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Splendido debutto di ‘Tre sull’altalena’

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Il capolavoro di Lunari in scena al Teatro Piccolo Bellini

Ieri 19 aprile, ore 21:15, ha debuttato presso il Teatro Piccolo Bellini, Via Conte di Ruvo, 14, Napoli, l’intenso spettacolo Tre sull’altalena di Luigi Lunari, in scena fino al 24, prodotto dalla compagnia ‘Le Pecore Nere s.r.l.’, per la regia di Massimo De Matteo, Sergio Di Paola e Peppe Miale, che vede nel cast gli ottimi Massimo De Matteo, Sergio Di Paola ed Eduardo Tartaglia e con il talentuoso Pasquale Termini al violoncello.

Il geniale testo del 1989, tradotto in più lingue e rappresentato ovunque nel mondo, è decisamente degno di nota: intelligente, divertente, capace di stimolare la riflessione, ma anche grottesco, toccante e coinvolgente.

Le interpretazioni sono perfette quanto a resa emozionale, sfumature, tic, posture, toni. La regia inappuntabile, mentre la sublime musica del violoncello contribuisce ad enfatizzare i momenti particolarmente coinvolgenti.

Scena scarna ed essenziale: comunissime sedie da ufficio, tre porte che conducono verso altrettante rampe di scale e una quarta del bagno, una piccola scrivania con un apparecchio telefonico che funziona solo per ricevere, un elenco del telefono di Singapore e un minibar bianco capace di contenere, a seconda del desiderio personale, qualsiasi cosa si cerchi, perfino una cioccolata calda, a comprovare che i vari punti di vista individuali rendono dissimile uno stesso oggetto.

Il colore dominante è il grigio, tinta neutra dell’indefinibile, dell’indeterminabile, di quello stesso imponderabile che è poi la trama che si snoda intorno all’idea dell’altalena che, pur non venendo mai citata, sarà onnipresente.

Tre uomini, diversissimi quanto a carattere, formazione e professione, si ritrovano per motivi differenti in uno stesso posto, o meglio, in un non-luogo, data anche l’assenza di una targa che possa chiarire, con assoluta certezza, dove siano capitati. I tre credono rispettivamente di essere in una discreta pensione per un incontro galante, in un luogo d’affari in cui poter acquistare del materiale bellico e in una casa editrice dove ritirare delle bozze di un libro.

Il commendatore, il capitano e il professore rappresentano, così, alcuni dei pilastri della società: industria, esercito e cultura.

Si succedono inspiegabili stranezze a cominciare dall’impossibilità di orientarsi; il luogo, infatti, sembra convogliare, contemporaneamente, su tre diversi indirizzi, che corrispondono, appunto, alle ricerche di ognuno di loro. E solo chi è entrato da uno dei ingressi è capace di uscirne; gli altri due accessi gli sono negati o, almeno così pare, fino ad un certo momento. Ulteriore metafora sull’ambiguità del quotidiano che ci rende ostaggio delle nostre paure.

Tre uomini in attesa di un qualcosa che non accade e di un qualcuno che non arriverà se non molto dopo, senza, tuttavia, sciogliere il mistero.

Un allarme per un’esercitazione anti-inquinamento li intrappola e, durante la notte, i tre iniziano a chiedersi se non si trovino invece, morti, nell’anticamera per l’aldilà in attesa del Giudizio divino.

Le loro reazioni sono antitetiche proprio per le diverse connotazioni psicologiche: il commendatore è atterrito ed agitato, il capitano, distaccato e noncurante, il professore, logico e razionale.

Lo scambio dialogico che si innesca, a tratti esilarante, serrato e paradossale, concerne le grandi tematiche di sempre: vita, morte, destino, predestinazione, libero arbitrio, esistenza di Dio ed ateismo.

In una perenne precarietà, in un continuo oscillare tra ipotesi e realtà, le loro certezze vacillano per insinuare una serie di dubbi cui è impossibile dare risposta.

Man mano, senza alcun imbarazzo, si toglieranno i pantaloni, ma solo apparentemente per motivi ragionevoli: il professore, per evitare di raffreddarsi dopo essersi bagnato per il violento acquazzone lo aveva precedentemente costretto a rientrare; il capitano, per l’irrinunciabile desiderio di un pediluvio, presa coscienza di essere bloccato fino al giorno seguente; il commendatore, semplicemente per prepararsi per la notte e, soprattutto, adeguarsi ai due.

In realtà il loro rimanere privi dei calzoni, simboleggia non tanto un’esposizione delle gambe nude, quanto, piuttosto, dell’essenza interiore, dell’instabilità, del bisogno di verità, del mostrarsi per quello che si è, senza orpelli o meccanismi di difesa.

Suggestioni, scherzi della mente o arcani che nascondono, invece, qualcosa di più profondo? Riflessioni filosofiche si alternano a considerazioni assurde, apparentemente banali. Momenti in cui gioia e tristezza coincidono perfettamente, come l’insulsa barzelletta che genera ilarità più per l’interpretazione che per il significato e che rimarca, anzi, la solitudine e l’invisibilità dell’uomo agli occhi del mondo.

Le citazioni auliche, tra cui quelle di Leibniz, Schopenhauer, Kant, Epicuro, Parmenide, Shakespeare, Vico, Cartesio, Voltaire sono precise, seppur non colte dal meno erudito dei tre che, forte del suo essere militare, punta ad instaurare un clima cameratesco nonostante le ritrosie del terzo.

Così come si scopre un inatteso, quanto improbabile nesso, tra una citazione della Bibbia e la frivola “barca che va” cantata nella famosa canzone di Orietta Berti. O, ancora, l’invenzione di una brillante massima quale “Dalla vita nessuno esce vivo”.

Ogni situazione, anche la più drammatica, viene affrontata con brio, ironia e leggerezza.

L’altalena, quindi, come visione di corpi ed anime unite in una combinazione di quiete e movimento che rispecchia, sul piano del microcosmo umano, l’Intelligenza stessa che regola ed avvolge il Cosmo.

La ricerca della tela della realtà che, in un vortice continuo, impedisce di stabilire, in modo univoco e definitivo, il nostro posto nel mondo, sottolinea l’impossibilità di governare le leggi universali. Ed ecco spiegata l’assenza di targhe alle porte che possano determinare, con assoluta certezza, dove si trovino veramente.

L’ambiguità esplode dirompente nel momento in cui entra nella stanza un uomo delle pulizie che con i suoi discorsi sfuggenti viene scambiato per l’Angelo del Giudizio. Ovviamente non se ne verrà a capo e quando finalmente il suono della sirena indicherà che l’allarme per l’emergenza è cessato, i tre saranno liberi di tornare alla normalità, ormai per sempre logorata dagli interrogativi rimasti irrisolti.

Forse una trasfigurazione della morte nella sua oscillazione ascensionale, nella dinamica dell’universo in espansione. Forse una sospensione fra cielo e terra. Forse niente di tutto questo. O forse tutto questo e tanto altro ancora.

Innumerevoli le chiavi di lettura, le possibilità interpretative offerte; il pensiero corre al teatro dell’assurdo, a Beckett, Ionesco, a Campanile, ma anche alle situazioni surreali ed oniriche di Kafka.

L’apparente leggerezza con cui le tematiche importanti vengono trattate rende ancora più fluida la rappresentazione che dura poco meno di due ore. Ritmo, gradazioni di toni, luci e ombre contribuiscono a rendere, in maniera ottimale, il senso di precarietà e a rendere la pièce decisamente degna di essere vista.

I prossimi appuntamenti con l’opera ‘Tre sull’altalena’ sono al Teatro Piccolo Bellini, Via Conte di Ruvo, 14, Napoli dal 20 al 23 aprile, ore 21:15, il 24 aprile, ore 18:30.

Autore Lorenza Iuliano

Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.