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Presentato a Napoli ‘Il tempo degli amaranti’

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Un intreccio da Liala gay per il nuovo libro di Antonio Mocciola

Il 24 febbraio, ore 18:30, presso il Chiaja Hotel de Charme, via Chiaia, 216, Napoli, si è tenuta la presentazione del nuovo libro dello scrittore e giornalista partenopeo Antonio Mocciola, Il tempo degli amaranti, edito da Milena edizioni. Presenti l’autore Antonio Mocciola, Renè Bonante, make-up artist, Moreno Casciello, editore, Claudio Finelli, moderatore. A leggere alcune pagine da ‘Il tempo degli amaranti’, l’attore Antonio Agerola.

La presentazione è intervallata da tre letture di alcuni brani tratti dal volume che il bravissimo Antonio Agerola interpreta in modo molto inteso e coinvolgente portandoci nel mondo descritto da Mocciola. Una scrittura lineare, immediata, toccante e d’effetto che rapisce totalmente gli astanti. Un racconto tutto napoletano, che si snoda dalla fine degli anni ’50 per arrivare agli ’80.

Moreno Casciello, l’editore della giovane casa editrice Milena edizioni, che si occupa anche di una sezione LGBT, racconta il volume come emozionante perché descrive la vita in tutte le sue sfaccettature.

Antonio, con la sua scrittura fatta di frasi brevi ed incisive, ha la capacità di proiettare nello spazio e nel tempo in cui ambienta la storia e di comunicare molti sentimenti, soprattutto i disagi di una società che non riesce ancora ad esprimersi in pieno. Questo è tutto il valore su cui ho improntato la collana LGBT, consiglio vivamente il libro di Antonio Mocciola e tutti quelli della collana proprio agli eterosessuali, affinché capiscano veramente cosa sia l’omosessualità senza preconcetti.

L’editore, a conclusione del suo intervento, spiega il nuovo progetto in essere; il libro di Antonio diventerà, a breve, un audiolibro.

Lo scrittore, per l’occasione, ha fatto venire appositamente dal Brasile passando per l’Olanda degli splendidi amaranti, introvabili in Europa, perché “l’amaranto, come diceva Esopo, è eterno, ed è il simbolo della passione eterna che colora questo libro”. I rarissimi fiori saranno poi donati ai primi nove acquirenti del libro.

Claudio Finelli, che ha curato la prefazione del volume, ne parla come di letteratura rosa, che contiene però anche una serie di sfumature proprie del periodo in cui le relazioni omosessuali vivevano nella più completa e totale invisibilità.

È narrata anche una storia di assolute negazioni e rinunce; si ha come l’impressione che il sentimento della rinuncia si possa, in qualche modo, tramandare di padre in figlio. La riflessione, la vergogna, il disprezzo interiorizzato sembra avvengano quasi per una sorta di contaminazione endogena. Cose se non vere risultano comunque verosimili rispetto a vicende realmente accadute.

Antonio Mocciola a questo punto confessa che questo ‘Liala gay’, nasce dall’interazione con Renè Bonante, make-up artist con cui ha una fitta collaborazione lavorativa, per un’iniziale sceneggiatura per Pupi Avati.

Per raccontare una vicenda in salsa rosa ho pensato di fare un falso storico sulle tracce di Liala, autrice rosa, principessa del feuilleton, che scriveva per i gay e per le donne.

Ho colorato di rosa una tragedia che arrivava con le parole più dolci ed innocue possibili, inserendovi tutti i luoghi comuni di Liala: il melodramma di genitori, la sofferenza della sorella nel convento di clausura, il mistero, ma nell’ottica moderna di una storia omosessuale che all’epoca non si poteva raccontare se non facendo ricorso ad un filtro.

Mi sembrava divertente omaggiare Liala con quella storia che, data l’epoca, non ha mai potuto raccontare, l’omosessualità, tingendola dei colori del romanzo d’appendice.

‘Il tempo degli amaranti’ ha quindi elementi di romanzo rosa, d’appendice, noir, giallo. Ed è stata proprio Renè Bonante a darmi lo spunto per scrivere questo libro.

Il make-up artist spiega che Antonio, con questo romanzo, ha toccato tutte le corde dell’omosessualità.  Il suo apporto per la stesura del libro è stato considerevole, la narrazione di un pezzo della sua vita, gli anni ’80, così come tutti gli Alberto che ha incontrato, quegli uomini che di giorno conducevano una vita ‘regolare’ fatta di lavoro ed apparenza e la sera si trasformavano, truccandosi ed abbigliandosi da donne, vivendo finalmente in pieno la loro vera natura. Il tutto avveniva in un locale frequentato da stilisti e persone del mondo dello spettacolo. Renè Bonante consigliava loro il trucco che nascondesse al meglio la barba e l’arcata sopraccigliare e le parrucche da indossare contribuendo alla loro metamorfosi.

Ricordo con grande affetto un mio carissimo amico che vestito in modo impeccabile come fosse un lord inglese, una volta entrato nella mia auto si trasformava, truccandosi, cambiandosi d’abito e ingioiellandosi. Io non ho avuto questi problemi perché fortunatamente ho avuto una famiglia che ha saputo capirmi e starmi vicino, ma ho vissuto trasversalmente il dramma dei miei amici che, intrappolati in una vita che non sentivano loro, erano costretti a fingere perché non sarebbero stati accettati. Probabilmente anche il mio lavoro mi ha aiutato moltissimo. In quel periodo c’è statauna grande sofferenza, ma per fortuna ora le cose sono diverse. Tra me e Antonio c’è un trasporto sincero, un’alchimia della pelle che ci permette di lavorare in perfetta sintonia e così è stato anche leggendo ‘Il tempo degli amaranti’, un libro che è per me rappresenta un sogno che si avvera. Grazie ad Antonio Mocciola che lo ha scritto, a Claudio Finelli che ne ha curato la prefazione e a Moreno Casciello che ha creduto nel progetto e lo ha pubblicato.

Il bravissimo attore Antonio Agerola riprende l’affascinante lettura del testo e tra tutte le frasi, una in particolare, attira la nostra attenzione, forse perché riassuntiva di tutto il percorso raccontato:

Fuori, la sera calava il sipario accendendo la luna, chiara e implacabile. Come la verità.

Claudio Finelli riprende la parola e spiega che i personaggi del romanzo, oltre ad Alberto, sono la moglie Silvana da cui avrà un bimbo, la madre, figura chiave nella condivisione di un mistero, la sorella Ada, che dopo una scoperta importante si isolerà dal mondo in convento. In tutto ciò aleggia l’assenza del padre.

È un romanzo che parla di amori nascosti consumati in un locale, ma anche di amori impossibili che lasciano tutta la disperazione e l’attaccamento nei confronti del sentimento.

Antonio Mocciola entra nel dettaglio della trama e così scopriamo che Alberto ha avuto da adulto la rivelazione della propria omosessualità.

Mentre il protagonista vive clandestinamente la sua storia si accorge che intorno a lui tutti fuggono. La madre non rivela alcuni passaggi della sparizione del padre, la sorella che si chiude in convento pur di non dire ciò che sa, fino ad Enzo, che porta Alberto alla consapevolezza di sé. Ci sono tanti altri personaggi che scappano e, ogni tanto, compare uno specchio che li mette di fronte alla propria immagine, alla propria idea di verità. Sono personaggi emblematici e sanguigni, ma in realtà finti ed artefatti perché nella loro semplicità dei sentimenti hanno un mondo inespresso che mi sembrava interessante dipingere con colori tenui almeno fino alla rivelazione del sesso.

C’è un momento molto forte ed erotico nel romanzo, perché attraverso il sesso arriva quell’epifania che tutti coltiviamo dentro che, altrimenti, consiste solo in sensazioni. Era una scena per me necessaria e funzionale. Nelle prime esperienze omoerotiche si può cadere nel tranello di non scegliere la persona giusta, quella con cui si è davvero in sintonia, che magari ci sta solo usando, e ci si ritrova ancora più soli, proprio come accade ad Alberto. Occorre anche considerare che in quel periodo le famiglie tendevano a pilotare i matrimoni, creando spesso una distorsione, una disfunzionalità affettiva che veniva risolta in modo quantomeno singolare, come faranno Alberto e il padre anche se in modi diversi.

Claudio Finelli parla de ‘Il tempo degli amaranti’ come di un romanzo di confini: storie di tempi molto passati o molto vicini; personaggi che vivono in una situazione fratta, a metà tra il dolore e il piacere, tra il rimpianto e la riscossa, tra l’abolizione e la rinuncia. Evidenzia poi, che questa fusione di generi, tra luci ed ombre, tra le diverse possibilità di scrittura caratterizza tutto il romanzo.

La Napoli tratteggiata da Antonio è “bella e feroce, vivacissima in alcuni momenti della giornata e assolutamente borghese e silente in altri”.

Ed è lo stesso Mocciola che approfondisce la questione.

La città che descrivo è rarefatta, assente, chiusa nelle tapparelle quasi fosse un enorme paese, cosa che forse era in quegli anni bigotti. Una piazza Carlo III da cui partiva il trenino che passando per l’Alifana e toccando quindi vari paesi nell’interno, arrivava a Piedimonte Matese. È una Napoli di confini, perché la stessa piazza Carlo III era il confine con il fuori dalle mura.

L’amaranto è il simbolo di una passione che non sfiorisce. Questo fiore, che in realtà è una pianta addirittura commestibile, è stato decantato da tanti poeti per la sua idea di eterno.

La morale del libro è che in effetti non possiamo distruggere la passione o l’impulso ad amare. Non si può sopprimere, regolamentare, estinguere la passione.

Questo era il senso che volevo dare ai personaggi, un po’ tratti dalla realtà, un po’ dalla fantasia; sono vicende tra loro diversissime che spero entrino nel cuore dei lettori, perché in ognuno di loro c’è un po’ di noi.

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Autore Lorenza Iuliano

Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.