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Il passato, di Asghar Farhadi

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Nell’immaginario collettivo il Cinema iraniano è sinonimo di noia, di storie e modi di raccontarle lontane anni luce dalla concezione conformista dello spettatore medio occidentale: Asghar Farhadi è senz’altro il regista che in pochi anni, con il suo lavoro, è riuscito a ribaltare questo luogo comune.

Da ‘About Elly’ al pluripremiato ‘Una separazione’, Orso d’Oro a Berlino 2011, Premio Oscar 2012 tra gli altri, fino al più recente ‘Il cliente’, Premio Oscar 2017, la capacità di rendere trasparenti alcune barriere pregiudiziali, quasi sempre insormontabili nell’approccio ad opere di determinati paesi, lo ha reso uno dei registi contemporanei più bravi nella narrazione di problematiche della realtà quotidiana, di vita vissuta.

‘Il passato’ è una conferma delle sue doti e racconta il ritorno, dopo quattro anni, dell’iraniano Ahmad a Parigi per firmare il divorzio richiesto dalla moglie francese Marie, madre di due ragazze avute da un precedente matrimonio e legate da sincero affetto al patrigno, sopratutto Lucie, la più grande, che lo ha sempre considerato il vero padre.

Anche per questo affetto l’adolescente non accetta di buon grado il rapporto sentimentale che da circa un anno lega la madre a Samir, un uomo sposato con una donna che è in coma da otto mesi in seguito ad un tentato suicidio.

Questo evento tragico diventa la condizione principale dei cambiamenti avvenuti nei protagonisti della storia perché Marie e Samir, che erano amanti, in seguito al tentato suicidio diventano una coppia a tutti gli effetti tanto che l’uomo, con il figlio di otto anni, si trasferisce a casa della donna anche perché Marie è incinta e comincia a pensare al matrimonio con l’attuale compagno.

La donna fa tornare Ahmad da Teheran appunto per chiedergli di formalizzare il loro divorzio, ma il quadro familiare che l’uomo si trova davanti all’arrivo non è dei più rosei e il comportamento astioso e scostante della giovane Lucie è la dimostrazione di come qualcosa impedisca a quelle persone di convivere e andare avanti serenamente.

Il movente del suicidio della moglie di Samir diviene la causa principale degli stati d’animo di ognuno dei personaggi e, tra sensi di colpa, segreti lancinanti e rapporti conflittuali, tutti si troveranno dinanzi ad un bivio, costretti ad una scelta che volenti o nolenti li porterà a fare i conti con il passato.

Nello scrivere la sceneggiatura di questo film, Fahradi si è reso conto dell’importanza che assumeva il concetto di coma nella morale della storia che avrebbe raccontato e più in generale nella vita.

Una persona in coma può essere considerata morta o è ancora viva? Il coma come via di mezzo, come dubbio esistenziale – siamo nella vita o nella morte? -, una condizione spirituale che porta al nesso decisivo con la trama del film: bisogna privilegiare una certa lealtà verso il passato o rinunciarvi per proiettarsi verso il futuro?

L’intensità drammatica de ‘Il passato’ è reale e non esagerata e fa i conti con un’umanità che vive una condizione moderna, la famiglia allargata, alle prese con problematiche ordinarie, come quelle di un divorzio, e straordinarie, come quelle di un coma che simboleggia l’ostacolo a liberarsi definitivamente dal passato.

Il regista ha scelto ottimamente gli interpreti del film trovando una Bérénice Bejo in stato di grazia dopo i fasti di ‘The artist’ e giustamente premiata a Cannes per questa interpretazione; ma vanno elogiati i due attori, Tahar Rahim, apprezzato ne ‘Il profeta‘, e Ali Mossaffa, che, con eccellente trasporto emotivo, hanno vestito i panni di personaggi a loro modo passivi, quasi inermi di fronte alla tragicità e all’impeto delle figure femminili del film, tra cui c’è una bravissima Pauline Burlet che interpreta l’adolescente Lucie.

Dalla scrittura alla tecnica nel girare, Asghar Farhadi ha esaltato la condizione emotiva dei personaggi e la scelta di privilegiare la stabilità della macchina da presa, a differenza delle riprese a spalla dei suoi film precedenti, evidenzia la capacità che ha una regia fatta bene di incidere in un racconto, visto che ne ‘Il passato’ le azioni non si vedono, ma si percepiscono gli effetti di eventi trascorsi sullo stato d’animo dei protagonisti.

Candidato agli Oscar come miglior film in lingua straniera ‘Il passato’ è la prima opera girata fuori patria dal regista iraniano.

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Autore Paco De Renzis

Nato tra le braccia di Partenope e cresciuto alle falde del Vesuvio, inguaribile cinefilo dalla tenera età… per "colpa" delle visioni premature de 'Il Padrino' e della 'Trilogia del Dollaro' di Sergio Leone. Indole e animo partenopeo lo rendono fiero conterraneo di Totò e Troisi come di Francesco Rosi e Paolo Sorrentino. L’unico film che ancora detiene il record per averlo fatto addormentare al cinema è 'Il Signore degli Anelli', ma Tolkien comparendogli in sogno lo ha già perdonato dicendogli che per sua fortuna lui è morto molto tempo prima di vederlo. Da quando scrive della Settima Arte ha come missione la diffusione dei film del passato e "spingere" la gente ad andare al Cinema stimolandone la curiosità attraverso i suoi articoli… ma visto i dati sconfortanti degli incassi negli ultimi anni pare il suo impegno stia avendo esattamente l’effetto contrario. Incurante della povertà dei botteghini, vagamente preoccupato per le sue tasche vuote, imperterrito continua la missione da giornalista pubblicista.