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Quattro montanari che giocavano a fare il re

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Re Savoia


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Per fortuna sono stati solo quattro, anzi tre e mezzo, in ottantacinque anni, ma hanno causato danni enormi, che al confronto l’invasione delle cavallette, le pestilenze, o la sostituzione della carta igienica con la carta vetrata sembrano nulla.

Ci riferiamo ai quattro regnanti italiani, di casa savoia (il minuscolo è voluto) che dal 1861 al 1946 hanno giocato a fare i re, ma che non avevano né la struttura, né tantomeno l’acume per farlo, l’unica peculiarità è stata quella di sollazzare i loro ammennicoli, lasciando alcuni figli illegittimi per la penisola. Ovvero Vittorio Emanuele II, Umberto I, Vittorio Emanuele III e Umberto II.

Premessa: questi personaggi non appartenevano al ramo principale di casa Savoia, ma al ramo cadetto, ai Carignano, infatti il primo della stirpe fu Carlo Alberto, che successe a Carlo Felice, morto senza erede.

Partiamo in ordine cronologico da Vittorio Emanuele II, definito dalla stampa di regime “il padre della patria”: mai notizia fu più falsa.

Vittorio Emanuele II

Innanzitutto non cambiò mai nome, non si capisce come il primo re di un neonato Stato possa chiamarsi Secondo e non Primo, poi considerò i territori meridionali e della Chiesa come una conquista, senza mai dichiarare guerra, grazie ai favori dell’Inghilterra, che regalò l’Italia ai Savoia, definiti montanari e cafoni, in cambio del saldo del debito piemontese verso la banca inglese Rotschild.

Molti credono che Vittorio Emanuele non fosse il sovrano originale, poiché a 4 anni rimase coinvolto in un incendio divampato nella sua camera, mentre soggiornava a Firenze.

La balia si prodigò per salvare il principino, tanto da riportare ustioni che le furono fatali. Sebbene il materasso fosse mezzo bruciato dopo pochi giorni il bimbo fu visto illeso aggirarsi per il palazzo, mentre un macellaio, Gaetano Tiburzi, denunciò la scomparsa del figlio e, pochi mesi dopo, si arricchì improvvisamente tanto da acquistare un palazzo dove aprì una nuova beccheria.

Comunque, la somiglianza tra Vittorio Emanuele e il padre, Carlo Alberto, era la stessa che intercorre tra Gabriel Garko ed Alvaro Vitali…

Clamorose, poi, le batoste prese durante le cosiddette Guerre d’Indipendenza, specialmente nella seconda, quando alleatosi con la Francia contro l’Austria, fu da quest’ultima umiliato, tanto che la Lombardia venne ceduta dall’Austria alla Francia e Napoleone III pretese, in cambio, Nizza e la Savoia, luogo d’origine della famiglia, e il “sollazzamento” della cugina di Cavour, Virginia di Castiglione, che si sacrificò per amor di Patria.

Vittorio Emanuele parlava il piemontese e, a stento, il francese. Celebre la sua frase all’arrivo a Roma: “finalmente i suma…” Eppure, la storiografia savoiarda, quella che ci fa ancora credere che noi siamo brutti, sporchi e cattivi e loro i buoni samaritani, lo descrive diversamente.

È stato anche chiamato “il Re Galantuomo”, come se ingravidare le donne del popolo sia da gentiluomini. Si vocifera che il primo figlio di Eduardo Scarpetta, Domenico, fosse invece di Vittorio Emanuele II (fonte https://www.eduardoscarpetta.it/la-famiglia/).

Inoltre, fu responsabile degli eccidi di Pontelandolfo e Casalduni, due paesi del beneventano rasi al suolo i cui abitanti vennero trucidati e della deportazione di migliaia di meridionali nel lager di Fenestrelle… e di tutto questo stiamo ancora aspettando le scuse del “ballerin-televisivo” che ora si atteggia a “calciofilo”.

Passiamo a Umberto I, talmente amato dal popolo che attentarono alla sua vita ben tre volte.

Umberto I

La prima nel 1878 a Napoli ad opera dal “lucano” Giovanni Passannanti, che era armato di un coltellino, quindi non avrebbe mai potuto ucciderlo.

Anche in questo caso la stampa “saboiarda” ci ha ricamato sopra, esaltando il gesto del primo ministro Cairoli o la magnanimità del Re “erotomane”, che commutò la condanna a morte in ergastolo in una cella che era alta e larga come la cuccia di cane; per il povero Passannanti sarebbe stato meglio la morte. Inoltre, il paese natale, Salvia, in provincia di Potenza, fu costretto a cambiare nome in Savoia di Lucania.

La seconda volta che tentarono di eliminarlo fu nel 1897, quando il “toscano” Acciarito, anche lui armato di coltello, fallì nell’impresa.

La terza fu la volta buona, grazie al “pratese” Gaetano Bresci (Toscana batte Lucania 2 a 1) che riuscì ad ammazzarlo nel 1900, dopo che si era sollazzato con una delle sue amanti a Monza, con alcuni colpi di pistola. C’è da dire, però, che la città di Prato non ha mutato nome in Savoia di Toscana…

Eppure sembra strano questo odio verso Umberto! In fondo aveva molto a cuore il popolo italiano, tanto che a Milano, durante alcune proteste operaie, diede pieni poteri al generale Bava Beccaris di sparare anche sulla folla per reprimere la rivolta. Come si fa a non amare questa personcina?

E passiamo al peggiore di tutti, Vittorio Emanuele III, in carica per 46 anni.

Vittorio Emanuele III

Era di bassissima statura – non solo morale – ma amava definirsi “il Re soldato”… lo avrei voluto vedere in una caserma come soldato semplice, sarebbe stato lo zimbello dei commilitoni. Era alto appena 153 cm coi tacchi e, per anni, questa è stata l’altezza minima per poter servire la patria.

La madre, Margherita, per assicurare una discendenza un po’ più alta, organizzò il matrimonio di Vittorino con la “giunonica” Elena del Montenegro, che lo sovrastava in altezza e in “grossezza”. Sembra che durante gli amplessi lui ricorresse alle cartine geografiche per centrare l’obiettivo…

Vittorio Emanuele è stato soprattutto responsabile di milioni di morti e non ha mai concluso una guerra con l’alleato di partenza. Ha sulla coscienza 650 mila morti e 450 mila mutilati della prima guerra mondiale. Fu complice del fascismo, non fermando la marcia su Roma ma offrendo a Mussolini il governo. Firmò le leggi razziali, trascinò l’Italia nella seconda guerra mondiale, scappò da Roma, lasciandola in mano ai tedeschi, poi, all’alba del referendum, si dimise, lasciando il regno al figlio Umberto II.
Ma la sorte dei Savoia era segnata. Gli Stati Uniti temevano che potesse appoggiare il comunismo dopo il fascismo e favorì – e meno male – la vittoria della Repubblica.

Di Umberto II cosa possiamo dire? Nulla, tranne che aveva una moglie intelligente e liberale, Maria José, che intrattenne rapporti stretti con la segreteria vaticana e con il cardinale Montini, il futuro Papa Paolo VI. Subito dopo l’esito del referendum partì per un esilio dorato in Portogallo e non rimise piede in Italia, anche perché la Costituzione vietava ai discendenti maschi di casa savoia di rientrare in patria.

In conclusione, vogliamo citare un fenomeno, il migliore di tutti i savoia, colui che, negli anni Ottanta, al largo della Corsica, mirò ad un canotto e sparò ad un tedesco e ultimamente, durante un soggiorno nelle patrie galere in Lucania, decise, pur essendo solo nella cella, di dormire sul letto superiore del letto a castello e durante la notte… splash, si spiaccicò a terra.

Immaginate se costui avesse regnato…
Cosa ci siamo persi!

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Autore Mimmo Bafurno

Mimmo Bafurno, esperto di comunicazione e scrittore, ha collaborato con le maggiori case editrici. In uscita il suo volume "Image EDITING", attualmente collabora con terronitv.