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‘Ferdinando’ a Sala Ichòs

1847
'Ferdinando' Basile, Giannelli, Addeo


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In scena a San Giovanni a Teduccio dal 9 all’11 dicembre

Riceviamo e pubblichiamo.

Terzo e ultimo appuntamento con il ‘Progetto Ruccello’ a Sala Ichòs, via Principe di San Nicandro 32/a, San Giovanni a Teduccio, Napoli. Dal 9 all’11 dicembre Ichòs Zoe Teatro sarà in scena con ‘Ferdinando’ di Annibale Ruccello, per la regia di Salvatore Mattiello con Teresa Addeo, Ilaria Basile e Giuseppe Giannelli. Le scene sono a cura di Peppe Zinno e Ciro Di Matteo.
Lo spettacolo rientra nel ‘Progetto Ruccello 1956 – 1986 – 2016’ a cura di Ichòs Zoe Teatro, attraverso cui la compagnia intende rendere omaggio ad uno dei maggiori esponenti della Nuova Drammaturgia napoletana di cui quest’anno ricorre l’anniversario della scomparsa. La compagnia ha già portato in scena ‘La sposa sola’ e ‘Jennifer’. ‘Ferdinando’ è l’ultimo lavoro dedicato al drammaturgo, attore e regista di Castellamare di Stabia.

‘Ferdinando’
“(…) in fondo Ferdinando è un paccotto confezionato apposta per dare risposta ai desideri degli Altri. Desideri veri dapprincipio come solo i desideri sanno essere. Poi manipolati, indotti, amplificati, soddisfatti, vissuti fino in fondo. Fino a morirne! E poi svelati per ciò che erano stati: desideri preconfezionati, industriali, radiofonici, televisivi, virtuali e pure colmi – di più, traboccanti – di realtà.
Ferdinando è l’attesa di qualcosa che può accadere. È un oggetto del desiderio chiarissimo e non oscuro come altri di altre memorie… un Aspettando Godot che qui però arriva sotto mentite spoglie. Un paccotto che la nuova classe emergente e padrona propina ad una nobiltà ormai decaduta e che funziona perché di quest’ultima la prima ne conosce l’indole, le pulsioni, i desideri, i godimenti.
Spostando il tempo di un secolo più avanti ci ritroviamo nei nostri anni Settanta/Ottanta, ovvero negli anni di Jennifer e se in aggiunta ci mettiamo anche i quarant’anni che ho deciso di metterle addosso, ci ritroviamo esattamente qui nei nostri anni, nei quali i paccotti si sono fatti più volgari e potenti… spinti molto oltre… fino a fare di noi stessi dei paccotti per scambiarci gli uni con gli altri… per mettere in moto la triste economia di questo tempo…
Ricordando le cose che costituirono le Ragioni della messinscena di Ferdinando ma dentro le quali a ben guardare ci sono già quelle relative a Le cinque rose di Jennifer, di più ci sono già quelle relative al progetto Doppio Ruccello che già a suo tempo mise insieme le due rappresentazioni… è tutto così terribilmente chiaro… tutto sembra che si svolga da sé… a noi non resta che lasciarsene attraversare… In queste occasioni penso sempre a quel meraviglioso pensiero di De Andrè che dice più o meno così: «non c’è mai troppo merito nelle cose buone che uno fa e mai troppe colpe in quelle cattive… questa è la cosa che più ho imparato sulla reale condizione degli uomini»… fino a farmi affermare oggi con assoluta tranquillità ma non senza amarezza che, nelle cose del Teatro, della Letteratura e dell’Arte in genere, l’umano mi appaga ma l’uomo mi annoia.

Sala Ichòs
Via Principe di Sannicandro 32/A – San Giovanni a Teduccio, Napoli
Fermata metro linea 2: San Giovanni a Teduccio-Barra
Lo spazio è dotato di ampio e gratuito parcheggio

Info e prenotazioni:
335 765 2524 – 335 7675 152 – 081275945 dal lunedì al sabato dalle 16:00 alle 20:00 – domenica dalle 10:00 alle 17:00.
Orari spettacoli: venerdì e sabato ore 21:00; domenica ore 19:00.

Perché il ‘Progetto Ruccello 1956 – 1986 – 2016’:
1956/1986: i trent’anni di vita vissuti da Annibale Ruccello; 1986/2016 i trent’anni di morte. Perfetta parità. Poi dal 2017 la morte comincerà a vincere. Il tempo della vita cederà il passo al tempo della morte. La Quantità di morte supererà la Quantità di vita.
E la Qualità? Si sa che quando le persone non ne hanno più (di Quantità) spostano l’attenzione gli interessi le possibilità di vita di sopravvivenza sulla Qualità. Fanno un passo indietro per così dire ripiegano sulla Qualità, la quale erroneamente è percepita, vissuta, raccontata, contrabbandata come una modalità superiore di stare al mondo.
Un livello superiore di sopravvivenza di esistenza di umanità addirittura.
Per fortuna c’è il Mito di Sisifo a chiarire l’equivoco. Ci sono le meravigliose argomentazioni di Albert Camus intorno a quel Mito e la meravigliosa conclusione: bisogna immaginare Sisifo felice (di portare sulle spalle un macigno fino alla cima del monte per poi spingerlo giù. Ridiscendere ogni volta per riprenderlo e riportarlo di nuovo su e così tutte le volte per sempre). C’è il finale del nostro allestimento delle Cinque Rose affidato a un cartello luminoso che scrive bisogna immaginare Jennifer felice (di aver portato su sé il macigno della persona che fino ad allora era stata).

Ma non facciamo tutti così? Non portiamo ognuno di noi sulle spalle invisibile il macigno della persona che siamo? Non è questo ciò che sembra dirci Sisifo? Non è questo ciò che sembra confermare con forza Camus?
Infine è esattamente questo ciò che noi intendiamo confermare pur sferrando un colpo basso dritto sotto la cintola di Camus giacché ci appropriamo della conclusione di quei suoi ragionamenti e gliela rivoltiamo contro utilizzandola come invito rivolto al pubblico a immaginare Jennifer felice nonostante si sia appena sparato in bocca.
Nessun dolore giustifica un suicidio è vero, però non tutti i suicidi sono determinati da un dolore e non tutte le miserie e non tutte le ricchezze valgono la pena di essere vissute.
Nel 1978 Ruccello scrive e interpreta la sua Jennifer.

Nel 2009 noi la ripensiamo e la rimettiamo in scena. La riceviamo e proviamo a farne qualcosa: è l’Assist il vero segno del Mito! Ne chiarisce l’equivoco.
Trent’anni di tempo reale trascorso; trent’anni di tempo sedimentato nella struttura stessa di quel personaggio; quarant’anni di tempo inventato da noi e caricato sulle sue spalle come macigno supplementare da portare sulla scena per una nuova rappresentazione di sé; per chiuderla con un tranquillissimo “arrivederci e grazie” che altro non è se non la richiesta reiterata di un personaggio di teatro il cui destino è stato quello di morire in scena: di rimettervi piede ogni volta di rivivere di rimorire e così via.
E così sia! Per Jennifer e per Annibale.
E noi adesso in questo tempo che è esattamente al culmine della vita e della morte di Ruccello, rotoliamo giù per l’ennesima volta dove siamo e non siamo già stati (è il percorso di ritorno dalla cima alla ripresa del macigno a dover stuzzicare la migliore immaginazione!) per rimetterci sulle spalle quelli che per certi versi sono dei veri e propri macigni lasciati sul campo da Annibale e proveremo a farlo con uno scarto d’immaginazione e di visione d’insieme partendo da quella Sposa Sola che è il nostro ultimo lavoro e nel quale lui pure è presente.
Per ‘Ferdinando’, basti dire che il testo non è stato modificato di una virgola ma – per sua insita e immensa Qualità – il testo è stato semplicemente e complessamente ridistribuito tra i personaggi in ragione di una risoluta scelta di regia.

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