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Vissi d’Arte, spettacoli del 29 e 30 agosto

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'I diari di Munch'
'I diari di Munch'


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In scena ‘I diari di Munch’ e ‘Zefiro torna’ a San Domenico Maggiore, Napoli

Riceviamo e pubblichiamo dall’Ufficio Stampa di Hermes Comunicazione.

Dal 29 agosto al 3 settembre 2017 presso la Sala del Capitolo del Convento di San Domenico Maggiore, Napoli, si terrà la rassegna Vissi d’arte – Il teatro racconta i pittori, III edizione, direttore artistico Mirko Di Martino.

Il Teatro dell’Osso presenta la terza edizione di ‘Vissi d’Arte’, l’unica rassegna in Italia che propone al pubblico una programmazione interamente dedicata a spettacoli che raccontano biografie di pittori.

Dopo il notevole successo delle precedenti edizioni, ‘Vissi d’Arte’ torna con un calendario ancora più ricco di spettacoli, con compagnie prestigiose provenienti da diverse regioni italiane che faranno scoprire al pubblico le storie sorprendenti di artisti molto conosciuti per le loro opere ma della cui vita si sa generalmente poco.

Si tratta di vite vissute spesso ai margini della società, vite segnate dalla violenza, dalla droga, dalla sofferenza. Eppure, queste vite così tormentate hanno permesso al genio artistico di emergere e attraversare intatto i secoli.

Biglietti:
intero €12,00;
ridotto €10,00 (<26 >65);
abbonamenti:
3 spettacoli €25,
6 spettacoli € 40

Inizio spettacoli:
ore 21:00

Info:
tel: 342 1785930
email: vissidartefestival@gmail.com
facebook.com/vissidartefestival
www.vissidartefestival.it

Programma

Martedì 29 agosto 2017 ore 21:00
Sala del Capitolo del Convento di San Domenico Maggiore, Napoli
‘I diari di Munch’
scritto e diretto da Gianluca Bottoni
con Gianluca Bottoni, Mara Roberto, Francesca Sarnataro

Nei quadri e nei diari di Edvard Munch si coglie una precisa intenzionalità di scovare e portare alla luce la vita umana, evocando la realtà interpersonale nei suoi aspetti più conflittuali e dolorosi, rendendo evidente un nucleo impersonale e atemporale che li sottende. Munch stesso definisce la sua arte un’autoconfessione, attraverso cui tenta di far luce sul suo rapporto con il mondo, che può aiutare anche gli altri a fare luce nella loro ricerca di verità.

La maggior parte dei suoi dipinti sono caratterizzati dalla rappresentazione degli eventi traumatici della propria vita: la sua arte, però, non si ferma mai ad una mera rappresentazione oggettiva di tali eventi. Non vi è dunque una netta separazione tra mondo esterno e mondo interno lo spazio di vita interno, la condizione mentale, diventa contemporaneamente paesaggio esterno in una totale fusione emotiva, così come noi vorremmo non ci fosse separazione tra il nostro spettacolo e chi viene ad “attraversarlo”.

La scrittura infatti diventa l’ampia gestazione delle sue memorie, luogo in cui riorganizzare e mettere ordine ai suoi deliri, che troverà una sintesi successiva nei suoi quadri. In scena i fogli a terra non rappresentano i fogli dei suoi diari, ma quello che sono per ognuno di noi presenti nella sala: per gli attori gli appunti, e per altri altro, variando da sguardo a sguardo.

Nello spettacolo abbiamo voluto attraversare quattro momenti fondamentali: la genealogia tubercolitica della sua famiglia, il rapporto con Ibsen, di cui dipingerà i bozzetti di alcuni lavori, il suo malato rapporto erotico con Tulla Larsen ed il ricovero nella clinica psichiatrica a Copenaghen. Dopo il ricovero.

Nella ricerca iterata e inchiodata del pittore, quasi estenuante, su ogni singolo tema, dipingere diventa l’unico modo per poter sviluppare un’elaborazione: “quando dipingo la malattia e la sofferenza solo allora io avverto una benefica liberazione”.

La drammaturgia del nostro lavoro è fatta in proposito anche di questo: frasi ripetute, periodi che ricominciano da dove finiscono, parole, aggettivi ricorrenti, coesistenza di piani cronologici apparentemente incongrui.

La nostra scena è in divenire: le sedie fungono da elemento, ma sono anche metonimia di “sensazioni”, sempre restando sedie, proponendo apparentemente una collocazione per tutti, pubblico compreso.

L’importanza del trovare ciascuno una propria collocazione rimanda alla tendenza scientifica della cultura positivista, profondamente determinista, impegnata nel creare una distinzione netta tra ciò che è “accettabile”, e quindi “normale”, da ciò che vi si allontana per motivi ereditari e innati, il diverso, considerato anormale e patologico.

Nel finale non c’è finale ma delle domande aperte, oggi come negli anni in cui visse Munch: che posto mi danno gli altri? Ma soprattutto, che posto do io agli altri?
C’è quindi un filo rosso che non solo risiederebbe in ogni singola esistenza, ma che legherebbe ed intreccerebbe intere generazioni tra loro?

In questa catena intergenerazionale di rimandi e sovrapposizioni emotive e psichiche, come ci poniamo e posizioniamo? “Con quali occhi guardare la faccenda?” Riproporre l’anello della catena o provare a cambiarlo?

Mercoledì 30 agosto 2017 ore 21:00
Sala del Capitolo del Convento di San Domenico Maggiore, Napoli
‘Zefiro torna’
storia di Simonetta Vespucci musa di Botticelli
soggetto di Michela Barone
testi Luciano Tribuzi
coreografie Giulia Fabrocile
costumi Rossana Spera
con Michela Barone e Luciano Tribuzi, attori; Giulia Fabrocile, danzatrice
durata 70′

Lo spettacolo narra la storia di Sandro Botticelli che ormai anziano viene visitato da Zefiro, il dolce vento che lui aveva rappresentato nella Nascita di Venere e nella Primavera, il quale gli riporta alla mente Simonetta Vespucci, la donna che lui ritrasse a figura intera negli stessi due quadri, dipinti peraltro alcuni anni dopo la morte della ragazza.

Viene così raccontata la storia di questa bellissima fanciulla che comparendo in scena, nei panni di una danzatrice, scopre alla fine che in questi due quadri è proprio lei ad esservi rappresentata.

'Zefiro torna'
‘Zefiro torna’