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UT35 – Formiche, rassegna di drammaturgia breve

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UT35-Formiche


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Al Nuovo Teatro San Carluccio dal 13 al 16 ottobre

Riceviamo e pubblichiamo dall’Ufficio Stampa di Hermes Comunicazione.

Dal 13 al 16 ottobre al Nuovo Teatro San Carluccio, via San Pasquale a Chiaia, 49, Napoli, si terrà la rassegna di drammaturgia breve under 35 UT35 – Formiche, a cura di Gianmarco Cesario.

Agatha Christie asseriva che “l’assassino torna sempre sul luogo del delitto”, ed io, dopo vari tentennamenti, son voluto ritornare al passato. Due anni fa avevo deciso che La Corte della Formica, alla sua decima edizione, dovesse in qualche modo concludere il suo primo ciclo di vita. Dopo un anno di sosta, ecco che la storica rassegna di corti, la prima ad essere nata nel sud e la seconda in tutta Italia, unita a quella dedicata agli autori Under 35, nata solo lo scorso anno danno vita ad UT35 – Formiche.
Sei corti, scelti con l’aiuto di due concorsi di drammaturgia che ci hanno segnalato le proposte più valide, si contenderanno il premio finale che consisterà, oltre alla “Formica” ideata e realizzata dai maestri Scuotto della bottega La Scarabattola, anche la possibilità di aprire il cartellone della prossima stagione del Nuovo Teatro Sancarluccio.
Gianmarco Cesario

La giuria
Per celebrare la nascita di questa nuova vita della rassegna, abbiamo pensato ad una giuria tutta al femminile, composta da operatrici ed artiste teatrali.
Tiziana Beato, autrice ed organizzatrice teatrale, Anita Curci, giornalista, direttore Proscenio, Emanuela Ferrauto, critico Dramma.it, Luisa Guarro, autrice e regista teatrale, Barbara Napolitano, regista ed autrice, Manuela Schiano Lomoriello, attrice e regista, Giuliana Tabacchini, impresario teatrale. Madrina Rosaria De Cicco, attrice.

Il programma della rassegna

Giovedì 13 ottobre ore 21:00
Teatro Grimaldello
Puttana e basta
testi di Elvira Buonocore Alfonso Guerriglia
con Elvira Buonocore Alessandro Gioia
regia Antonio Grimaldi

Nella prigione di un pollaio, dentro una macchia di sangue, riaffiora la memoria. Si ricorda una donna che nella danza insegue la sua libertà. Si ricorda un uomo che crudelmente riafferma la sua forza. Un momento di un passato che è sempre vivo, diventa segno presente e futuro: l’antico si rinnova, mostrandosi sempre tale. Nulla è più presente della tradizione.
È una breve drammaturgia, concepita per uno spazio ristretto e scarno, quasi privo di elementi: l’interno di una casa oscura e modesta, che appare quasi come un buco nero dove la violenza si mescola alla sopraffazione.
I protagonisti appartengono a una società arcaica, ma i motivi sono attualissimi: da una parte è la donna, oppressa, additata, non capita, dall’altra invece l’uomo è la mano che viola, che saccheggia e domina. La scrittura – realizzata da Alfonso Tramontano Guerritore e Elvira Buonocore – è completamente nuova, con una attenta accordatura del dialetto di paese. Uomo e donna osservano, con sguardo aperto, quella società che li ha partoriti e vinti.

Il luogo in buio
Note di un naufragio inevitabile
di e con Cristian Izzo
collaborazione alla performance Carmen Orazi
progetto grafico Luca Longobardi

Dinanzi all’abisso sussistente tra sé e se stessi, tra uomo e uomo, tra uomo e altrove non si può che vivere nell’esperienza della nostalgia, non si può che essere testimonianza fugace dell’inappagabile desiderio di ritornare.
Nel moto statico dell’ascesa e della caduta c’è il voto dell’uomo che avverte la necessità di raccogliersi in sé, di tornare a ciò che va oltre l’uomo, ovvero, all’arte.
Tale è il ritorno al primordialmente eterno, tale è il ritorno agli eroi dell’epos che divengono monumento alla vergogna, al senso del fallimento derivante dalla strapotente affermazione di un Io ipertrofico.
L’interventismo sterile della volontà previene, dunque, qualsiasi possibilità d’avvento: affatica Ulisse per mare, lacera le carni di Prometeo, scioglie le ali di Icaro.
Bisogna, pertanto, sottrarsi alla tirannia del corpo, portatore di volontà, e al suo volgare moto a-da-per-in luogo: è necessario disfarsi dell’io per recuperare la propria alterità ed unicità. Questa sottrazione (quella del corpo), avviene tramite addizione: sovrapponendo freneticamente immagine su immagine, togliendo di continuo punti di riferimento sia all’organismo moventesi, sia all’occhio che lo individua. Sovrapponendo freneticamente (ancora) fatica su fatica, disgregando e dissolvendo il movimento nello sforzo continuo e in aumento: e con il movimento il corpo che lo compie, nell’attività di battersi all’ultimo sangue affinché l’intestimoniabile verità intima sortisca fuori nell’impossibile sforzo di liberarsi della materia e divenire immateriali.
Lo spazio non è più, quindi, il luogo in cui il corpo si muove ma è interno e, in quanto tale, è il cosmo.
Ci si muove nel corpo e nei suoni prodotti dal corpo ed è ancora un elevare a minore: un anelito all’Uno, al Pan, al Caos.
A quello che c’era da prima del tempo.

Venerdì 14 ottobre ore 21:00
Terra ca nun senti
di Luisa Casasanta, Cristel Caccetta
a cura di Gianluca Ariemma
aiuto regia Luisa Casasanta
con Antonio Bandiera Cristel Caccetta Luisa Casasanta Maddalena Serratore Marco Tomba

“Un uomo che attraversa uno spazio vuoto è teatro”
Da quest’idea di teatro di Peter Brook, parte la scelta di regia di Terra ca nun senti, essenziale, minimalista, libero da ornamenti barocchi che distraggono dal testo e dai rapporti umani tra i personaggi, fondamentali per l’evoluzione della trama.
Il testo è una tragedia classica di stampo contemporaneo, sviluppata in episodi e stasimi con un linguaggio moderno. Una giovane vergine condannata a morte per concimare quella terra di cui si nutre una comunità ormai senza certezze e senza punti di riferimento. Questi personaggi che decidono di vivere lontano dalla società globalizzata si trovano senza più nulla in cui credere, se non nelle proprie convinzioni, le stesse che li porteranno al degrado. Lo spaccato non troppo lontana dalla realtà odierna che racconta come un culto di qualsivoglia natura possa portare l’uomo a perdersi in una dimensione che gli concede ancor meno concretezza di quella da cui è fuggito.
Luisa Cassanta

Resistenza Teatro
Trullo – una grande anima rinchiusa in una piccola stiva…
scritto diretto ed interpretato da Diego Sommaripa
aiuto regia Tommaso Vitiello
scene Armando Alovisi
grafica Daniela Molisso

“Il pensiero è come il mare, non lo puoi fermare, a me piace il mare, solo che è difficile camminare sulla sabbia“.

Sabato 15 ottobre ore 21:00
Clitennestra. Voi la mia coscienza, io il vostro grido
di: Federica Genovese , Eleonora Lipuma
regia: Alessia Tona
con Eleonora Lipuma Maddalena Serratore Antonio Bandiera Marco Masiello Giuditta Pascucci

Sinossi: È un viaggio che inizia dalla drammaturgia dei grandi classici, attraversa i testi contemporanei dellaYourcenar, fino a trovare una collocazione pressoché sovrapponibile ai fatti di cronaca odierni. Sulla scena,le vicende narrate, si impregnano di attualità fino ai risvolti rappresentati dall’epilogo finale. Clitennestra, una donna vittima della sua stessa prigione interiore, naviga nei meandri del proprio “io” e del proprio tormentato immaginario, rievocando fatti e contraddizioni che manifestano tutta l’esaltazione e lafollia della sua stessa vita. E’ lei l’imputata del plurimo omicidio del marito Agamennone e di Cassandra, sua amante. La scena si apre con la deposizione dei fatti di Clitennetra, chiamata a testimoniare davanti alla Corte che ne deciderà l’assoluzione o la condanna. La testimonianza della donna è interrotta da improvvisi flash back provenienti dalle voci di quella sua privata e desolata coscienza che, con ritmo frenetico, continuano ad ossessionarla; voci che prenderanno vita sul palcoscenico attraverso la rappresentazione dei personaggi protagonisti di questa sua amara, folle tragedia, creando così un intreccio esasperato tra simbolismo e realtà, psiche e corpo. L’imputata proverà a ricomporre, attraverso il ricordo, i pezzi del puzzle della stessa sciagura che la vedrà protagonista. Dopo una lunga deposizione, la Corte giudicherà Clitennestra innocente ma un inaspettato colpo di scena stravolgerà l’esito ultimo della vicenda.
Eleonora Lipuma

Note di Regia: “Clitennestra. Voi la mia coscienza, io il vostro grido” è il risultato di un azione comune. Il pensiero creativo, l’ideazione e la messa in pratica di uno studio collettivo basato principalmente su un lavoro di improvvisazioni fisiche guidate attraverso la musica e la nascita di gestualità puramente organica, non costruita. Ci vogliono gesti di coraggio nel porsi domande come: perché si agisce? Come fare? Come procedere? In questa forma di ricerca, mentale e fisica, si sono trovate le risposte, i punti di partenza di un lavoro che ha affrontato come primo problema lo studio del testo senza omissioni. L’ambiente, sempre in continua mutazione, è stato il secondo passaggio da integrare per lavorare su un unico piano spaziale e sequenziale che porta alla luce momenti e luoghi distanti cronologicamente cercando di mantenere vivo il punto focale: i ricordi che prendono vita. Unire il contemporaneo con il passato è stato il passo più semplice grazie a quell’esercizio di stile che è la vita stessa: la storia che si ripete anche se rielaborata. Clitennestra ripropone attraverso un linguaggio più contemporaneo vicende che oggi ci appaiono come quotidiane e alle quali non diamo il valore realmente drammatico che incarnano. Partendo da un fatto di cronaca nera, forse il primo che ha suscitato un valore mediatico più alto, lo studio mette in evidenza lo sfruttamento del dramma come passaggio televisivo e non come spunto di riflessione umana, si è sentito il bisogno di raccontare qualcosa che va al di là dell’azione teatrale: una vicenda agita per distruggere quella vista appannata da uno schermo televisivo per riportare alla luce, senza filtri, immagini chiare non lontane ma crudelmente troppo vicine. Clitennestra ha il bisogno di riportare in vita i fantasmi della sua mente, i fatti che l’hanno resa un mostro a dimostrazione della fragilità della donna e della forza della bestia. Sente il bisogno di scandire i tempi dei suoi ricordi, non per estirpare da sé il senso di colpa ma spiegando nel dettaglio la genesi del dramma personale.
La manipolazione di una materia plastica è il cardine di tutto. Si è partiti da un’immagine, quella di un corpo ricoperto da un telo. Immagine a cui tutti siamo oramai abituati. Questo involucro diventa la nostra scenografia, il nostro ambiente sonoro e realmente plastico, funge da elemento naturale e innaturale, da sacro a profano, passa dal respiro alla sua assenza. La parola stessa rievoca trame del passato, esibendo l’animale umano, eliminando il divino evocato solo nella disperazione, lasciando alle mani dell’uomo il potere decisionale.
Alessia Tona & Silvio De Luca
Il Teatro nel Baule
Two
Scherzo d’amore a due
scritto,diretto ed interpretato da Sebastiano Coticelli e Simona Di Maio

Pantomima comico poetica della vita di coppia di due innamorati. L’amore accade quando meno te lo aspetti, irrompe nella vita occupando gli spazi vuoti, disordinando i pensieri, inciampando tra le idee. Conosce la felicità, la consuetudine, le piccole dimenticanze e, alla sua fine, anche l’indifferenza. Una piccola poesia in immagini tra una violinista ed una attore che racconta la storia semplice di un piccolo amore.

Domenica 16 ottobre ore 21:30
Rosaria De Cicco
Bella da morire
di Tiziana Beato

Rosaria De Cicco, madrina della manifestazione, sarà la protagonista di questo reading drammatizzato del corto teatrale di Tiziana Beato “Bella da morire”, la storia di Anna, una dead men make up.
Anna trucca i morti e lavora in un’agenzia di pompe funebri ma non si è trovata per caso nel “mondo dei morti”; Anna ha scelto questo mestiere perché forse disillusa e spaventata dai vivi.
Un racconto amaro e al contempo ironico che affronta il tema della morte come liberazione e distacco, a volte necessario; Anna “rinasce” e si sente viva proprio trai i morti, suoi amici, più vicini al suo animo.

Al termine, avrà luogo la cerimonia di premiazione del vincitore del festival.

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