30 luglio 2017, ore 07:30.
Sono appena uscito dalla stazione metropolitana di Barcelona, nel quartiere de La Salut, nel distretto de Gracìa. Mi ritrovo davanti una scalinata di circa quattrocento gradini, o giù di lì.
Nonostante fossi in piena stagione estiva, l’aria è frizzante, piacevole e ciò mi conforta ad intraprendere questa mission impossible delle mie gambe da quarantenne che reclamano silenziosamente la freschezza di quelle dei vent’anni.
Nel salire la predetta scalinata, percepisco intuitivamente di avvicinarmi ad un luogo dalle fattezze peculiari. Il respiro diventa affannoso, i muscoli delle gambe sembrano “infiammarsi”, eppure, la meta si avvicina e lo spirito interiore comincia a “scalpitarmi” dentro. Ciò non accade sempre, ma quando avviene, mi rendo conto che l’atmosfera intorno a me cambia e nella sua mutevolezza si aprono inevitabilmente “nuovi varchi”.
Raggiunto il parco, sono completamente investito dal rigoglio della vegetazione fitta e prolifera. Intravedo dei turisti americani e mi accodo a loro. Ci sono giapponesi, inglesi. Sono le prime ore del mattino e già la città mi sembra lontana anni luce.
Lì, in quel parco, è tutta un’altra “storia”.
Dopo aver percorso alcune centinaia di metri in quello spaccato di natura, raggiungo la piazza, delimitata da un sedile sinuoso, simile ad un serpente di 150 metri di lunghezza, ricoperto da variopinte ceramiche di recupero e pezzi di vetro.
Il luccichio di Gaudí investe la visuale dello sguardo, quasi da accecarmi, nascondendomi i reali sensi misterici del posto.
La piazza, in realtà, strutturalmente è il tetto della sottostante Sala ipostila delle 100 colonne, di cui furono completate solo 86 rispetto a quelle previste da progetto.
Si dice che Gaudí e l’impresario Eusebi Guell, si fossero ispirati al Tempio di Apollo a Delphi.
Per quanto fossero magicamente suggestive, e la piazza e il colonnato, da dove poi si discende verso la fontana a forma di salamandra che simboleggia l’alchimia e il fuoco, ciò che cattura la mia attenzione sono i pilastri in pietra che sorreggono l’intera struttura.
Ve ne sono a decine e ognuno di essi, per quanto apparentemente simili tra di loro, sono l’uno diverso dall’altro. Alcuni riportano dei fregi in bassorilievo che raffigurano immagini particolari, ma che ben si distinguono, come la donna che regge la cesta poggiata sul capo, altre invece, più criptiche, rappresentano immagini amorfe che solo un osservatore ben attento dal punto di vista esoterico e alchemico può cercare di decodificare.
La pietra sembra disciolta come sabbia marina, indurita dal vento e dalla salsedine.
I pilastri in pietra sono “simili” a degli alberi di palma: alcuni sostengono che, essendo la palma simbolo dell’abbondanza, Gaudí ne costruisse molti nel parco al fine di ricordare a Guell la consistenza dei suoi futuri onorari per l’opera intrapresa e da ultimare.
Altri, invece, ritengono che i pilastri di palma rappresentino la longevità e quindi la possibilità di una vita lunga, se non eterna, grazie all’alchimia di cui l’architetto spagnolo dissemina “indizi”, nelle costruzioni del parco, dal forte valore e potere simbologico.
Per quanto Parc Guell risulti incompleto rispetto al progetto originario: ci sono soltanto tre abitazioni edificate, ma se ne prevedevano molte di più; così come la Sala delle 100 colonne, etc, “il giardino magico” di Gaudí resta un luogo intriso di mistero e codici criptici di non semplice soluzione, che l’architetto della Sagrada Familia ha lasciato in eredità ai posteri, cercando di rivelare, ai “pochi eletti”, il senso misterico della conoscenza che aveva appreso dagli elementi naturali che tanto amava trasmutare alchemicamente, per creare nuove e peculiari “forme”.
Probabilmente l’incompletezza di Parc Guell è l’inizio della sua “chiave di lettura”.
Autore Antonio Masullo
Antonio Masullo, giornalista pubblicista, avvocato penalista ed esperto in telecomunicazioni, vive e lavora a Napoli. Autore di quattro romanzi, "Solo di passaggio", "Namastè", "Il diario di Alma" e "Shoah - La cintura del Male".