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Futura o la paura di cambiare

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ChatGPT


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Il ritmo del progresso nell’intelligenza artificiale (non mi riferisco all’IA ristretta) è incredibilmente veloce. A meno che tu non abbia un’esposizione diretta a gruppi come Deepmind, non hai idea di quanto velocemente stia crescendo a un ritmo vicino all’esponenziale. Il rischio che accada qualcosa di seriamente pericoloso è nell’arco di cinque anni. 10 anni al massimo.
Elon Musk

Non capita di rado imbattersi in qualche nuova tecnologia: se non lo facciamo direttamente, attraverso i social e i mass media veniamo comunque invasi da ogni tipo di novità che, di lì a poco, diventerà parte integrante della nostra esistenza.

Il settore dell’intelligenza artificiale (IA) conversazionale, senza ombra di dubbio, sta facendo molta strada negli ultimi anni, con diversi modelli e numerose piattaforme sviluppate per permettere alle macchine di comprendere e rispondere agli input del linguaggio naturale.

Stavolta tocca al ChatGPT, modello evoluto da OpenAI, organizzazione non-profit di ricerca sull’intelligenza artificiale, che promuove lo sviluppo delle AI amichevoli, intelligenze capaci di contribuire al bene dell’umanità che rientra nel GPT-3 (Generative Pre-trained Transformer 3).

Per chi non lo avesse ancora capito, stiamo parlando di modelli di intelligenza artificiale che operano sviluppando una tecnica di deep learning nota come transformer, che trova significato nell’utilizzazione di una rete neurale per analizzare e comprendere il significato di un testo.

Il dispositivo si muove in un ambiente chiuso di contenuti, corredato da 200 miliardi di concetti ed espressioni logiche su cui è stato costosamente addestrato, arrivando a trasmettergli il sapere prodotto e pubblicato fino al 2021.

Sembra poco, sembra molto. Non lo sappiamo ancora.

ChatGPT è stato realizzato e reso pubblico a novembre del 2022. È potente ed è facile nell’uso quotidiano e sta divorando il web. La possibilità di poter usufruire gratis dei suoi servizi è una manna per il comune adepto tecnologico.

In altre parole, uno strumento di elaborazione del linguaggio naturale versatile, che sfrutta algoritmi avanzati di apprendimento automatico per originare risposte simili a quelle umane all’interno di un discorso.

Praticamente, provando ad accedere a questo sito ci è consentito “conversare” con una “persona virtuale”, un’intelligenza artificiale programmata per rispondere a qualsiasi quesito per l’appunto, grazie ad un sofisticato modello di machine learning che possiede un’alta capacità di apprendimento automatico.

Il successo è stato immediato: dal suo lancio nel novembre scorso, il sito web di OpenAI ha ricevuto 304 milioni di visite in tutto il mondo e oltre 3,5 milioni provengono dall’Italia. Ricordiamo che, originariamente, ChatGPT era stata ideata per essere rilasciata in regime di opensource in rete e potersi così servirsi di questa straordinaria palestra di saperi e linguaggi che è internet. Poi ha prevalso l’istinto speculativo, ci sta e si sa.

Ovviamente, si è aperto il dibattito sugli impatti e sulle implicazioni etiche, legali, educative e professionali dell’eventuale utilizzo. Senza fare alcun tipo di approfondimento accademico, ci pare evidente che sono molteplici sono le aree grigie che Chat GPT e le tecnologie equivalenti presentano in relazione al rispetto di norme quali il diritto d’autore e la privacy.

Sappiamo bene che un nuovo strumento digitale porta sempre con sé nuovi pericoli perché tutto ciò attira sempre i malintenzionati: come una vera cartina di tornasole, ChatGPT ha già attirato a sé molti hacker, che in prima battuta hanno realizzato delle copie pressoché identiche del sito o dell’app grazie a cui propagano contenuti malevoli. Questi riescono a customizzare ogni comunicazione, avendo così virtualmente contenuti unici e difficili da distinguere.

Proprio le imprese rischiano di più visto che sono in possesso di informazioni sensibili. E poi non solo, perché questa chatbot delinea un focus che oggi tutti, soprattutto le aziende, devono avere: le competenze delle risorse aziendali e delle loro organizzazioni devono essere più elevate e misurarsi con questi nuovi orizzonti che, dalla sera alla mattina, possono cambiare un intero scenario già disegnato.

Proprio le chatbot sono diffusissime all’interno della gestione “no human” delle aziende per servizi: e se sul piano commerciale sono la più evidente evoluzione dell’assistenza al cliente, dall’altro lato stanno divenendo una specie di telefono amico con la caratteristica del dialogo, del contatto diretto.

Ci stiamo avvicinando ad un cambiamento: da freddo contatto a utile addomesticatore dei nostri umori e delle nostre necessità, tipo, magari, voler confessare un certo momento di disagio personale. Resta che la mutazione, si sa, ha tempi spesso brevi e richiede una risposta immediata per fronteggiare eventuali buchi e gravi perdite.

Parallelamente vanno chiarite e colte le opportunità sul piano della produttività personale, della comunicazione, dello sviluppo informatico contemporaneamente al cautelarle da usi malevoli quali gli attacchi informatici, i vari tentativi di phishing, la contraffazione, le recensioni false.

Chiaramente il perfezionamento del sistema è graduale quanto inesorabile. Perché un poco alla volta ci troveremo di fronte al più realistico dei nostri avatar, ovvero a macchine dotate di capacità relazionali e riflessive che sapranno riprodurre con efficacia tutti gli aspetti distintivi della nostra specie, esibendo una netta opportunità di integrarsi nella nostra attività cognitiva senza affondare in nessun tecnicismo e meccanismo, ottenendo una prima creazione di stampo “frankestiano” di prototipo del “cervello aumentato”.

Praticamente stiamo mutando la nostra specie e il prossimo passo sarà sotto l’aspetto neurologico. Alla fine, quello che si cerca può essere solo quello che non troviamo da chi ci è di fronte?

Ovvero, all’uomo manca l’umanità e, per questo motivo, andiamo a cercarla laddove possiamo attribuirle le nostre volontà e le nostre urgenze, dove possiamo fabbricarla a nostro piacimento senza alcun disturbo, sperando, intimamente, che neanche questo artificio ci possa ingannare o illuderci.

Il contraltare è sempre lo stesso: violare la natura, renderla una categoria del nostro pensiero. Il quesito si è sempre basato sulla realizzazione di un rapporto prometeico con la natura, elemento che tenta di resistere al potere dell’umano a cui nasconde i propri segreti.

La specie umana, grazie all’acquisizione nel corso del tempo della tecnica, ha sempre cercato di affermare il proprio potere, il dominio e la manipolazione sulla natura. Qualche volta ha vissuto l’illusione di aver prevalso, il più, invece, è stato fortemente battuto dalla stessa natura delle cose a cui aveva creduto.

Quello che resta è una prospettiva che va oltre la stessa scienza e cerca, nell’ambito dello sviluppo delle neuroscienze e degli studi sul cervello umano, le relazioni esistenti tra cervello, mente e pensiero, raggiungendo la conclusione che il cervello e il pensiero umano hanno una complessità che non è raggiungibile da una macchina.

Solo la parte che riguarda le capacità algoritmiche, razionali, è trasferibile alle macchine e costituisce una piccola frazione del pensiero umano, il resto è tutto in via di studio e di analisi. La sfida è lanciata, ma è pur sempre uomo vs uomo.

In effetti, quando il nuovo sistema evolutivo urta sulla società e sull’uomo, modificandone intimamente il modus operandi e la condizione esistenziale umana, accende una paura costruttiva, poiché se l’individuo produce progresso evolve anche il sistema.

Potrebbe essere che abbiamo solo paura di cambiare?

E chissà come sarà lui domani
Su quali strade camminerà
Cosa avrà nelle sue mani. le sue mani
Si muoverà e potrà volare
Nuoterà su una stella
Lucio Dalla, Futura

 

 

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Autore Massimo Frenda

Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.