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‘In principio fu voragine’ al Maschio Angioino

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In principio fu voragine


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In scena il 29 e 30 settembre

Riceviamo e pubblichiamo.

Giovedì 29 e venerdì 30 settembre, ore 21:00, nell’ambito di “Estate a Napoli”, andrà in scena In principio fu voragine lettura scenica di e con Maurizio Capone, suoni, e parole, Antonello Cossia, prodotto da Altrosguardo associazione.

Che cos’è un mito? Più precisamente, che cos’è un mito greco? Un racconto, naturalmente.
Ma bisogna sapere come questi racconti si sono formati, consolidati, trasmessi, conservati.
Nel caso greco, essi sono arrivati a noi soltanto nel momento del declino: sotto forma di testi scritti di cui i più antichi appartengono alle opere letterarie maggiori di ciascun genere, epopea, poesia, tragedia, storia, perfino filosofia, e dove, fatta eccezione per l’Iliade, per l’Odissea e per la Teogonia di Esiodo, appaiono il più delle volte dispersi, in modo frammentario, a volte allusivo.

È infatti molto tardi, solo verso l’inizio della nostra era, che alcuni eruditi hanno messo
insieme queste molteplici tradizioni, più o meno divergenti, per presentarle unite in uno
stesso corpo, allineate le une dopo le altre come sugli scaffali di una Biblioteca.
Si è formata così ciò che è stato deciso di chiamare mitologia greca.

Mito, mitologia, sono proprio parole greche legate alla storia e ad alcuni aspetti di questa
civiltà.

Il racconto storico si è sviluppato come il resoconto esatto di avvenimenti abbastanza
vicini nel tempo. Il mito si presenta sotto forma di un racconto venuto dalla notte dei
tempi e che esisteva già prima che un qualsiasi narratore iniziasse a raccontarlo.
In questo senso, il racconto mitico non dipende dall’invenzione personale né dalla
fantasia creatrice, ma dalla trasmissione e dalla memoria.

Un poema non esiste se non è declamato; il mito è vivo se viene ancora raccontato, di
generazione in generazione, nel corso dell’esistenza quotidiana.
Memoria, oralità, tradizione: sono proprio queste le condizioni di esistenza e
sopravvivenza del mito.

Il racconto mitico comporta sempre varianti, per tutto il tempo in cui una tradizione orale
di leggende è viva e resta impressa sui modi di pensare e sui costumi di un gruppo, essa
cambia: il racconto resta aperto all’innovazione.

Ciò che dà corpo e vita al racconto, ne determina la sua vitalità e attualità: la voce, il
corpo, il tono, il ritmo, il gesto di chi assume su di se la responsabilità, la volontà, la
passione della trasmissione e della condivisione, tutto incarnato nella figura del narratore
che si fa interprete del canovaccio mitico che espone.

Chi racconta, chi si espone, decide comunque di innestare nel materiale a cui si relaziona,
una mistura personale di emozioni, suggestioni, pensieri propri, un portato personale di
vissuto, così da riuscire ad attirare l’attenzione degli spettatori di tutte le età e le
generazioni, con la volontà precisa di rifarsi alla stessa voce che un tempo, secolo dopo
secolo, si rivolgeva agli spettatori del momento per tenere in vita la tradizione e mostrare
le origini e le radici della propria civiltà.

La mia ferma volontà, attraverso questa proposta artistica si conforma totalmente a tale
pratica, il desiderio, l’ostinazione, la tenacia che mi sostiene e mi spinge ad agire, è quella di riuscire a trasmettere queste storie o quanto meno a fare in modo che nel rito comune
celebrato in palcoscenico si possa recepire il risuonare del suo antico eco.

Attraverso la formula della lettura scenica, due linguaggi si fondono per inseguire
l’obiettivo di arrivare e farsi ascoltare da spettatori di ogni età e senza distinzione.
La voce e le percussioni in un continuo scambio di senso e di temi accompagnano una
storia che appartiene a tutti, è radice della nostra civiltà occidentale.

Il riferimento è quello dei cantastorie africani, detti ‘griot’, i quali sotto l’albero centrale
del villaggio, allietano la propria comunità con storie del passato, assumendo l’importante responsabilità di tenere viva la memoria storica.

Non certo pensando di trasformare o migliorare l’esistenza di costoro, ma di sicuro dando corpo a qualcosa di molto vitale e sincero, proprio come la formula alla base del teatro, secondo Peter Brook:
“Il teatro è la vita, la vita alimenta il teatro, lì dove questo non accade, non c’è nessuna
ragione di farlo”.

Sapere cosa si è stati e da dove si viene, può aiutare molto a capire cosa si è dove si vuole
andare nel cammino della propria vita.
Antonello Cossia

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