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‘La regola del sogno’ al T Fondaco dei Tedeschi

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'La regola del sogno. Un'installazione di Barnaba Fornasetti e Valeria Manzi'


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In mostra dall’8 maggio al 24 novembre a Venezia istallazione di Barnaba Fornasetti e Valeria Manzi

Riceviamo e pubblichiamo.

T Fondaco dei Tedeschi by DFS – il lifestyle department store nel cuore di Venezia, impegnato fin dalla sua apertura anche nell’arte e nella cultura, attraverso un calendario fitto di mostre, incontri letterari, artistici e concerti – presenta dall’8 maggio al 24 novembre ‘La regola del sogno. Un’installazione di Barnaba Fornasetti e Valeria Manzi – The rule of dreams. An art installation by Barnaba Fornasetti and Valeria Manzi’.
Un intervento artistico site – specific che permea tutta la sede del Fondaco dal quarto piano, alla corte fino alla porta d’acqua. Tra volti femminili, scimmie irriverenti e mani che fendono l’aria, l’installazione, firmata da Barnaba Fornasetti e Valeria Manzi, dialoga con gli spazi e con la portata simbolica del luogo che la ospita, giocando con i suoi segni storici.

Niente parole oscene e ingiurie, niente giochi di carte, niente strepiti, niente risse. Per il resto liberi di commerciare.

Queste le severe regole, incise nel marmo all’ingresso del palazzo del Fondaco e imposte ai mercanti ospitati dalla Repubblica Serenissima di Venezia, che i due creativi affidano alle sagome di scimmie che circondano i visitatori e sembrano ammonirli dall’alto della loro irriverenza.

Secondo un analogo gioco di rimando e ribaltamento, di metissage tra codici ed epoche diverse, i volti femminili, riprodotti su grandi dischi e raffiguranti l’iconica musa fornasettiana Lina Cavalieri, omaggiano la bellezza struggente delle opere dei grandi Maestri veneziani, Giorgione e Tiziano, che nel Cinquecento trovavano spazio sulla facciata dell’edificio.

Sagome di braccia e mani, che ora schiaffeggiano, ora accarezzano l’aria, lasciano cadere degli antichi ducati su cui è impresso un invito ad agire con prudenza – ‘Respice finem’, considera la fine, originariamente inciso su una porta dell’ufficio dei Visdomini che amministravano il Fondaco per conto della Serenissima.

La lettura
Il lavoro dei due creativi attinge alla ricchezza storica del Fondaco dei Tedeschi e restituisce al visitatore un gioco ipnotico e conturbante, quale lo stesso linguaggio di Fornasetti è, disseminando lo spazio di riferimenti nascosti e messaggi storici attualizzati con ironia.

Ricomponendo i simboli storici secondo una logica ludica, la memoria vibra, rinnovata, attraverso l’esperienza individuale del visitatore.
Al rigore scientifico della ricostruzione storica si sostituisce un’esplosione immaginativa: Fornasetti apre lo spazio alla componente emozionale, espressiva e narrativa della storia, riportandola a essere un luogo di emozione e di esperienza.

Il testo critico di Demetrio Paparoni
Concepita per il Fondaco dei Tedeschi di Venezia, l’installazione site-specific La regola del sogno presenta immagini tratte dall’archivio Fornasetti espressamente declinate per entrare in dialogo con questo luogo storico. Muovendo dal presupposto che l’arte genera arte, filo conduttore dell’estetica di Piero Fornasetti, fondatore dell’Atelier negli anni Quaranta, Barnaba Fornasetti e Valeria Manzi hanno elaborato un’inedita narrazione che rende omaggio ai grandi maestri veneziani le cui opere sono parte integrante della storia del Fondaco.

Sul piano iconografico il progetto espositivo si relaziona agli affreschi realizzati da grandi maestri del passato per il Fondaco dei Tedeschi. L’installazione site – specific crea un cortocircuito tra il volto di Lina Cavalieri, la musa di Piero Fornasetti, che ne fece l’icona della serie Tema e Variazioni, e i volti femminili ripresi dalle acqueforti a bulino settecentesche di Anton Maria Zanetti riferite agli affreschi di Giorgione e Tiziano, che un tempo si potevano ammirare al Fondaco. Questi volti, visibili sia all’interno che all’esterno dell’edificio, dai portici e dalle nicchie, nelle diverse pose ed espressioni pongono la figura femminile al centro dell’immaginario fornasettiano.

Concepita come un dialogo con il luogo che la ospita, con la sua storia e con le sue memorie, La regola del sogno mette in gioco due tra gli elementi simbolici più significativi della narrazione dell’atelier Fornasetti: sagome di braccia e mani e di scimmie. Le sagome di braccia e mani pendono dall’alto, lasciando cadere degli antichi ducati su cui è impressa la dicitura Respice finem, considera la fine, un invito ad agire con prudenza, mutuato dal piccolo medaglione posto sopra una porta dell’ufficio dei Visdomini che amministravano il Fondaco per conto della Serenissima.

Il gruppo di scimmie, altra figura chiave e motivo ricorrente nell’opera di Fornasetti, fa riferimento a un’ordinanza ripresa da una targa di marmo del 1670 che obbligava i mercanti a tenere un corretto comportamento all’interno del Fondaco, pena l’incarcerazione o il pagamento di una multa: “niente parole oscene e ingiurie, niente giochi di carte, niente strepiti, niente risse”.

Dal punto di vista della storia del Novecento, che attraversa a partire dagli anni quaranta spingendosi fino ai nostri giorni, l’atelier Fornasetti costruisce la propria identità sul paradosso di un’estetica antipop, di un’estetica cioè che non è rivolta alla massa, ma che nello stesso tempo è apprezzata da un vasto pubblico. Sin dai suoi esordi Fornasetti, pur guardando all’arte delle avanguardie storiche, in particolar modo al Dadaismo, al Cubismo e al Surrealismo, ha assunto una posizione obliqua rispetto a questi movimenti, muovendosi nella ricerca della bellezza, estranea alle dinamiche delle avanguardie.

Sappiamo che la principale scoperta del padre del Dadaismo, Duchamp, consiste nell’aver reso possibile dar vita a un’arte sganciata dal concetto di estetica, estranea cioè alla ricerca della bellezza fino al punto da aspirare a lasciarci indifferenti. Anche le sovrapposizioni dei cubisti, l’utilizzo della carta dei quotidiani o di pezzi di legno incollati sul dipinto sono lontani dalla ricerca della bellezza. Dal canto suo anche il Surrealismo non ha rincorso un’idea di bellezza, ma ha cercato di mettere in scena l’inquietudine dell’inconscio, cedendo spesso all’orrifico. Che poi si possa trovare oggi godimento estetico in tutto ciò è tutt’altra storia, che apre a speculazioni teoriche irrisolte, come dimostrano i saggi di Arthur Danto sull’argomento.

La questione è tutt’altro che estranea alle dinamiche dell’estetica fornasettiana, che sin da subito si è posta in posizione dialettica rispetto all’universo visivo dadaista e surrealista, non per aderirvi quanto per indirizzare la propria ricerca verso una ridefinizione del concetto di bellezza. In questo si può ravvisare una vicinanza con Giorgio de Chirico, con il quale l’Atelier ha condiviso e continua a condividere l’interesse per l’architettura classica e per quella rinascimentale, decostruita e ricostruita nelle sue forme in chiave antipop.

Le forme e le immagini di Fornasetti sono trasferite su oggetti d’uso quotidiano senza mai rinunciare all’intervento della mano. Sia che si intervenga sull’oggetto con la pittura o con la laccatura, sia che lo si faccia con una matrice di stampa, il processo tende sempre a porre l’opera in una terra di confine tra artigianato e arte. Nati come esemplari unici e divenuti seriali negli anni Quaranta dopo l’incontro con Gio Ponti, gli oggetti di Fornasetti intendono dunque mantenere un carattere di unicità indipendentemente dalla loro tiratura. In essi è sempre presente la ricerca di materiali preziosi come la porcellana, il vetro o la seta, mentre, laddove vengono utilizzati materiali comuni, questi sono trattati come se fossero preziosi.

A fare sintesi sul piano simbolico di questo processo di ricerca è la forma della mano, che nell’opera di Fornasetti si ripete declinata in modo e in narrazioni sempre diverse, come l’installazione La regola del sogno all’interno del Fondaco dei tedeschi di Venezia dimostra. Al Fondaco, lo si è già detto, sagome di braccia e mani lasciano cadere dall’alto antichi ducati.

L’azione della mano è sempre espressione di un pensiero. Qui come altrove Fornasetti ci ricorda che è usando le mani che l’uomo pensa e trova soluzioni. È come se, parafrasando il famoso detto di Tristan Tzara “Il pensiero si fa nella bocca”, sostenesse che il pensiero si fa nella mano. Le mani cui Fornasetti dà immagine hanno una doppia valenza: sono quelle dell’artigiano che lavora all’opera d’arte e quelle dell’artista che costruisce artigianalmente la propria opera. Questo spiega perché tanto Piero quanto Barnaba Fornasetti, Valeria Manzi e coloro che concorrono al lavoro di questa grande factory milanese avvertano come un abito stretto la definizione di designer.

Informazioni per il pubblico:
‘La regola del sogno. Un’installazione di Barnaba Fornasetti e Valeria Manzi – The rule of dreams. An art installation by Barnaba Fornasetti and Valeria Manzi’
Dall’8 maggio al 24 novembre 2019 @T Fondaco dei Tedeschi – Venezia, Calle del Fontego dei Tedeschi – Ponte di Rialto
Orario: 10:00 – 20:00
Entrata gratuita

'La regola del sogno. Un'installazione di Barnaba Fornasetti e Valeria Manzi'