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‘Non domandarmi di me, Marta mia’ a Sala Assoli

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'Non domandarmi di me, Marta mia' - ph Manuela Giusto


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In scena dal 28 febbraio al 1° marzo a Napoli

Riceviamo e pubblichiamo.

Le tracce di una passione, di un’affinità elettiva e di un amore in un carteggio, quello che Marta Abba legge e rilegge in un camerino di New York la notte del 10 dicembre del 1936, data della morte di Luigi Pirandello. L’ha immaginata così Katia Ippaso nel suo testo ‘Non domandarmi di me, Marta mia’ che va in scena, in prima nazionale, venerdì 28 febbraio alle ore 20:30 in Sala Assoli di Casa del Contemporaneo a Napoli, repliche sabato 29 alle 20:30 e domenica 1° marzo alle 18:00.
Dopo la prima apparizione nel Napoli Teatro festival Italia, il lavoro teatrale comincia il suo viaggio nelle sale italiane che proseguirà a Roma, Teatro di Villa Torlonia, dal 6 all’8 marzo, e a Milano, Teatro Gerolamo, 22 e 23 maggio.

La pièce, come scrive l’autrice nella sinossi, prende il via in una camera di Manhattan dopo l’annuncio, fatto qualche ora prima al pubblico del Plymouth Theatre di Broadway, della scomparsa di Pirandello. È lì che Marta Abba legge l’ultima lettera che Pirandello le aveva scritto, solo sei giorni prima della sua morte, nella quale non accennava minimamente alla sua malattia. Nella calma allucinata di quella notte, dopo la rappresentazione, Marta si trova a dover fare i conti con il suo passato.

L’attrice ha portato con sé le lettere che negli anni le ha scritto Pirandello dal 1926 al 1936 ma anche quelle che lei aveva indirizzato al suo Maestro. Le sparge sul letto e sul pavimento, vi si immerge, e rievoca così la loro storia, la storia di un rapporto elettivo, agli altri segreto e in una qualche forma incomprensibile, “un fatto d’esistenza”, annotava Pirandello in una lettera del ’29.

Rispetto al personaggio forte e risoluto del carteggio, emerge in Marta Abba, col favore delle tenebre, una nota di vulnerabilità, una maggiore solitudine di donna. L’irruzione improvvisa della morte, non può non influenzare l’interpretazione del passato, facendo vacillare le certezze e portando la protagonista a farsi delle domande che non si era mai fatta prima.

È una notte di veglia, in cui si fa vivo non solo il fantasma di Pirandello ma vengono chiamate a raccolta anche le immagini fantasmate di tutte le eroine pirandelliane, dalla Tuda di ‘Diana e la Tuda’ alla Donata Genzi di ‘Trovarsi’, fino alla contessa Ilse de ‘I Giganti della montagna’ che il grande scrittore aveva inventato per lei, per la sua Marta”.

Note di regia
Nell’oscurità, una presenza sonora, incandescente. New York, gli anni trenta, la “Città all’impiedi” di Céline. Una lanterna magica accende vorticose immagini notturne, quasi un divertissement, ma minaccioso. Un teatro d’ombre, la città in movimento, lettere, foto in bianco e nero, estratti filmati, nuvole che si addensano. Anche la camera dell’albergo newyorkese di Marta Abba è un caleidoscopico comporsi e scomporsi di forme: inquadrature che inseguono il fluire del testo e della tessitura musicale. Dall’ombra, emerge come in un lampo, fascinosa, l’attrice: Marta Abba.

“È giovanissima, di meravigliosa bellezza. Capelli fulvi, ricciuti, pettinati alla greca.
La bocca ha spesso un atteggiamento doloroso, come se la vita di solito le desse una sdegnosa amarezza; ma se ride, ha subito una grazia luminosa, che sembra rischiari e avvivi ogni cosa”.

L’amarezza e la gioia, il fantasma e la realtà, il personaggio e la maschera. Nella notte, precipitati “d’improvviso, brutalmente in un’altra era, in un altro tempo, più tenebroso”, chi è che ci parla? Pirandello attraverso Marta Abba o Marta Abba attraverso Pirandello? L’uno e l’altra. Incarnati.

In un viaggio notturno attraverso i passaggi di una corrispondenza dalla quale affiora pulsante l’emozione, l’attrice, dando una precisa tonalità orfica al testo, fa emergere il lungo, intenso e per tanti versi doloroso rapporto tra Luigi Pirandello e la sua attrice musa, Marta Abba. I temi dell’impossibile fusione amorosa, del senso dell’arte, di cosa si vale realmente, della vecchiaia inesorabile, della morte e della forma, anche quella dell’arte, che soffoca la vita irrompono sulla scena lasciandoci al termine dello spettacolo con il sentimento di una irrimediabile perdita, di una minaccia incombente.

Luigi Pirandello e Marta Abba si allontanano all’infinito nella glaciale notte newyorkese, alla frontiera tra la vita e la morte, all’alba dell’immane catastrofe, di un’epoca buia che lo stesso Pirandello sentiva avvicinarsi.
Arturo Armone Caruso

‘Non domandarmi di me, Marta mia
Intorno al carteggio Luigi Pirandello – Marta Abba’
di Katia Ippaso
con Elena Arvigo
regia di Arturo Armone Caruso
assistente alla regia Giulia Dietrich
musiche originali MariaFausta
scene Francesco Ghisu
disegno luci Giuseppe Filipponio
image designer Elio Castellana
foto Manuela Giusto

'Non domandarmi di me, Marta mia' - ph Manuela Giusto

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