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“Filumena”: intervista esclusiva a Mariangela D’Abbraccio

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Mariangela D'Abbraccio


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L’artista descrive il suo personaggio e ricorda con affetto e riconoscimento Eduardo e Luca De Filippo

Debutterà al Teatro Diana di Napoli il 13 ottobre dove sarà rappresentato fino al 30, lo spettacolo “Filumena” di Eduardo De Filippo, per la regia di Liliana Cavani, protagonisti Mariangela D’Abbraccio e Geppy Gleijeses, affiancati da Mimmo Mignemi, Nunzia Schiano, Ylenia Oliviero, Elisabetta Mirra, Agostino Pannone, Gregorio De Paola, Eduardo Scarpetta, Fabio Pappacena. Scene e costumi Raimonda Gaetani, musiche Theo Teardo, assistente alla regia Marina Bianchi.

Ed è proprio alla bravissima Mariangela D’Abbraccio, nei panni di Filumena Marturano, che ci rivolgiamo per avere maggiori dettagli su questa rappresentazione, qualche impressione sui primi consensi ottenuti a luglio al Festival dei Due Mondi di Spoleto, e una previsione sulla tappa napoletana.

L’esordio di “Filumena” è stato molto positivo ne siamo felicissimi. La critica, finora, si è espressa in modo favorevole e speriamo di riscuotere lo stesso successo sia a Napoli che in tutte le altre piazze.

È stato un progetto coltivato nel tempo con Luca De Filippo con cui avevo lavorato anche in “Napoli milionaria”. Concedermi i diritti è stato un regalo immenso da parte sua, ha creduto in me dandomi ancora più grinta ed entusiasmo. Poi il tutto si è formato concretamente con Geppi Gleijeses, la produzione, la regia di Liliana Cavani, che ha dato molta importanza al nostro lavoro, e con il resto dell’ottimo cast. Abbiamo iniziato quest’avventura con grande slancio.

Specialmente per un’attrice napoletana, interpretare questo ruolo è un appuntamento importante, un segno di ripartenza di una storia personale.
Certamente da “Filumena” in poi sarò anche diversa, nel senso che avrò superato una prova con me stessa, che non è tanto la difficoltà della parte in sé, perché, lo dico spesso, ho fatto ruoli tecnicamente più difficili, ma questo richiede altro, non “solo” la preparazione e una certa dose di esperienza, piuttosto di far scaturire, sul palco, la propria essenza, il proprio essere. Per questo, ho cercato di essere in scena il meno protetta possibile, con tutto il mio pensiero, tutta la mia anima, aprendomi completamente.
Soprattutto credo sia fondamentale immergersi appieno nelle parole di Eduardo, cercare di capire i motivi per cui scrive non solo questo personaggio, ma l’enorme commedia, capolavoro tutto, che senti totalmente quando stai recitando. Ogni cosa è perfetta e non potrebbe essere cambiata nemmeno di una virgola.
In questo senso è un’esperienza unica, indescrivibile.

Quanto ancora è attuale questa commedia del 1946 nella sua drammatica intensità e nel mettersi completamente a nudo di una donna che afferma l’Amore in tutte le sue sfaccettature possibili, che sia verso se stessa, i figli e il suo uomo?

Ho già lavorato in Filumena Marturano nelle vesti, però, di Diana, l’amante di don Mimì, diretta da Egisto Marcucci, con una protagonista del calibro di Valeria Morriconi, la prima attrice non napoletana a cimentarsi in questa parte.
Quindi ho sentito la commedia in modo differente nel corso del tempo e mi rendo sempre più conto di quanto sia un testo assolutamente potente ed universale.
“Filumena” è la voce della gente, del popolo che richiede rispetto e dignità.
Lei ha avuto la fortuna-sfortuna di incontrare Domenico Soriano che poi l’ha relegata al ruolo che nel suo immaginario borghese era l’unico che potesse avere, quello cioè della donna che aveva raccolto da un casino e con cui conviveva, ma che non poteva di certo sposare.
Una donna, però, che lo attraeva profondamente e non solo da un punto di vista fisico, che stimava molto perché capace di reggere la casa come avrebbe fatto una signora, e che, con intelligenza e senso pratico, era anche una sorta di manager delle sue imprese.

Con questa pièce c’è una forte rottura anche a livello sociale e, conseguentemente, politico, finché si arriva ad una discussione in Parlamento e alla successiva legge sul riconoscimento dei diritti dei figli naturali; in questo, il suo incarico di Senatore a vita è stato determinante.
Eduardo vuole difendere la povera gente, i figli illegittimi o nati da madri sbandate le quali hanno, appunto, lo stesso diritto di avere una famiglia come qualunque altra donna “perbene”.
Il Maestro tenta di dare un riscatto a tutte queste debolezze sociali, cancellando quell’onta infamante affibbiata dalla mentalità del tempo, affermando la rispettabilità di ognuno, indipendentemente, dal contesto sociale cui appartiene.

Il suo messaggio, per questo, è atemporale, a maggior ragione oggi, che stiamo ancora decidendo cosa siano la coppia e la famiglia e cerchiamo di chiarire quello che sia IL diritto umano, parlando, ad esempio, del matrimonio tra persone dello stesso sesso.
C’è ancora tanto da fare in questo senso, ecco perché “Filumena”, come tutti i capolavori, è di un’attualità sconcertante. E proprio perché narra dei sentimenti, delle ansie e delle speranze di sempre è tuttora una delle commedie del dopoguerra più tradotte e rappresentate al mondo.

Quali sono state le indicazioni registiche specifiche per questo ruolo e che margine di autonomia è stata lasciata alla sua interpretazione personale?

Liliana Cavani ha assolutamente dato delle indicazioni registiche molto chiare, ovvero far uscire Eduardo, cercare di scavare le motivazioni che lo hanno spinto a scrivere ogni singolo passo della commedia, che sono, poi, l’elemento più forte del testo.
Ovviamente la regista ha cucito addosso a me la Filumena che vedrete in scena, così come ogni singolo personaggio.
Mi sono concessa quella libertà che generalmente si usa verso chi si accolla un ruolo teatrale tanto impegnativo e complesso. Credo che chiunque abbia la responsabilità del protagonista debba interpretarlo con il pensiero che l’ha più colpito, con l’immagine per lui più rilevante.
Come dicevo prima, mi ha fatto molto piacere leggere dalla critica che abbiamo rispettato Eduardo, seguendone la lezione. Sono convinta che una grande resa attoriale e una grande regia passino soprattutto attraverso il rispetto dell’Autore e di un’opera d’arte che, come questa, non ha zone buie, ma è tutta una perfezione. È stato asserito che sembra eseguita dal Maestro, quasi lui fosse con noi a tirar fuori i significati del suo testo.
Se in questa nostra messa in scena Eduardo esce ancora di più per noi è una grande vittoria.

Filumena è stata interpretata da altre grandissime attici, Titina, Regina Bianchi, Pupella Maggio, Isa Danieli, fino ad arrivare alla trasposizione cinematografica con Sophia Loren. Come ci si approccia ad un testo così importante considerando anche che le protagoniste precedenti sono artiste di un certo calibro?

Chi ha la possibilità di fare in teatro grandi ruoli, in realtà è abituato a questo parallelo.
È una sorta di sfida con se stessi e con la storia, nel senso che ognuno poi lascia il proprio segno nella propria epoca. È un gioco che, da attori, conosciamo già.
Se ti confronti con attrici meravigliose come Anna Magnani e Mariangela Melato, ad esempio, la tua, sicuramente, sarà la tua migliore possibile. Ti impegnerai ancor di più rispetto a quanto avresti fatto normalmente proprio perché è per te uno sprone fortissimo e approfondirai in modo diverso, stavolta per un pubblico differente.
Non sono spaventata da questo, né lo sono stata al debutto, mi sono preoccupata, invece, di non sprecare l’occasione di essere “dentro” al pensiero di Eduardo, alla storia di Filumena, ai significati, perché se lo sei, allora hai centrato il personaggio e, sul palco, riesci ad essere aperta, senza difese, leale.
Questa è stata la mia attenzione principale.

Un ricordo personale e professionale di Eduardo.

Nell’arco della mia carriera teatrale ho avuto una formazione molto legata al grandissimo Giorgio Albertazzi, ma devo tutto ad Eduardo. Teneva delle lezioni di drammaturgia all’Università di Roma nello stesso periodo in cui io frequentavo corsi di recitazione. Chiesi se potessi assistere e mi fu detto che doveva essere lui a darmi il permesso. Mi avvicinai e gli spiegai che non ero iscritta all’ateneo, ma studiavo per diventare attrice e se potessi seguire il suo corso. Mi diede appuntamento l’indomani dicendo che il figlio Luca era in cerca di un’artista per la sua compagnia. Quando andai nel luogo dell’incontro scoprii che si trattava dell’abitazione del Maestro; fu proprio lui a ricevermi.
Trovarmi catapultata a casa di Eduardo che mi diceva che con Luca aveva da dirigere due commedie è stato come un sogno. Un incontro più fantastico di quello non sarebbe potuto avvenire. Dopo pochissimi giorni ero nella compagnia di Luca a recitare nei più grandi teatri italiani, io che, ragazzina, forse non sapevo nemmeno bene cosa fosse far teatro e, in un certo senso, non mi rendevo nemmeno conto della velocità con cui era successo il tutto, frastornata, com’ero, dall’emozione.

Di lui ho ricordi bellissimi e teneri.
Eduardo mi proteggeva molto dalle mie ingenuità iniziali del mestiere, avevo con lui un rapporto molto confidenziale, vista l’incoscienza dell’età. Mi rivolgevo a lui con tutta tranquillità se avevo dubbi o curiosità su una scena, come se fosse stato un uomo di teatro qualunque e non il mito che era e sarà sempre.
Gli altri attori, al contrario, non osavano quasi avvicinarsi a parlargli.
L’ho conosciuto negli ultimissimi anni di vita e, quando è scomparso, ho provato un dolore immenso, così come è successo con Luca, perdita che non riesco ancora ad accettare del tutto.
Entrambi, per cui provo una gratitudine immensa, fanno parte della mia affettività, della mia famiglia, anche se non ci sono ovviamente legami di sangue, così come Carolina, la vedova di Luca.
Sono persone che hanno dato il là alla mia esistenza, dandomi grandi opportunità e continue prove di stima e fiducia. Ero giovane e inesperta, eppure Eduardo, con la sua lungimiranza è riuscito ad intuire che avevo del potenziale da sfruttare e che potevo crescere, ma è pur vero che se non mi avesse dato la possibilità di mettermi in gioco non avrei potuto realizzare niente.
Le occasioni nella vita vanno sì sapute cogliere, ma a volte capita, purtroppo, che non ci vengano affatto offerte, per questo gli incontri sono sempre significativi.
Persone come lui, non normali, ma straordinarie, hanno il dono immenso di riuscire a “vedere” oltre quello che stai dicendo in quel momento.
Luca poi, è stato un compagno di scena fantastico e un amico vero.

Progetti nell’immediato relativamente al teatro?

Stiamo partendo per la tournée che durerà un paio di stagioni e, al momento, per quanto riguarda il teatro, mi concentrerò “solo” su questa pièce, dandole tutta la considerazione che merita.
Non tralascerò, però, l’altra mia grande passione, la musica, che utilizza un linguaggio differente da quello teatrale, ma altrettanto comunicativo e sempre capace di arrivare diritto al cuore.

Sarò di nuovo al Teatro Diana di Napoli il 20 marzo con un concerto, “Anima Latina”, insieme a Musica da Ripostiglio, il famoso gruppo che mi segue da tanti anni, ragazzi eccezionali e musicisti bravissimi. Faremo poche tappe in altre città.
Insomma, ogni tanto, “tradirò” “Filumena”, ma solo per tener viva la mia parte musicale.

L’appuntamento con “Filumena” al Teatro di Napoli, Via Luca Giordano 64, è quindi dal 13 al 30 ottobre.
Per informazioni e prenotazioni si rimanda al sito del teatro.

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Autore Lorenza Iuliano

Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.