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Diritto canonico e cultura giuridica

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Paolo Grossi (2001)

“La conoscenza del diritto canonico per gli studenti delle Facoltà di Giurisprudenza è imprescindibile in rapporto all’evoluzione storica delle istituzioni giuridiche, alcune delle quali non si capiscono senza di esso”: finalmente nel 1991, la Corte Costituzionale spagnola colloca il diritto canonico nel variegato panorama nella cultura giuridica occidentale restituendogli quindi un ruolo di più ampio respiro e non di una semplice ideologia religiosa. paoloRecupero sacrosanto, sottolinea Grossi, perché obiettivo corrispondente alla stessa realtà storica dell’Occidente nel suo bimillenario divenire. Purtroppo si tratta di un recupero tardivo anche se coraggioso, rispetto ad un diffuso atteggiamento plurisecolare che aveva condannato inesorabilmente il diritto canonico, relegandolo all’esilio del silenzio nel cantuccio più oscuro. Dal ‘500 in poi importanti avvenimenti storici hanno impedito di intendere il diritto canonico nella sua vera essenza, centro di una civiltà giuridica e creatore di essa. “Moderno” evidenzia Grossi, significa anche “secolarizzazione, cioè affrancazione da precedenti servaggi, attacco acre verso il sacro a causa della sua incarnazione nell’incombente Chiesa Romana”. Interprete assoluto del “moderno” è indubbiamente lo Stato, cioè monismo giuridico che rinsalda l’idea che il diritto debba essere “espressione della volontà generale offerta dalla legge”; ma dato che la legge è la volontà del soggetto detentore del potere sovrano, si arriva ad un rigido statalismo, o meglio, ad un rigido monismo giuridico. Controriforma, secolarizzazione e statalismo, eventi storici che caratterizzano il moderno, hanno causato un’incomprensione totale verso il diritto canonico per una serie di cause concatenati. Colpa della Chiesa, che ne faceva un apparato interiore a carattere disciplinare; colpa del pregiudizio della società secolarizzata che guardava con sospetto ad un diritto fatto di preti; colpa dello Stato che presuntuosamente si riteneva unico produttore di diritto e lo ignorava deliberatamente. Il diritto canonico assurge a un ruolo fondamentale nella creazione di una mentalità giuridica; definirlo un semplice ammasso di regole e canoni è decisamente limitativo; è soprattutto una mentalità giuridica tipica e peculiare, perché costruita da scienza e prassi, che oltrepassa i confini della comunità ecclesiale. “Il diritto canonico, spiega Grossi, è l’ordine giuridico di una società sacra proiettata verso la metastoria, sorretta e indirizzata da un unico fine pastorale secondo il mandato del suo divino Fondatore: la salus aeterna animarum”. La Chiesa Romana è ben conscia che il singolo fedele trova la sua salvezza o la sua condanna eterna nel mondo e nel vortice dei rapporti sociali. La scelta per il diritto è semplicemente la valorizzazione del “temporale” , cioè del mondo del peccato e delle fragilità umane in cui si svolge la vicenda dei singoli fedeli. “Il diritto canonico o serve alla salvezza delle anime, o è una clamorosa aberrazione; dunque strumentalità ad uno scopo essenziale, trascendente”, incalza Grossi. Naturale quindi che la Chiesa guardi con sospetto alla dimensione giuridica come pura orditura logica, alle edificazioni cristallizzate in un sistema, al diritto come legge. Generalità, astrattezza e rigidità, tratti distintivi della legge, di fronte ad un diritto strumentale risultano ovviamente inadeguati. Ed è inevitabile che la Chiesa diffidi per prima della legge madre, il Codice, inadatto per i fini dell’ordinamento sacro. L’antitesi particolare/universale e la valorizzazione del particolare stesso sono fortissime nel diritto canonico. L’esempio più eclatante è l’alta considerazione del reo/peccatore che va aiutato nella ricerca della propria salvezza; quel che conta è il peccato/reato commesso da un determinato soggetto in specifiche circostanze. Il teologo/canonista deve approfondire proprio quel contesto per conseguire pienamente l’ideale del giusto. La mentalità canonica è empirica, attenta al particolare, alle circostanze umane e contestuali di un atto; concepisce la regola giuridica come naturalmente elastica, conferisce un ruolo centrale dell’ordinamento al giudice molto più che al legislatore. Tale mentalità è stata determinante per la formazione del common law, che ha una formazione giuridica continua dal medioevo all’età contemporanea. In questo contesto è indispensabile esaltare l’interprete/applicatore in nome della globalizzazione. Globalizzazione intesa come crollo dello statalismo giuridico, rifiuto del diritto ingabbiato in ammassi di leggi, burocratismi e formalismi dei tribunali statali verso la costruzione di un diritto proprio. Ma non solo. Globalizzazione come riscoperta di un pluralismo giuridico. L’attuale globalizzazione rimarca la crisi dei vecchi modelli giuridici e l’impellenza di trovarne di nuovi; in questo ambito il diritto canonico assurge a prezioso momento comparativo. Infatti, spiega Grossi,“l’idea di una norma generale, che può e deve piegarsi ad esigenze particolari quando lo richiedano i due imperativi in stretta congiunzione della ratio peccati vitandi’ e della ‘salus aeterna animarum’, rappresenta un principio laidamente costituzionale, inerente cioè all’istituzione divina e alla costituzione intima della Chiesa”.

Autore Lorenza Iuliano

Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.