Home Rubriche Tracce dal meridione L’illusione del Meridionalismo: una lettera da un’altra epoca

L’illusione del Meridionalismo: una lettera da un’altra epoca

356
lettera


Download PDF

C’è qualcosa di profondamente sconfortante, quasi un paradosso esistenziale, nel modo in cui il Meridionalismo si è presentato al mondo.

Era nato come una promessa, un grido di dignità per un Mezzogiorno sfruttato e calpestato, eppure, fin dall’inizio si è rivelato un’illusione, un ingranaggio di quella stessa macchina ideologica che pretendeva di combattere.

Il caso di Edoardo Scarfoglio e Matilde Serao è emblematico: due penne straordinarie, fondatori de Il Mattino nel 1892, il quotidiano che doveva diventare

campione dei diritti dei meridionali davanti al resto della patria.

Una frase, questa, che sembra risuonare come un brindisi retorico, e che oggi suona beffarda, vista la traiettoria di quel giornale, ormai gestito dalla capitale stessa che incarnava – e incarna ancora – il potere centralista.

Ma per comprendere fino in fondo la contraddizione del Meridionalismo bisogna tornare indietro, a una lettera del 1885 conservata nell’archivio del Museo Lombroso.

Una lettera scritta da Scarfoglio in persona al ‘chiar.mo signor professor Lombroso’, il patriarca dell’antropologia criminale italiana e precursore di una eugenetica spiccia che riduceva intere popolazioni a meri profili genetici ‘degenerati’.

In questo documento, Scarfoglio si rivolge a Lombroso con deferenza, quasi con sottomissione, invitandolo a collaborare al Corriere di Roma, progetto editoriale che precedette la fondazione de Il Mattino.

Non si tratta di una richiesta casuale: Scarfoglio, e con lui la moglie Serao, gli offrono spazio per contribuire con articoli su crimini e processi.

E poi, la frase più inquietante:

Non appena il telegrafo Le serberà notizia di un nuovo Misdea.

È qui che si rivela il cuore marcio del Meridionalismo di facciata. Francesco Misdea era il giovane soldato calabrese giustiziato per aver ucciso tre commilitoni settentrionali nella caserma di Pizzofalcone.

Lombroso lo aveva dipinto come un ‘delinquente nato’, incarnazione di un Sud selvaggio e primitivo, biologicamente inadatto alla civiltà. Scarfoglio aveva persino dedicato a lui un feuilleton, ‘Il romanzo di Misdea’, pubblicato in puntate su La Riforma di Roma, in cui non risparmiava immagini stereotipate e paternalistiche sul Mezzogiorno.

Il brigantaggio, le tare ereditarie, la criminalità: tutto si mescolava in un affresco che non era un atto d’accusa contro lo Stato oppressore, ma un’ulteriore conferma della narrazione razzista dominante.

Eppure, quella stessa opera è indicativa di qualcosa di più profondo: l’incapacità del Meridionalismo di mettere davvero in discussione lo status quo. Scarfoglio e Serao, con tutto il loro talento, non riuscirono mai a scrollarsi di dosso l’ideologia dello Stato unitario.

Guardavano il Sud con occhi che, pur partenopei, erano intrisi della lente razzializzante che Giuseppe Galasso, decenni dopo, avrebbe descritto come il tentativo di ‘italianizzare il Mezzogiorno’.

Lombroso, con le sue ‘scoperte’ pseudo-scientifiche, era visto non come un nemico, ma come un possibile alleato per ‘riformare’ il Sud, per plasmarlo a immagine e somiglianza di un Nord idealizzato.

Ma quale riforma, e a quale prezzo?

Il Meridione, in questa visione, non era altro che una colonia interna, una terra di contadini arretrati e soldati ribelli da civilizzare con la forza. Si tacevano le violenze del Regno d’Italia, la repressione feroce del brigantaggio, le depredazioni economiche che avevano trasformato il Sud in una periferia funzionale al nuovo Stato unitario.

Il Meridionalismo di Scarfoglio, di Serao e, in fondo, di tutti quelli che vennero dopo di loro, non ha mai avuto il coraggio di fare il passo decisivo. Non ha mai sfidato la narrazione imposta da Torino, da Roma, da Milano. Non ha mai osato pronunciare la parola proibita: indipendenza.

E così, eccoci qui, con un giornale che un tempo era l’orgoglio di Napoli, ma che oggi risponde a direttive romane. Con un Sud che è ancora oggetto di paternalismi e stereotipi, mai soggetto della propria storia.

Indipendentismo e Meridionalismo?

Due mondi separati da un abisso. E quell’abisso è stato scavato, fin dall’inizio, con la penna di uomini come Scarfoglio.

Benvenuti nel teatro infinito del Mezzogiorno, dove le promesse si trasformano in catene e il riscatto resta sempre un sogno lontano.

Sipario, ma il dramma continua.

Autore Piero Capobianco

Piero Capobianco, redattore per diverse testate sportive e di costume. Si occupa di temi riguardanti la storia di Napoli con particolare riguardo per la lingua e la musica. Ha ideato e conduce per Terroni Tv 'La lingua napoletana' e 'Napolizzando'. Collabora col professor Massimiliano Verde, Presidente di Accademia Napoletana, e il Maestro Lello Traisci musicista ed etno-antropologo. Ha studiato Filosofia presso L'Orientale di Napoli.