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Sguardi, tra spazio e tempo, alla ricerca di una chiara via

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Eternità Diverse, Pietro Riccio 2000


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Un viaggio.

Un cammino “Dentro – Fuori”, come il titolo dell’opera rappresentata sulla copertina del volume, alla scoperta di un percorso che potremmo definire lucido e conscio nella prima parte e più spirituale nella seconda. Con un intermezzo in cui i meri racconti lasciano spazio a punti di vista diversi circa il modo in cui potrebbe svilupparsi ciò che è imperituro.

L’Eternità, appunto.

L’iniziale descrizione di un momento truce, come può essere la fucilazione di un condannato a morte, assaporata in maniera mai uguale da parte dei vari protagonisti della vicenda.

Un plotone vasto e variegato. Colui che per l’angoscia del gesto da compiere non trova il sonno e, disperato per l’impossibilità di un rifiuto, vive in uno stato d’ansia che riuscirà solo in seguito ad incanalare, tramutandola in ammirazione verso colui che muore dignitosamente. Un espediente per far sì che il tempo, finalmente, riprenda il suo incedere solito.

Chi con sprezzante freddezza accetta di compiere il gesto e chi, in quanto soldato modello, acconsente di buon grado per amore della Patria, o addirittura chi lancia sfide per assestare il colpo migliore. Figure coraggiose e consapevoli, all’ apparenza, che si ritroveranno poi ad invidiare la fermezza di spirito del condannato e ad ammettere, non senza un senso di tristezza, l’assoluta incertezza delle proprie vite, così troppo ingabbiati nel loro ruolo di militari per potersi guardare dentro e accettare che, in fondo, sono in costante fuga da se stessi.

Esecutori di un delitto, i personaggi tra le pagine, ma anche uomini senza ruolo, comparse il cui unico scopo è quello di assistere ad uno spettacolo che porta il nome di “Morte”.

Estranei all’atto dell’uccisione che si recano in uno scenario di sangue quasi fosse un circo in cui dirigersi in compagnia ma che, dopotutto, solo così riescono a tirare fuori fragilità nascoste. Padri che barattano col proprio figlio la visione di una finta morte, a patto che il piatto di minestra venga svuotato. Quel “Ti porto a vedere i soldatini” dal sapore Benigniano che, ahimè, con la compassionevolezza del papà de “La vita è bella” ha in comune solo l’idea del gioco.

Un gioco in cui, se un vincitore c’è, è colui che ormai, in punto di morte, fa il bilancio della propria esistenza, tra il ricordo di chi si è perso lungo il cammino ed una serie di rimpianti. Per le cose non dette, per quelle mai fatte o fatte erroneamente, e per degli ideali e dei credo per cui è valsa la pena essere al mondo sino a quel momento.

Momento che porta ad una fase di mezzo in cui si ipotizza un’esplorazione nella memoria attraverso i luoghi e le persone dell’infanzia, oppure un nuovo inizio che si fondi sulla ricerca continua, piuttosto che su una vita fine a se stessa.

Infine, il compimento del viaggio tutto, con la certezza dell’approdo in luoghi inconsueti, in cui bene e male non hanno più distinzione e la visione di una Luce è l’unica cosa che conta, in uno spettacolo in cui si diverrà interpreti di un’altra parte, ancora sconosciuta. In cui presagi onirici e agonìa, fanno posto alla Consapevolezza, che porta il volto di una farfalla dalle ali stanche che, dopo un’iniziale momento di frustrazione, arriva a comprendere l’Essenza delle cose, il Vero: ovunque si venga ri-condotti, a patto che la Luce venga ricercata Dentro, e non più fuori,  lontani ormai dai fantasmi delle illusioni e da schiavitù di pensiero regresse.

Per ritornare nel mondo, in qualsiasi altra forma, purchè Nuovi.