Maggio, Carlo Croccolo, Antonio Casagrande e molti altri.

Affronto tematiche spinose nei miei spettacoli, puntando il riflettore su argomenti scomodi, guardando al sociale, ma sempre in modo che fuoriesca il lato comico e grottesco di ogni situazione: il segreto è tutto lì. Esattamente come accadrà con ‘Segreti e Quarantene… ed altre storie’.

Ne approfitto per segnalare che il 28 e 29 agosto, ore 21:15, sempre nell’ambito dell’Estate a Napoli San Domenico_Piazza d’arti, sarò in scena con la pièce ‘Ti ho sposato per ignoranza’, scritta e diretta da me, con la mia compagnia composta da Antonella Prisco, mia figlia Bianca Gallo, Luigi Credendino, Michele Schiano di Cola, Ursula Muscetta. Torniamo al discorso di prima, un attore non può fare solo monologhi, deve dar spazio anche agli altri, affinché se la giochino e provino a realizzarsi.

Intanto, vi aspetto tutti sabato 18 luglio, ore 21:15, nel cortile di San Domenico Maggiore.

Prenotazione obbligatoria al numero: 320-6876818.
Costo del biglietto: €12,00

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Autore Lorenza Iuliano

Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.