Si conclude con successo la rassegna al femminile ideata da Titti Nuzzolese
Si è tenuta ieri sera, 10 marzo, alle 18:00, nell’accogliente cornice del Teatro TRAM, in via Port’Alba, n. 30, Napoli, la serata conclusiva della rassegna, ‘D maiuscola‘, magistralmente concretizzato dalla splendida attrice Titti Nuzzolese, direttore artistico, che ha saputo, con alta professionalità e spessore, dare nuova linfa vitale al vero volto delle donne.
‘D maiuscola’, dopo un’intensa “cinque giorni“, ha concluso il suo ciclo con un vero tripudio: doppio spettacolo per il numeroso pubblico accorso.
Al termine dell’ouverture di due allieve del Laboratorio di Teatro del TRAM, Luciana Esposito e Rossella Corporente, che hanno mostrato la loro bravura attraverso un reading davvero eccezionale, la giovanissima attrice Simona Seraponte è entrata in scena interpretando dapprima, una Maria di Nazareth straordinariamente rivisitata dalla penna della bravissima Betta Cianchini, in ‘Per grazia ricevuta’; in via comparativa poi, la stessa penna della Cianchini ha dato vita ad un altro personaggio, quello della madre di Massimo, un giovane operaio, vittima di un incidente sul lavoro, in ‘3,5’.
Filo conduttore delle due opere, che sembrano speculari l’una all’altra, è il dolore di una madre per la perdita del proprio figlio.
In ‘Per grazia ricevuta‘, regia Luciano Melchionna, per DadP la Seraponte ha dato voce ad una Maria, scevra di ogni barlume di divinità e, al contempo, completamente calata in una realtà pregna d’ingiustizia e disperazione; nulla di religioso nel tenore del suo vibrato, ma soltanto determinata a proferire al suo “Dio”, per un’amara consapevolezza, che il sacrificio di quel “figlio” è stato completamente inutile e che tutto quel sangue versato non ha comunque cambiato nulla di quel mondo, per cui da duemila anni prega e soffre.
È così che va, è così che andata:
queste, alcune delle parole che la madre delle madri, la madre di ogni figlio, ma soprattutto di quel “figlio”, urla contro quel Dio assente e sordo al suo dolore, che ha lasciato morire il suo Gesù, per la redenzione di un’Umanità, malvagia e perversa, che non si è mai ravveduta e che mai lo farà.
In ‘3,5’, invece, la Seraponte ha interpretato straordinariamente la madre di un giovane operaio che ha perso la vita su un cantiere. Massimo, uomo intelligente, figlio di una madre semplice e genuina; una donna del popolo, dei giorni nostri, che apprende che la morte del suo unico figlio fa parte di una statistica: 3,5 appunto, una percentuale delle morti bianche, innocenti, di persone che perdono la propria vita sul posto di lavoro, per violazione di misure cautelari e di sicurezza che potrebbero in un certo qual modo tutelarle maggiormente, se venissero rispettate e applicate dai datori di lavoro.
Il dolore, già, il dolore: una sfumatura della sofferenza, quella più atroce, che non ha ancora trovato un nome; un termine per dare un’effettiva nomenclatura etimologica alla perdita di un figlio per il proprio genitore. Da Gesù a Massimo, in duemila anni scorrevoli, la penna della Cianchini, per la regia di Luciano Melchionna e l’interpretazione di Simona Seraponte regalano al pubblico del Teatro TRAM emozioni palpabili e tangibili; le lacrime dell’attrice pungono come spilli sottilissimi il cuore degli astanti, che sono rimasti catturati da un’aurea interpretativa di così alto spessore e carisma.
Al termine della performance, sale sul palco la dolcissima Titti Nuzzolese, che accoglie in un caloroso abbraccio la giovane interprete che si commuove per le parole della nota attrice partenopea e, per il calore del pubblico che non è certamente avido di applausi. Poi, da ottima padrona di casa, la Nuzzolese invita nel suo “salotto post spettacolo” la psicoterapeuta Monica Monteriù e Betta Cianchini, entrambe esponenti dell’Associazione “Le funambole” che da tempo si occupa della diffusione della cultura della parità di genere, dando vita ad un interessante dibattito sulle tematiche affrontate.
Alla nostra domanda, rivolta all’attrice Simona Seraponte:
Le sue lacrime, quelle versate nell’interpretazione di entrambe le donne – madri, erano assolutamente vere e palpabili: quali sono state le sue emozioni di dar corpo al dolore di Maria di Nazareth e quello della madre di Massimo?
Senz’alcuna esitazione, la giovane attrice ha risponde:
Nessuna differenza, nessun tipo di differenza.
La risposta è stata assolutamente congrua e adeguata: il dolore, quello vero, quello di una madre che perde il proprio figlio è identicamente atroce per ogni donna; la lacerazione del cuore non fa sconti a nessuno, né se ti chiami Maria di Nazareth, né se sei la madre di un operaio; il dolore è dolore, e quando ti guarda in faccia, non puoi chiudere gli occhi e far finta che non ci sia. Ti divora da dentro e si immerge in quell’organo di fuoco che gli uomini chiamano cuore. Ciò che sarai dopo quel dolore, non sarà nulla di ciò che eri prima che lo conoscessi.
‘D maiuscola’ si conclude con un vero tripudio di pubblico e di critica: un progetto straordinariamente riuscito, grazie alla volontà e alla caparbietà di una donna minuta e dolce come l’attrice Titti Nuzzolose, vero orgoglio del nostro teatro partenopeo, e non solo.
Autore Antonio Masullo
Antonio Masullo, giornalista pubblicista, avvocato penalista ed esperto in telecomunicazioni, vive e lavora a Napoli. Autore di quattro romanzi, "Solo di passaggio", "Namastè", "Il diario di Alma" e "Shoah - La cintura del Male".