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Tempus fugit: sulla fugacità dell’esistenza

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Il tempo, dimensione sfuggente che scandisce il percorso della vita, è uno dei più interessanti misteri della condizione umana.

Quella sulla fugacità dell’esistenza non è solo mera constatazione fisica ma una vera e propria riflessione esistenziale, che ci invita a confrontarci con il limite antropico per eccellenza: la finitezza.

Tante sono le opere d’arte e di letteratura in cui il tempo viene narrato come un qualcosa che, fluendo inesorabilmente, non può essere arrestato, un fiume che scorre in maniera ininterrotta, trascinando tutto con sé.

Ma che cos’è realmente?

Molti sono i pensatori che hanno cercato di individuarne le peculiarità, esplorandone la natura ed il significato.

Nei Dialoghi di Platone, in particolar modo il ‘Timeo’, diviene espressione della manifestazione dell’ordine sovrumano che, pur non esistendo come entità indipendente, è frutto di creazione divina per allineare il movimento del cosmo, un moto che si collega all’eternità.

Questo approccio mostra come l’umanità abbia da sempre cercato di legare il concetto di tempo ad una dimensione più grande, qualcosa di trascendente che andasse oltre la sfera fisica.

L’idealismo di tali speculazioni, però, ha lasciato il posto a visioni ben più pragmatiche.

Con Henri Bergson, esponente di spicco dello spiritualismo evoluzionistico, assume una duplice sfaccettatura. Così, contrapposto al tempo misurato dall’oggettività della scienza, si individua quel tempo vissuto dalla coscienza, di stampo soggettivo, il cui contenuto qualitativo è dato dall’esperienza di vita. Esso non può essere valutato con precisione, perché fluido, continuo ed individuale.

È un flusso ininterrotto, dove il passato, il presente e il futuro si intrecciano in modo dinamico nella coscienza. Bergson lo descrive come una ‘durata’ percepita dal soggetto e non divisibile in segmenti fissi.

Ciò che resta invariata, nonostante i decorsi storici e le evoluzioni del pensiero sociale, è la considerazione che ad esso non si possa porre freno, potendone solo subire gli effetti del suo indisturbato incedere.

In quest’ottica, l’accezione del tempo misurato dal parametro della coscienza assume ripercussioni interessanti in merito alla riflessione sulla fugacità della vita, la quale porta con sé l’inquietante ma bellissima considerazione che la missione di ognuno ruota intorno all’obiettivo di dilatare la durata del tempo, vivendo con pienezza la vita, nelle proprie esperienze personali.

L’idea di vivere ogni secondo come irripetibile pone l’accento sulla qualità piuttosto che sulla quantità della vita e si scontra spesso con la nostra cultura contemporanea, orientata, invece, verso una costante ricerca di longevità, produttività e accumulo.

La società moderna, infatti, tende a vedere il tempo come un’opportunità da sfruttare, una risorsa da ottimizzare al massimo.

Vivere, dunque, ogni attimo come fosse irripetibile implica un impegno profondo nella consapevolezza collettiva, nell’essere presenti nel qui e ora.

Riconoscere che ogni istante, per quanto fugace, abbia un valore in sé, un potenziale unico che merita di essere sentito appieno, costituisce il più efficace strumento di cui l’uomo dispone, nella sua finitezza, per contrastare gli inarrestabili effetti dell’incedere del tempo e lasciare alla memoria la compiutezza dell’esistenza vissuta.

Il tempo è un’emozione, ed è una grandezza bidimensionale, nel senso che lo puoi vivere in due direzioni diverse, in lunghezza e in larghezza! Se lo vivete in lunghezza, in modo monotono sempre uguale… dopo 60 anni voi avrete 60 anni! Se invece lo vivete in larghezza, con alti e bassi… innamorandovi, magari facendo pure qualche sciocchezza, allora dopo 60 anni avrete solo 30 anni! Il guaio è che gli uomini studiano come allungare la vita, quando invece bisognerebbe allargarla!Luciano De Crescenzo – 32 dicembre

Autore Pina Ciccarelli

Pina Ciccarelli, maturità Classica e Laurea in Giurisprudenza. Appassionata di Storia, Filosofia, Letteratura e Musica. La scrittura nasce dell'evasione, dal desiderio di donare colore alla vita, catartico abbandono all'immaginazione. Tra i sentieri nascosti del sublime, fuori dalle logiche del reale, per scoprire se stessi.