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Convegno ‘I Cammini della Magna Grecia’

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I Cammini della Magna Grecia


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Il 17 marzo all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli

Riceviamo e pubblichiamo.

Il 17 marzo, dalle 10:00 alle 19:00, presso l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Palazzo Serra, Via Monte di Dio, 14, Napoli, si terrà il Convegno ‘I Cammini della Magna Grecia – Filosofia – Archeologia – Antropologia – Archivi – Arte – Territorio – Turismo’.

Da qualche decennio assistiamo al proliferare di percorsi storici “cammini” o “itinerari”, alcuni più noti come S. Jacopo di Compostela e via Francigena, altri, più contenuti, pensati su temi specifici, che tuttavia evidenziano, nella generalità dei casi, una notevole validità culturale. Ricordiamo il progetto internazionale ‘Il cammino micaelico’ che dalla Cornovaglia va in Sicilia, passando per la Calabria dove il culto di S. Michele, portato dai Longobardi, sopravvive in molti centri attraverso feste e riti autoctoni Albidona, Cinquefrondi.

“L’Itinerario Cassiodoreo”, imperniato sulla figura storica di Cassiodoro che da primo ministro di Teodorico a Ravenna divenne monaco a Scolacium dove, nel VI sec. d.C., fondò due monasteri, il Vivariense e il Castellense e scrisse numerose opere. Cassiodoro, nel video rappresenta il genius loci del territorio: un itinerario che precorre i comuni di Borgia, Squillace, Stalettì, Montauro e Gasperina, con la finalità di far emergere le valenze storico- culturali del territorio.

Oltre al parco archeologico della Roccelletta un insieme di centri storici, di beni dimenticati, alcuni notevoli come La via Randa, un percorso altomedievale, a Stalettì, La Grancia di S. Anna a Montauro, la piccola chiesa della Pietà a Squillace, assieme a quelli più noti, fanno intuire la ricchezza dell’Itinerario, che tuttavia non viene recepito come bene unitario.

Altri itinerari sono in corso di redazione da parte di Italia Nostra intorno ai quali costruire percorsi storici di sviluppo dei beni culturali, paesistici e antropologici.

Tra tutti i beni culturali presenti, tuttavia, il patrimonio archeologico è quello che meglio rappresenta tutta l’area sud del Paese e la Campania in particolare: un patrimonio che aspetta di essere valorizzato, gestito e, in alcuni casi, scoperto. Su questa base di condivisione di principi generali, Italia Nostra sezione Napoli, il Fai Campania, aderiscono alle proposte avanzate dal Convegno di Napoli 17 marzo 2017 in Istituto Filosofico per valorizzazione dei beni archeologici che costituiscono la più ampia e complessa testimonianza storica di tutto l’area Meridionale. Su questi temi, la presentazione di un progetto relativo al “Cammino della Magna Grecia” da parte della Calabria Basilicata e, Campania e Puglia per l’inserimento nei siti “patrimonio dell’umanità” Unesco, rappresenta un primo necessario fattore di condivisione.

Una sfida questa che deve essere raccolta, nella convinzione che ormai nell’era della globalizzazione si debba fare leva su quelle risorse locali in grado di competere a livello globale.

Le Associazioni di categoria, culturali a partire dalla Associazione Eleonora Pimentel in Napoli – L’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli – il Progetto La Tela del Mediterraneo si sono Costituiti in Comitato promotore del Convegno di Napoli: Esther Basile, Carmela Maietta, Maria Rosaria Rubulotta, Lucia Stefanelli, Massimiliano Marotta in rete con il Gruppo presente da Crotone con Maria Ester Mastrogiovanni per dare spazio e inizio a Convegni-Borse di Studio – Ricerche sul territorio in Campania – archivi e mappature.

Le Istituzioni campane possono sostenere non solo inserimento dei Cammini come Patrimonio Unesco e valorizzare zone meno note fuori dai circuiti turistici più frequentati e attivare Corsi di Formazione per attività turistico-culturale che trattino di storia, archeologia, ambiente.

Occuparsi che tale progetto con Egida dell’Istituto Filosofico e del Comitato promotore diventi veicolo di promozione culturale e turistica ed economica con guide turistiche specializzate sui cammini che andremo a determinare. Il discorso si amplia da culturale ad economico.

Valorizzazione patrimonio eno-gastronomico e di tutte le manifestazioni a carattere religioso e tradizionale delle singole realtà presenti in Campania.
Noi chiediamo che il Comune di Napoli e la Regione e i Comuni presenti nei Cammini facciano richiesta Candidatura Unesco per fare Rete, e che la Regione si metta in contatto subito con il MIBAC perché dia suo contributo allo studio di fattibilità in Campania.

Anche la città di Nola è in rete con il Programma del Convegno di Napoli evidenziando la sua adesione per la conosciuta tradizione storico-religiosa I Gigli di Nola e la valorizzazione culturale filosofica già presente da anni sulla figura di Giordano bruno di cui ameremmo procurare tesi di laurea e riconoscimenti, da ricordare il Certamen Bruniano e le Basiliche Paleocristiane.- Anche il Comune di San Vitaliano è in rete con il Sindaco Antonio Falcone che attiverà Studi E Ricerche e Convegni con l’Istituto Italiano per Gli Studi Filosofici.

Velia ha già aderito. Le Scuole di Alta Formazione Filosofica sul territorio italiano contribuiranno ad evidenziare gli Studi con la consulenza della Filosofa Esther Basile.

Le Città della Magna Grecia: Neapolis, l’antica Partenope

La storia della Napoli greca ha inizio, secondo la tradizione, intorno alla metà del VII sec. a. C., con la fondazione di Partenope da parte dei Cumani.
Sorta sulla collina di Pizzofalcone e l’isolotto di Megaride, il suo nome le derivò dalla Sirena eponima Parthenope, che ricollega la sua fondazione al mito omerico di Ulisse.

I più recenti ritrovamenti archeologici portano l’epoca di fondazione di Partenope al terzo quarto dell’VIII sec. a. C. Nel 474 a. C., con la disfatta degli Etruschi nella II battaglia di Cuma, viene ristabilito il controllo greco sulla costa, ma nel 421 a.C. le popolazioni italiche dell’entroterra conquistano Capua, roccaforte etrusca, e Cuma. Con l’espulsione, da parte del Tiranno Aristodemo, dell’aristocrazia cumana, che si rifugiò a Partenope, Neapolis prese così il posto di Cuma nei commerci marittimi e assunse il controllo sul Golfo.

Partenope rinacque così con il nome di Neapolis, città nuova.
Grazie al suo rapporto privilegiato con Atene, Neapolis diverrà ben presto uno dei più importanti porti del Mediterraneo, con uno sviluppo urbanistico che rimase immutato fino alla metà del I Sec. a. C.

La sua ascesa commerciale fu anche favorita dal declino di Siracusa, cui si sostituì l’influenza ateniese, soprattutto nell’età di Pericle, che contribuì ad aumentare la rete di scambi nel medio Tirreno.

Verso la fine del V sec. a.C. però, a causa della guerra contro Archidamo e dello scoppio della peste, i rapporti con Atene si attenuarono e l’equilibrio di Neapolis fu compromesso dall’ascesa del potere degli Osciche nel 420 a.C. sconfissero gli Etruschidi Capua e presero Cuma, i cui abitanti tentarono di rifugiarsi a Neapolis.
Ma Neapolis fece il doppio gioco, accogliendo nella città una parte della popolazione degli Osci.

Nel 327 a.C. I Romani, sentendosi minacciati dal potere sempre più crescente degli Osci, e soprattutto dei Sanniti, alleati di Neapolis inviò un esercito che ebbe la meglio sulla città e sui Sanniti.

Nel corso della II Guerra Punica, Capua, a causa della sua alleanza con Annibale, fu gravemente punita dai Romani che, in un primo momento, si dimostrarono benevoli verso Neapolis, ma le tolsero un po’ alla volta l’autonomia.
Nel 90 a.C.Neapolis venne trasformata in Municipium e da questo momento, con la maggior partecipazione alla vicende di Roma perse oltre all’autonomia il suo predominio commerciale a favore di Pozzuoli

Tra la metà del I sec. a.C.e il I d.C. la, città, un po’ alla volta decadde, trasformandosi in quella città degli “Otia” tanto amata da imperatori e nobili romani.
L’alta società romana fu sempre più attratta da Neapolis, che si arricchì di favolose Ville, come quella famosa di Lucullo, dove i nobili passavano lunghi periodi di riposo e svago e dove anche imperatori come Claudio e Nerone non disdegnavano di rifugiarsi.
Secondo gli storici, questo fu per la città un periodo assai contraddittorio, rappresentata, da un lato, dalla forte componente romana, ma dall’altro dal tenace legame, alle sue caratteristiche marcatamente greche. Augusto la scelse, in quanto città più greca d’Occidente, come “custode della cultura ellenica”.

Con la sua successiva trasformazione in Colonia Romana, si affermò sempre più l’uso della lingua Latina che soppiantò quella Greca e si accelerò il decadimento dei valori culturali della Grecia, di cui Neapolis era stata grande propugnatrice, cedendo così all’inevitabile processo di romanizzazione in atto non solo nella Penisola, ma in tutto il mondo allora conosciuto.

A Napoli la figura di Benedetto Croce con gli Studi storici crociani possono essere ancora una volta veicolo di scambi e gemellaggi con l’estero e le Università straniere. Sia Velia che Paestum fanno parte del Patrimonio dell’Umanità Unesco e costituiscono alcune delle maggiori testimonianze architettoniche ed artistiche della Magna Grecia, per l’imponenza dei resti conservati.

L’itinerario parte da Paestum. Con cartina alla mano ci inoltriamo nei sentieri dell’antica città fondata dai greci di Sibari nel VII sec. a.C. col nome di Poseidonia. Da una rapida occhiata alla pianta ci accorgeremo che la città è tagliata da nord a sud e da est ad ovest da due strade principali, il decumano e il cardo, che si intersecano ad angolo retto, impronta tipica delle città di impianto greco. Immediatamente si presenta alla vista l’imponenza dei templi, ancora ben conservati e di ispirazione nei secoli per vedutisti e pittori.

Il profilo della costiera amalfitana, i campi coltivati, l’isola di Capri e le altezze dei templi greci costituiscono uno dei più affascinanti panorami campani. I primi due templi che incontriamo sono la c.d. Basilica, il più antico e dedicato ad Hera, e il tempio di Nettuno o Poseidonion eretto intorno al 450 a.C. che è invece il più grande e in miglior stato di conservazione. Il tempio di Nettuno può assumere una patina dorata particolare a seconda dell’altezza del sole, per via del travertino con cui è stato costruito.

Ma oltre ai templi nell’area archeologica possiamo soffermarci ad osservare i resti della città: il foro, l’anfiteatro, l’agorà greca e il sacello ipogeo. L’ultimo tempio è quello dedicato ad Athena, ma noto come tempio di Cerere. Fra questo tempio e la Porta Aurea è stato rinvenuto un giacimento preistorico, a dimostrazione della lunga continuità di vita del sito.
Consigliamo la visita, per completezza nella conoscenza dell’area, anche al Museo Archeologico Nazionale, particolarmente importante per le pitture, eccezionale è la Tomba del Tuffatore, e i resti del santuario di Hera Argiva alla foce del Sele.

Ad una distanza di circa 40 km è la seconda tappa del nostro itinerario, Elea/Velia, sito a Castellammare di Velia, nel comune di Ascea Marina.
La città fu fondata dai greci di Focea nel 450 a.C. col nome di Elea, su di un promontorio naturalmente difeso, tra Punta Licosa e Palinuro. La città fu nota nell’antichità per i commerci, per la bellezza e la salubrità dei luoghi e per la presenza di una scuola filosofica legata a Parmenide e Zenone, detta appunto eleatica.

La visita agli scavi parte dalla città bassa e si svolge su circa 90 ettari di territorio scavato. L’ingresso è da Porta Marina sud fiancheggiata da un tratto di mura e da una torre di difesa. Sulla strada si affacciano le case dell’Insula I. Poi si incontrerà il Pozzo-cisterna, facente parte di un complesso di strutture idriche, realizzate per convogliare le acque sorgive e le acque piovane, al centro di un incrocio che porta al porto e all’acropoli.

Lungo la Via del Porto si imbocca in salita la Via di Porta Rosa e si incontrano le terme di II sec. d.C. e una piazza porticata con una fontana monumentale. Proseguendo in salita si giunge a Porta Rosa, opera di ingegneria di altissimo livello. Da qui continuiamo verso l’acropoli, dove sono conservati resti di abitazioni di IV sec. a.C. disposte sul pendio naturale del terreno; è uno dei primi quartieri abitativi al momento della fondazione della colonia.

Riprendendo il cammino in salita si incontra il teatro, rifatto in età romana su un originale greco di IV-III sec. a.C. Probabilmente poteva ospitare sino a 2.000 spettatori. Continuando il cammino, sono possibili soste sulle panchine collocate al fresco sotto gli alberi e da cui si gode di un meraviglioso panorama, si arriva al sagrato della chiesa settecentesca dedicata a S. Maria di Porto Salvo oggi utilizzata come sede di esposizioni. Da qui riprendendo la via Sacra si giunge all’ultima terrazza col tempio forse dedicato ad Atena, i cui resti sono all’interno del fossato di epoca medioevale. Su questi resti si impianta tra l’XI e il XII sec. il Castello, su cui consigliamo la salita per godere del favoloso paesaggio.

Napoli capitale della cultura filosofica, quindi, ma non solo. Una tradizione di pensiero più che bimillenaria, quella napoletana, che ha consegnato alla storia alcuni tra i più grandi filosofi dell’umanità. In questa città si sono formate schiere di pensatori che hanno reso Partenope l’unica città al mondo a vantare una tradizione ininterrotta di pensiero ad altissimo livello per oltre duemila anni.

Il nostro percorso inizia da Ercolano dove tra il 70 ed il 40 a.C. si diffuse enormemente il pensiero del filosofo greco Epicuro, grazie a due maestri di origine siriana: Filodemo di Gadara e Sirone. Il primo operò soprattutto ad Ercolano, il secondo fondò la sua scuola a Posillipo. Nonostante gli storici descrivano Filodemo e Sirone come autori non originali, le testimonianze ci parlano di un grande fervore culturale del territorio.

Filodemo visse nella Villa dei Pisoni, protetto da Calpurnio Pisone Cesonino, il suocero di Giulio Cesare e, proprio in questa villa, sono stati trovati numerosi papiri che contengono frammenti delle sue opere. Nutriva interesse per la logica, per la critica musicale, per la teologia e attirò nella sua cerchia molti intellettuali interessati alla filosofia come “farmaco dell’anima”. Entrambi presero parte attiva alla vita culturale della città: tra i loro allievi ci furono Virgilio ed Orazio oltre a Vario Rufo e Quintilio Varo. Diedero vita ad un vero e proprio cenacolo che riuniva i migliori “ingegni del tempo”.

Parco della Tomba di Virgilio

L’epicureismo trovò dunque la sua sede più adatta non a Roma, che in quel periodo era sede di controverse vicende, ma in Campania, intorno a quel golfo di Napoli che attirava schiere di intellettuali con la sua enorme bellezza. Proprio nella scuola di Posillipo, fondata da Sirone, in una piccola villa circondata da un giardino, di fronte al mare azzurro di Napoli, trovò rifugio Virgilio. Lo stesso poeta descrive in un suo carme, il Catalepton, la residenza che, alla morte del maestro, passò a lui.

La città che molti immaginano come sporca, violenta, disorganizzata e molesta è stata culla della civiltà e nutrimento dell’anima per poeti, artisti, filosofi e uomini politici non solo in epoca romana ma anche successivamente. La città non ha mai interrotto il suo intenso legame con la filosofia.

In epoca medievale è stata teatro della formazione di un eminentissimo filosofo, nonché santo: Tommaso D’Aquino, il Doctor Angelicus, di cui vi parleremo nel prossimo appuntamento.

In seguito tratteremo dei grandi filosofi naturalisti del Rinascimento: Giordano Bruno, Telesio e Campanella, nessuno dei quali è nato propriamente a Napoli, ma che si sono comunque formati in questa città; anche nel Seicento la città partenopea è stata culla della filosofia: parleremo quindi dell’Accademia degli Investiganti e dei suoi esponenti fino ad arrivare a Gian Battista Vico; il nostro percorso proseguirà attraverso il racconto del Settecento “illuminato” di Carlo di Borbone con Pagano, Filangieri, Broggia, Delfico, Genovesi, Galiani e Doria. Nel primo Ottocento ritroveremo Galluppi, Colecchi, Maturi, Labriola e Bertrando Spaventa fino a giungere al filosofo “napoletano” per eccellenza, pur essendo nato a Pescasseroli: Benedetto Croce.

L’attività culturale e filosofica del secondo Novecento a Napoli si incrocia con la storia dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici che ha ospitato anche Gadamer.

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