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Invidia

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Invidia


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Nel cristianesimo rappresenta uno dei sette vizi capitali: in totale opposizione alla virtù della “carità”; nell’iconografia classica è raffigurata come una vecchia signora che brucia fra le fiamme che essa stessa genera e, al contempo, i suoi occhi malevoli sono colpiti dal serpente che è determinata a scagliare contro l’altro.
L’Invidia è generata, inequivocabilmente, dalla profonda frustrazione interiore dell’Uomo inconsapevole e rinchiuso nei propri limiti.

Nella visione dantesca gli invidiosi avevano gli occhi cuciti: ed infatti, l’origine etimologica della parola invidia deriva proprio dal significato di “non vedere”, “guardare male”.

Chi “soffre” di invidia è destinato a bruciare fra le fiamme del suo stesso odio per la vita!
Si logora nel buio di se stesso e, al posto di ricercare la “luce” della propria rivelazione personale, si ammala volontariamente del più diabolico dei risentimenti; il più astioso e insidioso che, come un’ombra, ricopre la genuinità dello spirito e nel riflesso ingannevole dell’altro si riflette in tutta la sua malvagità.

L’invidioso malevolo e maldicente è colui che desidera e spera nel male altrui, perché lo ritiene immeritevole del bene prospero e della fortuna che l’altro possiede, anche se di spessore inferiore.

L’Essere invidioso è causa della sua stessa rovina esistenziale; soprattutto se lo stato frustrante in cui versa lo attanaglia da troppo tempo.

Il suo stesso respiro ed il battito primordiale del suo cuore mutano innanzi all’ispessimento di questo “muro di nerume” in cui si compenetra osmoticamente, a tal punto da restarne imprigionato.

L’invidia è uno dei peggiori malefici che la parte oscura dell’Invisibile può condurre l’Uomo a scagliare contro un suo simile; forti flussi di energia negativa smuovono l’espressione “livida dell’invidioso”, che altro non desidera che la distruzione dell’invidiato.

Accecato dal “brillare” del suo simile, l’invidioso concentra e canalizza il proprio risentimento contro l’altro al fine ultimo di destituirlo e privarlo della sua abbondante e immeritata fortuna.

L’invidia destabilizza la capacità di discernimento dell’Uomo che seduce e, inevitabilmente, il grado di intuizione e il relativo livello di consapevolezza si abbassano a tal punto da ridurre “il Simile a Dio” ad una sbiadita proiezione del lato peggiore di sé, infuocandolo di rabbia, odio e ira.

Colui che percepisce su di sé l’occhio malevolo dell’invidioso non deve far altro che indossare la propria armatura di fiducia in se stesso, rinvigorendola di intuizione e consapevolezza, macerate nell’atanor di purificazione mentale, animica e spirituale.

L’invidia ha soltanto una possibilità di goduria: l’espressione malevola, diffamante e maldicente della sua parola malvagia e oscura contro chi si scaglia con tutta se stessa.

Non ha misericordia l’invidia, né è portatrice di comprensione e benevolenza; il suo unico scopo è la distruzione altrui per opera della sua bocca insana e calunniosa.

Non è ciò che entra nella bocca che contamina l’uomo; ma è quel che esce dalla bocca che contamina l’uomo.
Mt 15,11

Non è meritevole di perdono l’invidioso, perché egli stesso condanna con la propria lingua maldicente il suo prossimo.

Non è semplice capire o meglio ancora comprendere le “ragioni” dell’Invidia: molto probabilmente esse affondano le proprie radici in un groviglio di “orgoglio e desiderio” che letteralmente strappano con violenza il respiro allo spirito, inaridendolo in un crogiuolo di tristezza e rancore.

L’Invidia, apparentemente e ingannevolmente seducente, è in realtà una vecchia megera intrisa di odio e rancore che dietro il suo sguardo malefico ha scelto di smarrire per sempre la “Luce dell’Amore”.

L’Invidia non è un peccato bensì una scelta determinante di chi non assapora più il gusto della propria vita, trascorrendo il tempo fisico a logorarsi pensando malevolmente all’altro, in un modo ossessivo e destabilizzante.

L’Invidia non è connaturata all’Uomo, ma alla perdita di sé per sua stessa mano e volontà.
L’Invidia, purtroppo, non è altro che una delle innumerevoli sfumature dell’”anatomia del Male”.

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Autore Antonio Masullo

Antonio Masullo, giornalista pubblicista, avvocato penalista ed esperto in telecomunicazioni, vive e lavora a Napoli. Autore di quattro romanzi, "Solo di passaggio", "Namastè", "Il diario di Alma" e "Shoah - La cintura del Male".