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Trascendenza e immanenza

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Trascendenza e immanenza


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Mens super omnia.

Sapeva bene che era questione di minuti; poco più di una manciata di secondi, forse. Dopo le torture, le sevizie, il dolore inoculato nella propria carne, l’uomo, prigioniero nel corpo, ma certamente non nell’anima, alzò finalmente il capo al cielo.

Aveva i polsi legati; la giubba, sua inseparabile compagna negli anni di guerra, che lo aveva accompagnato in ogni suo passo verso la rivendicazione dei diritti di un’intera nazione, era intrisa di sangue e fango; eppure, agli occhi degli astanti, quella vecchia giubba, figlia diretta della Resistenza, appariva come la più lucente delle armature.

L’uomo guardava il cielo, con occhi che mai lo avevano osservato come in quel momento; come in quel preciso istante, in cui le dimensioni stavano aprendo le proprie finestre fra di esse, per agevolare il passaggio delle energie.

E nel mirare quel cielo plumbeo, notò gli squarci di luce che foravano la coltre delle nubi oscure, che lentamente cedevano il passo alla miglioria del tempo.

Era piovuto; la terra era bagnata e l’odore della primavera, l’ultima di quell’esperienza umana, gli inondava il cuore di una certezza: quella morte non sarebbe rimasta impagata. Il sangue innocente, che aveva salvato dalla morsa atavica del male oscuro, avrebbe continuato a vivere su quella terra.

Il cielo; la luce di quel cielo gli stava entrando dentro e, lentamente, prima dell’esecuzione finale, iniziava a percepire il distacco dell’anima dal proprio corpo.

Il “divino“, che al di là del cosmo e dell’universo, al di sopra di ogni altra realtà, fisica e spirituale, gli concedeva misericordia per la sua anima; avvalorando il senso e la pura sostanza del suo sacrificio.

Mentre la materia si sgretolava nel suo senso fisico; mentre la sua energia si ispessiva maggiormente, e i cancelli del cielo sovrastante si spalancavano innanzi al puro Amore, lo sguardo del prigioniero, oscuro per l’avvicinarsi della morte, ma al contempo radioso per l’esplosione della sua anima illuminata, intercettò lo sguardo glaciale e profondo del suo aguzzino.

Si odono colpi di fucile; la morte lo aveva condotto alla dipartita; il silenzio.

Il Dio trascendente si era ripreso il suo guerriero di luce, tutto sembrava compiuto.

Mens insita in omnibus.

I due uomini si erano guardati: l’ariano dagli occhi di ghiaccio lo sfidava ancora una volta: lo osservava sogghignando; ma poi, qualcosa mutò, qualcosa che il mondo fisico non può spiegare, perché non ha logica, né alcun fondamento ontologico. Eppure accade.

Il comandante con la svastica fissò gli occhi del prigioniero e mentre un attimo prima lo guardava con fierezza e supremazia per la superiorità dell’appartenenza alla sua razza, un attimo dopo, nel dare il segno finale per l’esecuzione mortale, i propri occhi si assottigliarono, come per scrutare lo sguardo dagli occhi scuri del suo rivale di battaglia.

Dalla fierezza, passò alla curiosità e da questa giunse, al di là del tempo e dello spazio, ad essere catturato e imprigionato egli stesso, dalla luce interiore di quel giovane uomo, poco più di un ragazzo per la sua età, che intimamente riconosceva essere ricco di doti e valoroso.

L’uomo continuava a guardarlo, non mostrando alcun timore per la sua imminente dipartita; e il comandante, anch’egli giovane, ma più avanti negli anni rispetto al suo antagonista, percepì una sensazione che gli fece vibrare, quel pezzo di ghiaccio che aveva al posto del cuore, e su cui portava i segni oscuri delle sue nefandezze: egli riconobbe, nello sguardo del giovane prigioniero, la misericordia del perdono verso di lui, e verso tutto ciò che di malvagio aveva compiuto e stava ultimando.

Colpi di fucile, morte, silenzio: l’immanenza di Dio, era tangibile per ognuno dei presenti. Il tutto universale era nel “tutto” della materia, e la sua eterna luce, si trovava in ogni granello di polvere e di terra, intrisa di quel sangue innocente versato. Tutto, forse, era compiuto.

I due sguardi si fusero in un unico emblema spirituale: quelle due anime si legarono in terra per mezzo degli occhi e si promisero, nello stato dimensionale, di ritrovarsi a vita nuova, per un’ulteriore esperienza, ove ogni cosa del passato sarebbe stata azzerata e un nuovo inizio inconsapevole avrebbe gestito e condotto quelle due esistenze umane.
Ma non fu così.

Gli occhi del presente, riconobbero gli occhi del passato nel nuovo tempo, e da questo, le due anime si identificarono. Si unirono a tal punto nell’essenza dei propri spiriti, che in terra non originavano altro che bene puro.

Il male del passato, riflesso nell’antitetico bene di quel tempo, si fuse con esso bene, nella dimensione spirituale, annullandosi a vicenda, e discendendo poi in una nuova vita.

Un leggero tinnito, nel momento della umana rivelazione, scosse le loro coscienze, e fu così che gli spiriti, tornarono a “parlare”.

Tutto si era compiuto.

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Autore Antonio Masullo

Antonio Masullo, giornalista pubblicista, avvocato penalista ed esperto in telecomunicazioni, vive e lavora a Napoli. Autore di quattro romanzi, "Solo di passaggio", "Namastè", "Il diario di Alma" e "Shoah - La cintura del Male".