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‘In principio fu voragine’ al Castello Aragonese

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Antonello Cossia e Maurizio Capone


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In scena il 21 maggio ad Ischia (NA)

Riceviamo e pubblichiamo.

Lunedì 21 maggio, ore 21:00, presso il Castello Aragonese di Ischia (NA) nell’ambito della manifestazione culturale ‘Torri in festa Torri in Luce’ si terrà lo spettacolo ‘In principio fu voragine’ da Jean Pierre Vernant, adattamento, interpretazione e regia di Antonello Cossia, con la collaborazione del musicista percussionista Maurizio Capone. 

Che cos’è un mito? Più precisamente, che cos’è un mito greco? Un racconto, naturalmente. Ma bisogna sapere come questi racconti si sono formati, consolidati, trasmessi, conservati.

Nel caso greco, essi sono arrivati a noi soltanto nel momento del declino: sotto forma di testi scritti di cui i più antichi appartengono alle opere letterarie maggiori di ciascun genere, epopea, poesia, tragedia, storia, perfino filosofia, e dove, fatta eccezione per l’Iliade, per l’Odissea e per la Teogonia di Esiodo, appaiono il più delle volte dispersi, in modo frammentario, a volte allusivo.

È infatti molto tardi, solo verso l’inizio della nostra era, che alcuni eruditi hanno messo insieme queste molteplici tradizioni, più o meno divergenti, per presentarle unite in uno stesso corpo, allineate le une dopo le altre come sugli scaffali di una Biblioteca.

Si è formata così ciò che è stato deciso di chiamare mitologia greca. Mito, mitologia, sono proprio parole greche legate alla storia e ad alcuni aspetti di questa civiltà. Il racconto storico si è sviluppato come il resoconto esatto di avvenimenti abbastanza vicini nel tempo. Il mito si presenta sotto forma di un racconto venuto dalla notte dei tempi e che esisteva già prima che un qualsiasi narratore iniziasse a raccontarlo.

In questo senso, il racconto mitico non dipende dall’invenzione personale né dalla fantasia creatrice, ma dalla trasmissione e dalla memoria. Un poema non esiste se non è declamato; il mito è vivo se viene ancora raccontato, di generazione in generazione, nel corso dell’esistenza quotidiana. Memoria, oralità, tradizione: sono proprio queste le condizioni di esistenza e sopravvivenza del mito.

Chi racconta, chi si espone, decide comunque di innestare nel materiale a cui si relaziona, una mistura personale di emozioni, suggestioni, pensieri propri, un portato personale di vissuto, così da riuscire ad attirare l’attenzione degli spettatori di tutte le età e le generazioni, con la volontà precisa di rifarsi alla stessa voce che un tempo, secolo dopo secolo, si rivolgeva agli spettatori del momento per tenere in vita la tradizione e mostrare le origini e le radici della propria civiltà.

La voce e le percussioni in un continuo scambio di senso e di temi accompagnano una storia che appartiene a tutti, è radice della nostra civiltà occidentale.

Il riferimento è quello dei cantastorie africani, detti ‘griot’, i quali sotto l’albero centrale del villaggio, allietano la propria comunità con storie del passato, assumendo l’importante responsabilità di tenere viva la memoria storica.

Non certo pensando di trasformare o migliorare l’esistenza di costoro, ma di sicuro dando corpo a qualcosa di molto vitale e sincero, proprio come la formula alla base del teatro, secondo Peter Brook:

Il teatro è la vita, la vita alimenta il teatro, lì dove questo non accade, non c’è nessuna ragione di farlo.

Sapere cosa si è stati e da dove si viene, può aiutare molto a capire cosa si è dove si vuole andare nel cammino della propria vita.

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