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Torino. Al Caffè Mulassano, tradizione e buongusto

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Caffè Mulassano


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Un tocco di classe e la delizia di un buon caffè immersi nell’antico splendore del passato tra storia, tradizione e leggenda

Torino è una piccola città, circa 840.000 abitanti, animata da intenso dinamismo moderno per essere un importante centro culturale, artistico, universitario e scientifico.
Tuttavia, conserva un eminente sapore di antico.

Le vie e le piazze del centro sono un’anima di tradizione e leggenda, un viaggio nella storia che l’ha vista essere la prima capitale d’Italia.

Nel fiorente periodo dell’Unità e intorno al fervore del Parlamento, nel cuore della città, nascevano ristoranti, pasticcerie e caffè, accoglienti locali di classe, eleganza e buon gusto.

Molti quelli che, ancora oggi, si incontrano passeggiando. Seppur abbiano cambiato attività commerciale, mantengono insegne, vetrine, decorazioni e arredi originali, che retrocedono il tempo e restituiscono una commistione di moderno e passato di cui non si intende perdere memoria.

Nella centralissima piazza Castello si trova il Caffè Mulassano, un piccolo locale nel quale tuffarsi per un viaggio a ritroso.

Amilcare Mulassano nella seconda metà dell’Ottocento apre una bottiglieria in via Nizza, adiacente alla stazione centrale di Porta Nuova, affacciata su piazza Carlo Felice al lato opposto di piazza Castello.

Le due piazze sono unite dal breve tratto di via Roma nel cui mezzo si apre la maestosa piazza San Carlo.

Nel 1907 il trasferimento in piazza Castello 15, dove tuttora si trova. Nel 1925 i coniugi Nebiolo acquistano il locale, che sotto la loro conduzione acquisisce la veste di Caffè.

Un monolocale di circa 30 metri quadri di eleganza nell’originario stile Liberty, molto curato nei particolari, marmi, specchi, boiseries e soffitti a cassettoni con decorazioni in cuoio.

Varcare la soglia del Caffè Mulassano è un balzo emozionale, un richiamo nostalgico di un passato dove persone in abiti eleganti gustano prelibatezze immerse in un tocco di classe.

Di fronte, piazza Castello al cui centro si erge con fiera eleganza architettonica Palazzo Madama, la dimora degli ospiti della famiglia reale.

Abbandonata per alcuni istanti la realtà, affiora l’immagine a tenui colori di un dipinto che evoca la dolcezza delle carrozze al traino di cavallo e il lento andirivieni di genti distinte al passeggio domenicale. Uomini dal baffo arricciato, in cilindro e bastone, a braccetto con signore in abito lungo e cappellino con veletta.

Dal vicinissimo Teatro Regio, i desiderosi di un buon caffè dopo l’opera trovano indicazione del Caffè Mulassano grazie alla lanterna posta nel porticato davanti al locale, che si spegne solo alla chiusura del locale.

Una fontanella sul bancone offre un bicchierino d’acqua depurata, da bere prima di degustare il caffè per esaltarne l’aroma.

Ancora funzionante l’orologio pazzo con i numeri disposti a caso e una sola lancetta azionata su richiesta alla cassa. Al premere di un pulsante si attiva un meccanismo segreto, che sceglie il fortunato con il numero più alto che paga il conto agli amici.

Oltre al caffè espresso, noto in tutto il mondo e che trae origine dall’idea del torinese Angelo Moriondo, inventore della macchina per caffè istantaneo, successivamente divenuto caffè espresso grazie all’ingegno del milanese Luigi Bezzera che, nel 1901, brevettò la prima macchina per caffè espresso, il Caffè Mulassano offre una curata varietà di tramezzini, compreso quello all’aragosta, molto amato.

Il “tramezzino” ha storia torinese, poiché è un’invenzione dei coniugi Nebiolo che, rientrati dagli Stati Uniti, dove avevano lavorato prima dell’acquisto della licenza Mulassano, iniziarono ad usare pane per i toast, preparati con la macchina che portarono con sé dall’America, serviti in accompagnamento all’aperitivo.

Successivamente, proposero pane per toast non tostato e farcito con cura, che negli anni a seguire Gabriele D’Annunzio denominò, appunto, “tramezzino”.

A memoria dell’idea che negli anni ha avuto enorme successo nel mondo, all’interno dello storico locale è posta la targa che cita:

Nel 1926 la signora Angela Demichelis Nebiolo, inventò il tramezzino.

Alla tradizione del tramezzino si affianca la leggenda. Quello che oggi è noto come Pancarrè, il pane dei tramezzini, è una creazione che pare legata all’ultimo boia di Torino, una figura mal considerata, poiché procurava la morte ai condannati.

In segno di disprezzo, i panettieri della città avevano pertanto assunto l’uso di porgere al contrario il pane al boia. Questi accusava tale usanza e si rivolse all’autorità, ottenendo il divieto ai panettieri di praticarla, che iniziarono a produrre un pane a forma di parallelepipedo, senza sotto e sopra, così da tendere al boia il pane al contrario senza che lui avesse rimostranze da esprimere.

L’intersezione tra storia, tradizione e leggenda della città sabauda prosegue per altri curiosi aspetti, in seguito raccontati, esaltando il fascino sollevato dal tenue alone di mistero che la avvolge nell’accogliente discrezione di salotto d’Italia.

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Autore Adriano Cerardi

Adriano Cerardi, esperto di sistemi informatici, consultant manager e program manager. Esperto di analisi di processo e analisi delle performance per la misurazione e controllo del feedback per l’ottimizzazione del Customer Service e della qualità del servizio. Ha ricoperto incarichi presso primarie multinazionali in vari Paesi europei e del mondo, tra cui Algeria, Sud Africa, USA, Israele. Ha seguito un percorso di formazione al Giornalismo e ha curato la pubblicazione di inchieste sulla condizione sociale e tecnologia dell'informazione.