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Lombardia, presentata ricerca su educazione a legalità nella scuola

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Tavolo CROSS


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In Consiglio regionale presentazione della ricerca dell’Osservatorio CROSS ‘Storia dell’educazione alla legalità nella scuola italiana’

Riceviamo e pubblichiamo dall’Ufficio Stampa del Consiglio Regionale della Lombardia.

L’educazione alla legalità nella scuola italiana ha visto le sue prime forme di istituzionalizzazione concrete tra il 1980, l’anno della legge siciliana, e il 1992, l’anno delle stragi.

Inizialmente vi hanno partecipato in modo significativo solo alcune regioni. Si tratta principalmente di Sicilia, Calabria e Campania al Sud, e di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna al Nord. Queste regioni hanno affrontato il percorso con modalità e motivazioni diverse, tanto che si può oggi parlare di differenti modelli educativi alla legalità che si sono sviluppati in questi territori.

Il modello lombardo appare caratterizzato da alcuni importanti tratti distintivi come la forte concentrazione iniziale delle attività formative e di sensibilizzazione nell’area del capoluogo regionale, con una progressiva estensione territoriale per cerchi concentrici negli anni successivi; una elevata autonomia della società civile nello sviluppo delle iniziative, con una rilevante indipendenza dalle amministrazioni locali; il ruolo di leadership e di stimolo esercitato da una quota considerevole di insegnanti meridionali.

Diverso il modello emiliano, che esprimendo riconoscibili peculiarità storiche e politiche è caratterizzato invece da un duopolio nella promozione di iniziative, Bologna e Rimini, e soprattutto dal ruolo giocato dalle amministrazioni locali, anche attraverso le biblioteche, nella promozione e nel sostegno delle iniziative antimafia nelle scuole.

Il modello siciliano è a sua volta contraddistinto da una partecipazione plurale e diffusa sul territorio, specie sulle coste costiere. Se la funzione di Palermo spicca per il tenore delle iniziative amministrative, si pensi all’adozione di un monumento per ogni scuola, e per i successi ottenuti, specie negli anni Novanta, nella lotta all’abbandono scolastico, si ha tuttavia una importante fioritura di iniziative in quasi tutte e nove le provincie siciliane, proprio nella logica auspicata dalla legge del 1980.

Il modello calabrese si qualifica, infine, per il ruolo decisivo che vi giocano a lungo, in una combinazione inedita, due attori particolari: la federazione giovanile del Partito Comunista e la Chiesa cattolica. Si tratta di una miscela politico-civile di cui è più facile rintracciare gli echi nelle esperienze di mobilitazione studentesca nel Sud che in quelle del Nord.

È quanto emerge dal rapporto ‘Storia dell’educazione alla legalità nella scuola italiana’, predisposto dall’Università degli Studi Milano e presentato questa mattina al Belvedere di Palazzo Pirelli. L’evento è stato promosso dalla Commissione speciale ‘Antimafia, anticorruzione, trasparenza e legalità’ presieduta da Monica Forte, in collaborazione con il MIUR e con l’Università degli Studi di Milano.

Ha evidenziato nel suo intervento la Presidente Forte:

L’educazione alla legalità è un tema particolarmente sentito dal Consiglio Regionale della Lombardia perché la partita vera sul fenomeno mafioso la giochiamo innanzitutto a scuola e nei numerosi percorsi formativi che le istituzioni ai vari livelli stanno promuovendo in questi ultimi anni.

D’altronde, nei decenni che ci separano dagli anni bui segnati dalla crescita e dalla diffusione della presenza della criminalità organizzata, la cultura e l’educazione, fatte di esempi e gesti nati dal silenzio, hanno consentito di rompere il pesante silenzio sul fenomeno mafioso e di creare una nuova cultura di fiducia e speranza che è diventata patrimonio comune della nostra società.

La ricerca, frutto di un lungo e approfondito lavoro, è stata sviluppata tra il 2016 e il 2018 dall’Osservatorio CROSS sulla criminalità organizzata, coordinato da Nando Dalla Chiesa. L’Osservatorio sulla Criminalità Organizzata dell’Università degli Studi di Milano promuove attività di ricerca, insegnamento e promozione culturale sui grandi temi della legalità.

È un Centro di ricerca interdipartimentale nato nel 2013 dalla collaborazione del Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche e del Dipartimento di Studi Internazionali, Giuridici e Storico-Politici dell’Università Statale.

Dai contenuti evidenziati dai ricercatori di CROSS, emerge soprattutto come al centro della nuova consapevolezza sociale sulla necessità di maggiore attenzione ai temi della legalità, ci siano le nuove generazioni di studenti di questi ultimi trent’anni che hanno accumulato un livello di conoscenze sul fenomeno mafioso incomparabilmente più alto di quelle che le hanno precedute, e hanno anche espresso nel tempo quadri delle amministrazioni, della politica, dell’informazione, delle professioni, delle forze dell’ordine, della magistratura, che hanno contribuito a dare al Paese nuove consapevolezze e capacità di contrasto.

Accanto agli studenti vi sono poi generazioni di insegnanti, soprattutto donne, che hanno contribuito in modo decisivo, nei momenti più duri, a sorreggere le istituzioni e la stessa cultura democratica. Un ruolo tutto particolare in questo panorama lo giocano infine i testimoni, le persone invitate nelle scuole a parlare con gli studenti e a portare le proprie esperienze di vita. Ci sono le prime mogli che si rifiutarono di tacere, ci sono i familiari che portano esperienze e ricevono coraggio.

Vi sono avvicendamenti di estremo interesse: da monsignor Antonio Riboldi o don Tonino Bello a don Luigi Ciotti, da Giovanna Terranova e Rita Costa, mogli di due giudici palermitani, a due sorelle come Rita Borsellino e Maria Falcone. Da Saveria Antiochia,, madre di un poliziotto, a Giovanni Impastato, fratello di Peppino. E poi l’impatto dei film, dei libri, delle leggende dell’antimafia.

All’iniziativa di Palazzo Pirelli è intervenuto anche il Ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, che ha sottolineato come

riuscire a decodificare e demistificare la mafia è il presupposto fondamentale per affrontarla a viso aperto e l’educazione è la forma più efficace di prevenzione.

La missione della scuola è formare persone libere, autonome, cittadini attivi e responsabili, perché educare alla legalità significa educare alla libertà e ogni giovane escluso dalle possibilità educative è un’opportunità persa per il Paese.

Il Ministro Bussetti ha ricordato come in questa direzione va, per esempio, l’accordo di programma siglato a settembre a Palermo tra Governo e Regione Siciliana per il potenziamento e il miglioramento dell’offerta formativa in Sicilia con l’apertura pomeridiana delle scuole per attività ludico-ricreative.

Ha concluso il Ministro:

Vogliamo inoltre perseguire un migliore impiego dei fondi, comunitari e non, da investire in concrete azioni di contrasto alla dispersione scolastica e annunciamo qui l’intenzione di formare una cabina di regia incaricata di coordinare il lavoro che viene realizzato sul tema dell’educazione alla legalità in tutte le regioni e gli enti locali.

Alla presentazione della ricerca, questa mattina, 22 ottobre, a Palazzo Pirelli erano presenti e sono intervenuti pure il Procuratore Nazionale Antimafia Federico Cafiero de Raho e il Rettore dell’Università degli Studi di Milano Elio Franzini.

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