Home Rubriche Ethos - Etica e società Kalos kai agathòs: tra scultura e valori morali

Kalos kai agathòs: tra scultura e valori morali

scultura

Nel silenzio senza tempo dei musei, tra le luci soffuse che illuminano volti e corpi di marmo, lo sguardo dell’uomo moderno si rivolge a presenze che non hanno mai smarrito il loro fascino millenario.

Sono fisicità immobili ma vive e animate da ideali tramandati nei gesti e nel tempo: sono gli dèi, gli eroi, gli atleti della Grecia classica, che parlano senza voce, di un valore alto e luminoso come la fulgida bellezza dell’Ellade.

A muovere lo scalpello degli scultori, però, non era soltanto il culto del bello ma la tensione verso una perfezione che univa estetica e morale, materia e spirito.

È in questo orizzonte che si inscrive la kalokagathìa, sublime sintesi di bellezza fisica, kalòs, e bontà d’animo, agathòs, modello umano che la cultura greca pose al centro dell’educazione, della cittadinanza, della vita.

Un archetipo incarnato, anzi scolpito, nelle opere d’arte che ancora oggi ci interrogano suscitando stupore per la visione di un tale equilibrio realizzato con maestria e sensibilità.

Così, la statuaria greca non è semplice ornamento o celebrazione di un corpo ideale ma manifesto visibile di un’etica sottilmente invisibile: filosofia muta che si fa pietra.

I corpi degli atleti, degli eroi, degli dei, cesellati nel marmo o fusi nel bronzo lucente, sono vere e proprie incarnazioni di un ethos che ha definito la struttura morale e civica di una cultura senza tempo.

Le statue di Policleto, il cui Canone divenne guida imprescindibile all’armonia proporzionale del corpo umano, testimoniano questa tensione verso l’equilibrio.

L’arte diviene così strumento di elevazione morale e anche di educazione politica: l’uomo bello e buono, in quanto tale, è degno di cittadinanza attiva, di guida nella polis, di immortalità nel ricordo collettivo. Solo attraverso l’esercizio di tali virtù sarebbe stato possibile conseguire la grazia del sublime di una vita eticamente perfetta.

Con Mirone e il suo Discobolo, la bellezza è colta nell’attimo del gesto, sospesa tra potenza e grazia, in un equilibrio che è insieme corporeo e spirituale. E con Fidia, il sommo architetto del divino, si raggiunge la sublimazione del bello, laddove l’umano sfuma nell’eterno e l’Olimpo si specchia nei templi e nelle statue che lo popolano.

Se la sofrosyne, ossia la temperanza, è virtù cardinale per il cittadino greco, la scultura non fa che renderle omaggio nella levigatezza delle superfici, nella compostezza delle pose, nella ieratica dignità degli sguardi. Ogni statua è, dunque, silenziosa epifania di un’interiorità virtuosa: il corpo marmoreo diviene simbolo sacro di armonia cosmica.

Persino nell’epoca ellenistica, quando il pathos e il dinamismo si fanno simbolo dell’arte, non si spezza mai il legame profondo tra estetica e valore morale. L’eroismo, la sofferenza, il coraggio, scolpiti nei volti e nei muscoli, restano sempre subordinati a un’idea più alta di aretè, virtù che nobilita l’individuo e lo rende degno d’essere ricordato.

Oggi, contemplando i marmi sopravvissuti all’usura del tempo, l’uomo moderno riscopre l’eco di un’epoca in cui la bellezza non era vanità, ma un nobile sentiero verso la verità assoluta.

La kalokagathìa non appartiene solo al mondo antico: essa interpella ancora la coscienza contemporanea, chiamandola a riscoprire quell’unità perduta fra l’essere e l’apparire, fra l’ideale e il reale.

In una dimensione attuale l’ideale greco della kalokagathìa torna a mostrarsi come una possibilità ancora viva. Bellezza e bontà, se unite, non sono un lusso del passato, ma una necessità per il futuro: principi senza tempo, capaci di restituire dignità al vivere umano.

Quei volti scolpiti sono un invito a diventare migliori, a riscoprire nell’essere umano la possibilità di equilibrio, di nobiltà e bellezza. Forse è proprio da lì, da quella pietra che ancora ci guarda, che può nascere una nuova educazione alla bellezza interiore.

Perché, se c’è una cosa che l’antica Grecia ci insegna, è che ciò che è veramente bello, deve anche essere buono. E ciò che è buono, merita di durare per sempre.

Autore Pina Ciccarelli

Pina Ciccarelli, maturità Classica e Laurea in Giurisprudenza. Appassionata di Storia, Filosofia, Letteratura e Musica. La scrittura nasce dell'evasione, dal desiderio di donare colore alla vita, catartico abbandono all'immaginazione. Tra i sentieri nascosti del sublime, fuori dalle logiche del reale, per scoprire se stessi.