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Coronavirus: nel periodo di lockdown crollo del PIL fino al 70%

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Massimo Miani


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Miani: ‘Numeri drammatici, servono strategia e capacità di visione. Salvare liquidità e consumi’

Riceviamo e pubblichiamo.

Le attività economiche di cui è stata disposta la chiusura per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19 avevano contributo alla formazione del PIL dell’anno scorso per il 34,42%.

Quelle rientranti in settori per i quali è stata disposta una chiusura parziale, limitata ad alcune attività soltanto, avevano contribuito per il 23,39%.

Le attività economiche per le quali è rimasto consentito il pieno svolgimento avevano invece contribuito per il restante 42,19%.
Sono i dati che emergono da una elaborazione del Consiglio Nazionale dei Commercialisti su dati ISTAT relativi all’anno 2019.

Secondo i calcoli dei commercialisti, il ‘semaforo del PIL’ – rosso, per le attività dei settori economici interamente chiusi; giallo, per le attività dei settori economici chiusi solo parzialmente; verde, per le attività dei settori economici giudicati essenziali e pertanto interamente consentiti – evidenzia come, dei 1.787 miliardi di euro di PIL 2019:

– 754 miliardi sono riconducibili ad attività di settori economici giudicati essenziali,

– 615 miliardi sono riconducibili ad attività di settori economici chiusi per Covid-19;

– 418 miliardi sono riconducibili ad attività di settori economici parzialmente chiusi per Covid-19.

Sono numeri che, a parere della categoria, rendono tutt’altro che arbitrario ipotizzare, dal lato della produzione un crollo del PIL nell’ordine del 60 – 70% nel periodo di blocco, tenuto conto che anche molte delle attività economiche consentite sono comunque penalizzate in modo fortissimo, sul lato dei consumi e della domanda.

Questi numeri equivalgono a una potenziale riduzione del PIL tra 85 e 100 miliardi per ogni mese di durata del ‘lockdown’ nell’assetto attuale.

Commenta il Presidente del Consiglio Nazionale dei Commercialisti, Massimo Miani:

Queste sono cifre che fanno tremare i polsi e che soprattutto fanno comprendere perché un periodo di lockdown superiore a due mesi avrebbe impatti a due cifre a fine anno.

È del tutto evidente che servono provvedimenti che partano dalla consapevolezza di questi numeri e che siano connotati da un coraggio e una capacità di visione di quello che sarà lo scenario economico nei 12 – 18 mesi di convalescenza dell’economia, una volta terminata la fase più acuta della crisi sanitaria.

Il punto non è dunque varare uno, due o tre decreti da 25 miliardi ma mettere in campo una strategia che metta al centro anzitutto il tema della liquidità con cui assicurare i consumi essenziali delle famiglie e la filiera dei pagamenti tra gli operatori economici fino a quando la macchina, mentre l’apparato produttivo riparte e in parte, si reinventa. Le recenti riflessioni di Mario Draghi sul Financial Times mostrano questa consapevolezza.

Semaforo del PIL

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