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‘Stories’ a Castel dell’Ovo

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'Stories'


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In mostra dal 20 aprile al 9 maggio a Napoli

Riceviamo e pubblichiamo.

Sarà inaugurata il 20 aprile 2019 alle ore 12:00 presso le sale espositive di Castel dell’Ovo, la grande mostra fotografica del duo J&PEG, Antonio Managò e Simone Zecubi, a cura di Marina Guida, dal titolo ‘Stories’, organizzata dalla galleria Poggiali in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli.

Dopo essere stati selezionati, in occasione della VIII edizione del Premio Fondazione VAF, per un’esposizione tutt’ora in corso al MART – Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, i J&PEG sbarcano a Napoli con un’ampia mostra personale.

Nel progetto pensato per questa occasione espositiva, sei opere di medio formato, realizzate nell’ultimo anno, dialogano con oltre venti lavori – di grande formato – che meglio rappresentano il percorso artistico intrapreso negli ultimi dieci anni dai due artisti milanesi. Il segmento retrospettivo viene ricostruito dagli esordi della ricerca artistica dei J&PEG, partendo dalle opere della loro prima mostra personale, curata da Achille Bonito Oliva, intitolata ‘Working Mates’ e organizzata nel 2008 dalla Galleria Poggiali.

Il percorso espositivo è strutturato su due piani. Il visitatore, entrando nella sala del primo piano, incontrerà una serie di opere del 2010 caratterizzate da scenari complessi ed onirici, nei quali, i soggetti ritratti grazie ad una tecnica singolare – che unisce scatti fotografici e interventi pittorici – agiscono in ambientazioni surreali.

Le scenografie – create in studio e realizzate in camera di posa – nelle quali sono collocati i protagonisti delle opere, sono caratterizzate da fondali totalmente neri, la luce rompendo il buio fitto di un infinito senza misure e forme, improvvisamente svela il mondo degli oggetti fino ai dettagli più impercettibili. La mostra prosegue al secondo piano del castello con una serie di lavori più recenti, eseguiti tra il 2013 e il 2018 – 2019. Il ciclo di opere a colori, che chiude il percorso espositivo, realizzate tra l’anno scorso e quest’anno, hanno l’ambizione di rivelare alcune sfumature comportamentali della società contemporanea attraverso il ritratto fotografico. Sei soggetti, indossano una “maschera” per raccontare quello che non sono, quello che vorrebbero essere, o più precisamente, quello che la società gli impone di diventare.

Nell’ultimo decennio, i social media, hanno cambiato in modo considerevole la percezione del sé e le dinamiche di interazione sociale, insistendo principalmente sulla parte superficiale dell’essere umano: l’estetica. L’individuo nell’utilizzo di questi media, cerca in tutti i modi di velare i propri difetti e fragilità. Questo processo irreversibile ha fortemente influenzato il modo di apparire. I personaggi delle opere in mostra, recitano un ruolo, montato ad arte, esasperandolo. Bloccati in pose teatrali si camuffano divenendo icone della mitologia contemporanea, sono avvolti in atmosfere psichedeliche e suggeriscono un evidente volontà di nascondere al meglio un senso di inadeguatezza.

Il processo mentale di scollamento dalla realtà è riassunto nell’azione performativa dei due artisti, che dopo avere minuziosamente composto la scena in studio, tendono a trasformarla in un ibrido procedurale. Lo scatto fotografico, infatti, diventa proiezione. L’immagine proiettata, attraversa un tessuto – sindone, l’icona che ne deriva viene nuovamente fotografata, diventando l’opera finale.

Attraverso questa operazione meccanica complessa, in un sapiente gioco di riflessioni e proiezioni, la fisionomia dei personaggi e la compattezza formale dei volti, si scinde come in un quadro impressionista, perde definizione, e conseguentemente, la loro anima smarrisce definitivamente il suo nucleo primordiale.

I loro volti si sovrappongono e mescolano con i volti di idoli, star del cinema, icone religiose, in definitiva i miti del nostro tempo. Le dinamiche interne, di Facebook, Instagram e i canali di comunicazione social, rappresentano le fonti d’ispirazione in questo nuovo ciclo di lavori, oltre ai riferimenti iconografici che appartengono all’universo della storia dell’arte, da quella antica a quella contemporanea.

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