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SMOCSG, Delegazione Tuscia e Sabina onora Sant’Agostino in Viterbo

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Busto argenteo di Sant'Agostino a Viterbo


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Solenne celebrazione liturgica nella Chiesa della Santissima Trinità

Il 28 agosto la liturgia fa memoria di Sant’Agostino, il grande padre della Chiesa Latina, autore di innumerevoli opere che a distanza di XVI secoli colpiscono ancora per l’attualità del loro contenuto.

La figura del Vescovo d’Ippona è particolarmente legata alla Città dei Papi per la plurisecolare presenza dell’Ordine di Sant’Agostino alla chiesa della Santissima Trinità, nel cui Convento sono passati due grandi Viterbesi distintisi per santità e dottrina: il Beato Giacomo ed il Cardinale Egidio Antonini.

La Chiesa della Santissima Trinità in Viterbo rappresenta, inoltre, fin dalla sua istituzione, il centro spirituale di Delegazione della Tuscia e Sabina del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, sempre profondamente grata ai Padri Agostiniani per la loro paterna guida e squisita accoglienza.

In occasione della ricorrenza, pertanto, mercoledì 28 agosto 2024 una rappresentanza della Delegazione della Tuscia e Sabina, guidata dal Delegato Nob. Avv. Roberto Saccarello, Gran Croce de Jure Sanguinis con Placca d’Oro, ha partecipato alla solenne Santa Messa presieduta alle ore 18:30 dal Padre Vito Logoteto, OSA, Priore della Comunità agostiniana.

Al termine del rito, i Cavalieri Costantiniani hanno accompagnato processionalmente i concelebranti dinanzi l’argenteo busto seicentesco di Sant’Agostino, esposto alla venerazione dei fedeli, per la recita della preghiera ed il canto del tradizionale inno.

Sant’Agostino insegnava che «il cantare è proprio di chi ama» (Sermo 336, 1) e che chi canta prega due volte.

Dal dubbio alla Verità

Il passaggio attraverso la fase del dubbio non fu per Agostino un semplice incidente di percorso, ma fu determinante per fargli trovare la via della fede. Secondo Agostino, infatti, solo chi dubita è animato da un desiderio sincero di trovare la verità, a differenza di colui che non si pone nessuna domanda.

È la consapevolezza della propria ignoranza che spinge a indagare il mistero; eppure non si cercherebbe la verità se non si fosse certi almeno inconsciamente della sua esistenza.

Un tema, questo, di lontana ascendenza socratica e platonica, ma Agostino lo inserisce nell’ottica cristiana del Dio – Persona: è Dio stesso che fa nascere nell’uomo il desiderio della verità.

Un Dio inconscio e nascosto che vuole farsi conoscere dall’uomo. Solo l’intervento della Sua grazia permette alla ragione umana di trascendere i suoi limiti, illuminandola. Ed è così che avviene l’intuizione: essa è un comprendere, e al tempo stesso un credere, che non avrebbe senso dubitare se non ci fosse una Verità che appunto al dubbio si sottrae; e che non si cercherebbe Dio se non Lo si fosse già trovato.

Esprimendo un concetto che sarà ripreso da Pascal, Agostino scriveva che

l’intelletto cerca Colui che ha già trovato
De Trinitate, 15, 2, 2

Sant’Agostino nacque con il nome di Aurelio Agostino dal padre pagano Patricius, un modesto Consigliere municipale e piccolo proprietario terriero di Tagaste, e da madre cristiana, Monica. Quest’ultima eserciterà un grande ruolo nell’educazione e nella vita del figlio.

Africano di nascita e, quindi, probabilmente di madrelingua berbera, apprese e utilizzò il punico e il latino, mentre non imparò mai il greco, l’altra grande lingua di cultura dell’epoca con il latino.

Compì gli studi presso Madaura, Tagaste e Cartagine, dove fu mandato a diciassette anni a studiare retorica. Come autodidatta si interessò alla lettura di Cicerone e dei classici, la lettura dell’Ortensio di Cicerone produsse in lui l’amore per la filosofia.

Dopo la morte del padre, aprì una scuola di retorica a Tagaste, 373, poi insegnò a Cartagine, 374 – 383. Qui Agostino visse per quindici anni in concubinaggio con una donna, dalla quale ebbe un figlio, Adeodato, il quale morì tra il 389 e il 391. Da questa donna si separò nel 836.

Da giovane aderì al Manicheismo, visione che abbandonerà in seguito all’incontro con il Vescovo manicheo Fausto, il quale sorprese negativamente Agostino per la sua ignoranza. Scoperta la vocazione per la filosofia e, in particolare, per il pensiero dei neoplatonici di Plotino, nel 383 si trasferì a Roma, dove insegnò retorica e, appunto, filosofia.

L’anno successivo si trasferì a Milano, dove il praefectus urbis gli procurò un posto di insegnante, con l’intento di contrastare la fama del Vescovo di Milano, Ambrogio. Invece, Agostino resta affascinato dalla personalità di Ambrogio, dal quale viene convertito al cristianesimo nel 385.

Decisivo per la sua conversione – così narra egli stesso nelle sue ‘Confessioni’, testo che diverrà un classico della teologia e della letteratura – sarebbe stata l’esperienza vissuta in un giardino, quando sentì la voce di una bimba che canticchiava tolle lege, ossia prendi e leggi, invito che egli riferì alla Bibbia, che, a quel punto, aprì a caso, cadendo su un passaggio di San Paolo. Diventò così catecumeno e la notte fra il 24 e il 25 aprile 386, vigilia di Pasqua, ricevette il battesimo dalle mani del Vescovo Ambrogio.

Nel 391 venne ordinato sacerdote e nel 396 divenne Vescovo di Ippona, l’attuale Annaba in Algeria, dove fondò un monastero. Da questo momento in poi si dedicherà agli scritti di natura religiosa e da teorico della pace come aspirazione universale degli uomini, combatté a lungo le dottrine eretiche dei donatisti e dei pelagiani, diventando uno dei Padri fondatori del Cristianesimo.

Agostino elaborò le sue dottrine sul peccato originale, istituendo fra il IV secolo e il V secolo il battesimo infantile nella Chiesa cattolica, la grazia divina e la predestinazione.

Si può notare, infine, come la vita di Sant’Agostino sia stata caratterizzata da un percorso religioso irto di difficoltà e ripensamenti, di indecisioni e di periodi nei quali Agostino stesso, nelle Confessioni, si definisce ‘caduto nel peccato’.

Tale percorso portò Agostino ad incarnare la figura, per molti tratti emblematica, dell’uomo che approda con sofferenza e a tappe forzate di maturazione alla religione cristiana, vista come suprema conquista della verità e del bene.

Sant’Agostino morì nel 430, mentre Ippona era assediata dai Vandali.

Agostino scrisse una mole impressionante di opere autobiografiche, filosofiche, apologetiche, dogmatiche, polemiche, morali, esegetiche, raccolte di lettere, raccolte di sermoni, opere poetiche, con metrica non classica, bensì accentuativa, per facilitare la memorizzazione da parte di persone incolte.

Alle opere filosofiche appartengono tre dialoghi, ‘Contra academicos’, ‘De beata vita’, ‘De ordine‘, risalenti al periodo che precedette la conversione. Le opere polemiche sono state scritte per combattere sette ed eresie. Le opere morali comprendono scritti contro la menzogna e sul matrimonio, la verginità il comportamento Cristiano.

Il ‘De doctrina christiana’ si occupa della predicazione, dell’interpretazione della Bibbia e dei rapporti fra retorica classica e retorica cristiana. I sermoni sono caratterizzati dalla chiarezza dell’esposizione e dall’efficacia della nuova retorica, teorizzata nel ‘De doctrina christiana’.

Le opere maggiori di Sant’Agostino sono le ‘Confessioni’, del 397, ‘La città di Dio’, scritta in ventidue volumi tra il 412 e il 426, che costituisce una vera e propria apologia del Cristianesimo messo a confronto con la civiltà pagana, ‘La Trinità’, del 419, pietra miliare della teologia, ‘La grazia di Cristo e il peccato originale’, del 418, oltre a riflessioni sulla grandezza e l’immortalità dell’anima.