Ero seduta accanto ad una bambina di sette anni alla fermata del tram.
Mi stava chiedendo come avessi fatto ad accettare l’idea di essere così tanto vecchia, sottintendendo decrepita.
Il discorso lo aveva cominciato lanciando uno sguardo in direzione della sua mamma, completamente ristrutturata da cima a piedi, impegnata in una conversazione fitta fitta al cellulare, qualche metro più in là.
Intanto la bimba, io e la di lei sorellina, seduta in avveniristico passeggino che dall’alto dei suoi sei mesi sorrideva beata facendo roteare un sonaglino, scrutiamo l’orizzonte in attesa del tram. La bimba armeggia col suo trolley e incalza sulla mia abilità ad accettare la vecchiaia.
Le spiego che per me è stato facilissimo, in realtà, perché mi è sempre piaciuto il cambiamento.
Lei non pare troppo convinta, perché la mamma ha una foltissima (posticcia) chioma bionda e ciglia inverosimili che arrivano al mare, mentre io ho la semigobba e le sopracciglia troppo spesse per i gusti della sua famiglia.
Per farle comprendere quello che intendo, le dico:
Va bene, allora per spiegarmi meglio, pensa se io e te non fossimo mai cambiate!
Le indico la sorridente e sdentata sorellina.
Vedi adesso saremmo in tre calve e senza denti alla fermata del tram!
La bimba scoppia in una risata irrefrenabile che spaventa la mamma. Passano tre minuti la bimba ride talmente che le scappa la pipì. La mamma non ha altra scelta che tornare a casa.
Io salgo soddisfatta sul tram.
È una bellissima giornata. C’è il sole, quello della primavera, ma è ancora febbraio, e mi pregusto la sensazione di benessere per la mia passeggiata settimanale a via Caracciolo.
Da ragazze farsi due passi a via Caracciolo era proprio un modo di dire. Erano gli anni Sessanta ed esisteva, finalmente, solo il futuro.
Mentre passeggio parlo con mia sorella Maria, che è morta quindici anni fa. Chiaramente le parlo nella mia testa, è un attimo che la gente pensa che parli al cellulare… nemmeno per matto ti prendono più.
A Napoli parliamo con i morti nostri, continuano a far parte della nostra vita, non è una cosa straordinaria. Certo non tutti rispondono come fa Maria con me, perché magari hanno buoni motivi per non considerare l’interlocutore. Ma tra me e Maria motivi di contrasto non ce ne sono stati mai e dunque…
Mi ricorda di quanto era bello Rosario, con il quale venivamo a passeggiare proprio qua e ci offriva i taralli caldi. Intorno a noi è tutto cambiato: i colori, la velocità delle persone che più che passeggiare corrono e corrono con i cani, con i passeggini, con i monopattini.
Per me è quasi una palestra scansarmi mentre li incrocio.
Davanti a me una coppia di ragazzi perde un libro dallo zaino.
– Giovane hai perduto questo.
Gli urlo dietro e intanto sbircio il libro. ‘L’amica geniale’.
– Grazie mille signora.
Mi risponde con un accento lombardo che non ti puoi sbagliare.
Alla mia età non vai per le lunghe a farti nuovi amici; i vecchi sono quasi tutti morti, o non ti riconoscono più, ed io (purtroppo) non sono ancora così svanita da non annoiarmi mortalmente appunto.
Attacco quindi subito bottone e chiedo ai due ventenni se proprio la lettura di questo libro li ha convinti a venire qui.
– Mia nonna è napoletana ed ha odiato questo libro che io invece ho amato subito.
Capisco bene la nonna di Ornella, è un libro tosto per chi dentro quel tempo c’è stato e riporta su il dolore oltre che i ricordi. Non può essere neutro per noi, soprattutto le donne.
– E hai trovato la Napoli che cercavi?
– Francamente non lo so ancora, siamo arrivati tre giorni fa e mi sto ancora riprendendo dai colori e dai suoni di questa città.
Noto lusingata che non hanno voglia di seminarmi, lascio sempre lo spazio di qualche silenzio per offrire una via di fuga a chi vuole sottrarsi al tempo libero dei vecchi, ma non è il loro caso.
Mi raccontano che il giorno prima sono stati nel ventre di Napoli, da Pasquale De Stefano, l’ultimo dei numerai napoletani, che gentile e disponibile ha raccontato loro della sua famiglia che fa questo mestiere da tre generazioni, un mestiere nato per i commercianti che non sapevano scrivere.
– Ornella è molto turbata, non si sa da che cosa, ma dopo tre giorni nel cuore di Napoli, oggi mi ha chiesto di venire al mare.
So che la vertigine che prova questa ragazza milanese non è lontana da quello che provo pure io, quando mi avventuro nelle vene del centro storico. Forse proprio perché lì la storia e la morte camminano a braccetto, e pure se adesso i negozi di souvenir e i colori parlano continuamente di vita, la città di sotto continua a fare capolino e ad attirarti. Gli abissi sono sempre inquietanti.
– Sapete che io, per esempio, il mito del rione e del quartiere non ce l’ho mai avuto.
– E come mai?
– Mi sembrava un recinto che non volevo. Scappavo sempre al mare e a piazza Plebiscito, che mi sembrava il mondo.
Insisto per offrire loro dei taralli caldi e birra fredda, che io non bevo, dato che torno in tram. Ce li gustiamo mentre chiedo qualche dritta su cosa vedere a Milano, mentre il soffio fresco che viene dal mare mi fa amare ancora il tempo.
Li saluto con nuovi numeri di telefono in rubrica e il cuore più leggero, anche a Maria sono piaciuti, sono sicura che li andremo a trovare.
Maria. Sorella mia. Viviamo tutti sull’orlo di un precipizio. Lo sai bene anche tu. La mia chiave di vita è stata sempre quella di andare con lo sguardo verso il mare e l’orizzonte, piuttosto che nel baratro. Quanto sono belle le vele delle barche a pieno vento.

Autore Barbara Napolitano
Barbara Napolitano, nata a Napoli nel dicembre del 1971, si avvicina fin da ragazza allo studio dell’antropologia per districare il suo complicato albero genealogico, che vede protagonisti, tra l’altro, un nonno filippino ed una bisnonna sudamericana. Completati gli studi universitari si occupa di Antropologia Visuale, pubblicando articoli e saggi nel merito, e lavorando sempre più spesso nell’ambito del filmato documentaristico. Come regista il suo lavoro più conosciuto è legato alle dirette televisive dedicate a opere teatrali e liriche. Come regista teatrale e autrice mette in scena ‘Le metamorfosi di Nanni’, con protagonisti Lello Arena e Giovanni Block. Per la narrativa pubblica ‘Zaro. Avventure di un visionauta’ (2003), ‘Il mercante di favole su misura’ (2007), ‘Allora sono cretina’ (2013), ‘Pazienti inGattiviti’ (2016) ‘Le metamorfosi di Nanni’ (2019). Il libro ‘Produzione televisiva’ (2014), invece, è dedicato al mondo della TV. Ha tenuto i blog ‘iltempoelafotografia’ ed ‘il niminchialista cinematografico’ dedicati alla multimedialità.