Entra. Avanza nel Tempio, dove la penombra si intreccia con la luce misurata delle candele, dove ogni passo è un’eco e ogni silenzio una parola.
Gli sguardi si incontrano, riconoscono. Le pareti si ergono, custodi di simboli, narratrici di un sapere antico, levigate dal tempo e dal rito.
Ma ecco. Lì, di fronte a te, o forse celata allo sguardo primo, una parete si erge, diversa. Non ornata, non levigata fino al compimento.
Pietre grezze, forse, o un vuoto che respira, un’interruzione, una pausa nel canto della materia. È la Parete Incompiuta. Un paradosso di pietra, un’opera che si dichiara, fieramente, non finita.
Ascolta. Quel silenzio, quel vuoto apparente, è un linguaggio. Un monito e una promessa.
Parla del Lavoro mai finito, dell’Opera che incessantemente si rinnova, goccia dopo goccia, pietra su pietra, pensiero su pensiero. È il respiro del perfezionamento continuo, la melodia eterna della ricerca che non conosce approdo definitivo, perché ogni meta è solo una nuova partenza. Il Tempio dell’Uomo, il Tempio dell’Umanità, non può conoscere l’ultima pietra.
Sussurra dell’umiltà dell’Artefice, della creatura dinanzi all’infinito mistero della Conoscenza, della Verità. Quella parete nuda, o appena abbozzata, è lo specchio della nostra imperfezione, un memento costante: nessuno possiede il Tutto, nessuno è “arrivato”.
La volta stellata sopra di essa si apre, non chiude; il cordone dai sette nodi non stringe, ma abbraccia un divenire senza confini. L’Oriente, là dove sorge la luce, rimane idealmente aperto, un invito a guardare oltre.
È l’eco delle mani, innumerevoli, che si sono succedute, che si succederanno. Ogni Fratello è una “pietra viva”, chiamata a portare il suo blocco, sgrossato con fatica e dedizione, a quella costruzione collettiva.
E in quell’assenza, l’ombra di Hiram si allunga, il Maestro Architetto perduto la cui opera interrotta invoca altre mani, altri cuori, altri ingegni per proseguire il disegno, per non lasciare che il Tempio rimanga una rovina muta, ma un cantiere vibrante di vita.
Non è forse questa la bellezza struggente che ritroviamo altrove, in quelle opere che l’uomo ha lasciato sospese, quasi un respiro trattenuto?
Nelle note celestiali eppure bruscamente interrotte dell’Incompiuta di Schubert, che vibrano ancora nell’aria, attendendo una risoluzione che è già nella sua stessa, magnifica attesa?
O nei versi visionari del Kubla Khan di Coleridge, un sogno interrotto, un frammento di un palazzo di piacere che continua a edificarsi nella nostra immaginazione?
Pensiamo alla Sagrada Familia di Gaudí, cattedrale organica che cresce come un albero secolare, ogni generazione aggiungendo la propria fronda al disegno divino.
O ai Prigioni di Michelangelo, che lottano per emergere dalla materia, figure eterne proprio nella loro potente, palpitante incompiutezza, testimoni di uno sforzo titanico verso una forma che si intuisce appena.
L’incompiuto non è fallimento, ma varco. È il respiro lasciato all’Altro, all’Oltre. È la tela che attende il prossimo tocco di colore, la partitura che invoca la prossima nota.
È il riconoscimento che l’opera più grande è quella che trascende il singolo artefice per diventare patrimonio di tutti, un testimone passato di mano in mano.
Così la parete nel Tempio.
Non un muro che divide, ma una soglia che invita.
Non un limite, ma un orizzonte che si sposta con ogni sguardo, con ogni intento.
Ogni pietra non posata è una domanda. Ogni vuoto è uno spazio per il tuo scalpello, per il tuo pensiero, per il tuo amore.
Il Tempio si completa in ogni istante in cui un Libero Muratore, un uomo di buona volontà, volge il suo pensiero al Bene, al Bello, al Vero.
La sinfonia non tace.
Si libra.
Sospesa.
E la parete attende. Il silenzio vibra.
Così, come la pietra attende la mano, queste mie parole si offrono, anch’esse deliberatamente incompiute.
Un soffio, un invito sospeso nell’aria del Tempio.
Poiché ora, la Parola – non la mia soltanto, ma quella che risuona e cerca il suo compimento attraverso molte voci, attraverso il tempo –
passa oltre.
Tramite il Maglietto e la voce del Maestro Venerabile, suo custode e suo tramite illuminato,
essa si affida…
a chi vorrà ascoltare il non detto tra le righe,
a chi saprà sentire la melodia sottesa,
a chi oserà…
edificare su queste mie stesse, incompiute, parole.
Proseguire il disegno,
intagliare il proprio segno,
levigare la propria pietra.
A voi, ora, il silenzio gravido di possibilità.
A voi, la risonanza.
A voi, il prossimo accordo, la prossima pennellata, la prossima pietra.
Il Tempio interiore, il Tempio del Mondo…
attende…

Autore Hermes
Sono un iniziato qualsiasi. Orgogliosamente collocato alla base della Piramide. Ogni tanto mi alzo verso il vertice per sgranchirmi le gambe. E mi vengono in mente delle riflessioni, delle meditazioni, dei pensieri che poi fermo sul foglio.