Home Territorio Estero In Uganda, l’impegno di CBM Italia Onlus

In Uganda, l’impegno di CBM Italia Onlus

633
Costruzione Ospedale St. Joseph


Download PDF

Il contesto ugandese

Riceviamo e pubblichiamo.

In Uganda sono ancora troppe le persone con problemi visivi: 1.2 milioni, di cui 250.000 sono cieche. Le patologie visive più diffuse sono la cataratta, 57,1%, gli errori refrattivi, il tracoma e il glaucoma.
Oltre alla povertà, a ostacolare la guarigione di tantissimi bambini e adulti che rischiano di rimanere ciechi per sempre concorrono:
• la carenza di ospedali e centri sanitari e il sovraffollamento delle strutture oculistiche esistenti, anche in seguito all’aumento negli ultimi anni di profughi sud sudanesi nel Nord dell’Uganda;
• la mancanza di personale sanitario formato e quindi non in grado di diagnosticare per tempo le patologie visive;
• i servizi oculistici non accessibili, che penalizzano tante persone con disabilità, le cui condizioni si sono ulteriormente aggravate a causa del Covid-19.

Eppure nel 75% dei casi le cause della cecità sono prevenibili o curabili.

Le pietre miliari di CBM in Uganda

In Uganda CBM è presente con diversi progetti per far fronte a questa situazione seria e drammatica. Un impegno costante, proficuo e innovativo che negli anni non si è fermato alla prevenzione e cura della cecità evitabile, ma è arrivato alla disabilità fisica e, infine, all’innovazione.

Il Mengo, il più antico ospedale dell’Uganda

Il Mengo Hospital, fondato nel 1897 a Kampala, è una vera istituzione in Uganda e nell’Africa orientale. Il reparto oculistico, istituito nel 1990, fornisce servizi di assistenza oculistica completi e a basso costo, sia ambulatoriali che ospedalieri.
Negli ultimi 25 anni, grazie alla collaborazione con CBM, il reparto oculistico è cresciuto offrendo prevenzione, cura, diagnosi di patologie oculari complesse e interventi chirurgici specialistici, di cataratta per adulti e bambini, strabismo e glaucoma.

Il Mengo Eye Department svolge anche sensibilizzazione nella comunità, screening e correzione degli errori refrattivi anche nelle scuole e servizi di ipovisione. In media il reparto accoglie 50.000 pazienti da tutta l’Uganda e da Paesi vicini come il Sud Sudan e la Repubblica Democratica del Congo, ed effettua 3.600 operazioni chirurgiche ogni anno.

Tra gli obiettivi futuri vi è l’ampliamento del dipartimento oculistico con la costruzione di 4 nuove sale operatorie, una banca corneale, una sala per le visite, un’unità di ipovisione, dove svolgere anche sessioni di stimolazione e riabilitazione visiva, camere di degenza pazienti e tanti altri spazi indispensabili per fornire visite e cure di qualità. Grazie al nuovo progetto si prevede che 563.000 persone in 5 anni avranno accesso alla nuova struttura e quindi a cure oculistiche.

Vivian: un tornado inarrestabile di felicità

Vivian ha 5 anni e vive in un villaggio rurale fuori Kampala, la capitale dell’Uganda. È una bambina vivace, corre, salta, gioca: è estremamente curiosa. Eppure per lei non è sempre stato così semplice. Per lungo tempo ha dovuto convivere con il buio della cecità: i suoi occhi che vedevano sempre meno le toglievano, ogni giorno di più, quello che le piaceva.

A 5 anni Vivian era totalmente cieca dall’occhio destro e i medici dell’ospedale a cui si erano rivolti i suoi genitori non potevano operarla perché per operare i bambini di cataratta si ricorre all’anestesia totale, e non tutti i centri sono in grado di eseguire questo intervento in Uganda.

Quando abbiamo conosciuto i suoi genitori, suo padre Moris ci ha detto:

Anche se non vede è molto brava a scuola, è tra i primi sei della classe. La cosa che più mi preoccupa è che è completamente cieca dall’occhio destro e che potrebbe perdere la vista anche da quello sinistro. Quando mi hanno detto che era necessaria un’operazione chirurgica per me è stato uno shock: non sapevo davvero come fare.

Essere ciechi, ancora oggi, in molti Paesi poveri significa essere esclusi, derisi, emarginati. È stato così anche per Vivian e la sua famiglia, che spesso è stata schernita e offesa. La piccola, a volte, non veniva coinvolta nei giochi e faticava a essere inclusa e accettata sia in classe che dagli amichetti. Poi un giorno, grazie a una clinica mobile, il caso di Vivian viene segnalato agli operatori di CBM.

All’ospedale oculistico Mengo possono essere operati di cataratta anche i bambini. La piccola viene operata con successo e dopo una notte in ospedale, con l’occhio bendato, arriva finalmente il momento di vedere la luce. Oggi Vivian è felice. La scuola continua a essere il suo luogo preferito: impara ogni giorno tante cose nuove, ma soprattutto continua a essere curiosa, intrepida e sorridente. Non più da sola.

Vivian
Vivian

Ospedale St. Joseph: mattone dopo mattone una speranza concreta

È nel Nord Uganda che CBM sta costruendo un nuovo plesso chirurgico presso l’ospedale St Joseph, nella sub-regione di Ancholi, una delle più povere del Paese. Un progetto avviato in accordo con il Ministero della Salute ugandese, che renderà il St Joseph un centro oftalmico specialistico in grado di erogare cure diagnostiche, trattamenti specialistici e chirurgie oftalmiche.

Il plesso chirurgico prevede diversi ambienti tra cui la sala operatoria principale, una sala per la preparazione di medici e infermieri, una sala d’attesa, una per le visite e quella per la degenza. La costruzione del plesso chirurgico è stata avviata a dicembre 2020 con il supporto del partner Arcò – Architettura e Cooperazione, un team di architetti specializzati in edifici sostenibili e accessibili.

I lavori di costruzione del plesso chirurgico e anche di rinnovo della sala degenza sono eseguiti in linea con la normativa ambientale del Paese, rispettando i criteri di sostenibilità ambientale.

Saranno garantiti il benessere acustico e visivo dei pazienti e contenuti i consumi energetici: verranno installati pannelli solari per alimentare il fabbisogno energetico della sala operatoria e sarà realizzato un sistema stand alone di produzione di energia elettrica. La sala operatoria sarà costruita secondo standard di accessibilità nazionali e internazionali e secondo i criteri di “accomodamento ragionevole e Universal Design” per la piena accessibilità delle strutture alle persone con disabilità e categorie più vulnerabili.

Valore aggiunto è, inoltre, la co-progettazione con la comunità locale; i lavori sono affidati a una ditta costruttrice locale, i materiali acquistati in loco e la manodopera è locale.
La nuova costruzione fa parte di un progetto più ampio, avviato nel 2019 con il sostegno dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, AICS, per migliorare l’accesso e la qualità dei servizi oculistici nei distretti di Kitgum, Lamwo e Arua.

Oltre alla costruzione del plesso chirurgico, sono molte le attività previste tra cui: l’equipaggiamento e rafforzamento dei centri sanitari sul territorio, per decentralizzare i servizi a livello comunitario; la formazione di medici e personale sanitario; l’attivazione di cliniche mobili nelle comunità e nei campi sfollati e la formazione alle autorità sui temi della disabilità, affinché diventi tema centrale nelle comunità. Grazie al progetto CBM porterà cure oculistiche a 76.500 persone tra cui in particolare persone con disabilità, donne e bambini.

CoRSU – Comprehensive Rehabilitation Services for Uganda

Il CoRSU, Comprehensive Rehabilitation Services of Uganda for People with Disabilities, è un ospedale di riabilitazione medica e chirurgia specialistica. È un polo di eccellenza in Africa Orientale per la cura e la riabilitazione delle disabilità ortopediche e plastiche, soprattutto dei bambini.

Punti di forza del CoRSU sono la chirurgia e le attività di riabilitazione; qui si curano i bambini con disabilità fisica, e nella fase post-operatoria, si favorisce la loro inclusione nella società. Le attività principali sono le chirurgie ortopediche, per deformazioni degli arti, piede torto, fratture, le operazioni di plastica ricostruttiva, soprattutto deformazioni del palato e ustioni, e i servizi di riabilitazione, fisioterapia, ergoterapia e logopedia.

Queste vengono integrate da formazione del personale e un progetto di Riabilitazione su Base Comunitaria, che sostiene la partecipazione e l’inclusione delle persone con disabilità nelle loro comunità di appartenenza attraverso la collaborazione con i servizi sanitari, educativi, formativi e sociali esistenti.

L’80% dei pazienti del CoRSU sono bambini, che provengono dall’Uganda e dai Paesi vicini. Tra tutti i pazienti ammessi al CoRSU, 1 paziente su 5 è infettivo o è ad alto rischio di infezione. Queste condizioni richiedono per i pazienti di restare in isolamento in un ambiente protetto: per questo CBM nel 2016 – con il sostegno della Fondation Assistance Internationale, FAI,- ha avviato la costruzione ed equipaggiamento di un nuovo Reparto di terapia intensiva per la cura della Sepsi, il Septic Ward. Inaugurato nel 2017, ospita 24 posti letto ed è attualmente attivo e funzionante.

Il CoRSU si occupa inoltre di nutrizione: spesso infatti i pazienti, soprattutto i più piccoli, arrivano al CoRSU in uno stato di grave malnutrizione e per questo non possono essere sottoposti a operazione chirurgica. Le nutrizioniste e le infermiere del CoRSU si assicurano quindi che tutti i pazienti raggiungano uno stato nutrizionale ideale, fornendo cibo terapeutico e formando i parenti dei più piccoli su come preparare i cibi più adatti per i loro figli, arricchendo prodotti facilmente reperibili con supplementi vitaminici e ipernutrienti.

Dalla sua fondazione, il CoRSU ha realizzato più di 48.000 operazioni chirurgiche su bambini, migliorandone le condizioni di vita, e portato attività riabilitative a 72.000 pazienti, la maggior parte dei quali sono bambini.

Grazie al sostegno di Fondazione Cariplo e Fondazione Compagnia di San Paolo, è attualmente in corso un progetto che potenzierà le capacità di tecnologia additiva dell’ospedale e la qualità dei servizi di riabilitazione inclusiva erogati.

Tra questi ‘Print the Innovation’: ausili e prodotti 3D per migliorare la vita delle persone con disabilità in Uganda. Un intervento che utilizza processi di produzione innovativi quali la manifattura additiva, stampante 3D, per migliorare la qualità dei servizi di riabilitazione inclusiva erogati dall’ospedale e, al contempo, rispondere ai bisogni dell’emergenza Covid-19. Il CoRSU dispone infatti di un innovativo laboratorio ortopedico che, grazie alle stampanti 3D per la produzione in serie di visiere protettive, protesi e plantari, tutori e supporti ortopedici, garantisce una maggior autonomia e sostenibilità economica nel reperire materiale e attrezzature mediche innovative e di qualità.

La storia di Rebecca

Rebecca ha cinque anni e vive con la sua mamma in un piccolissimo villaggio nel cuore dell’Uganda. È nata con entrambi i piedini torti: per lei camminare, correre e giocare erano una fatica immensa. La scuola è a diversi chilometri da casa e per lei la strada era troppo faticosa, non poteva quindi frequentarla e passava le sue giornate con la mamma, seduta sulla soglia di casa.

Gli altri bambini, con cui le sarebbe piaciuto giocare a palla in realtà la prendevano in giro a causa di questa sua deformazione e un po’ per la fatica, un po’ per la tristezza Rebecca si limitava guardare gli altri giocare.

Grazie a CBM la vita di Rebecca è cambiata. È stata portata all’Ospedale Ortopedico CoRSU, dove ha ricevuto tutte le cure necessarie per raddrizzare i suoi piedini. È rimasta in ospedale diverse settimane: dopo una serie di gessi, che andavano a sostituirsi periodicamente, e un’operazione chirurgica, ha iniziato a muovere i primi passi. Accompagnata da un tutore è diventata sempre più sicura dei suoi movimenti fino a che è tornata a casa.

Rebecca oggi continua la riabilitazione e porta ancora le scarpe ortopediche ma la sua vita è totalmente cambiata: va a scuola, gioca con i suoi amici, aiuta la sua mamma nelle piccole faccende di casa. Il futuro che ha davanti è diverso, perché Rebecca ha spezzato il ciclo che lega la povertà alla disabilità e ora potrà diventare tutto ciò che desidera.

Rebecca
Rebecca

La campagna

I progetti in Uganda rientrano nella nuova campagna ‘Break the cycle’, nata con l’obiettivo di contribuire a spezzare il ciclo che lega povertà e disabilità nei Paesi in via di sviluppo. 26 i progetti sostenuti in 12 Paesi di Africa, Asia e America Latina. Progetti di salute, educazione e inclusione sociale, capaci di mettere al centro le persone con disabilità e i loro diritti grazie all’approccio CBID, Community Based Inclusive Development: uno sviluppo inclusivo su base comunitaria che permette di lavorare insieme alle comunità.

Nel mondo sono più di 1 miliardo le persone con disabilità. Di queste l’80% vive nei Paesi in via di sviluppo. È proprio in questi Paesi che la povertà e la disabilità sono spesso collegate, creando un circolo a cui è difficile sfuggire. Chi è povero ha più probabilità di avere una disabilità perché non ha accesso a una alimentazione sana, ad acqua pulita, a cure mediche, educazione e lavoro.

La disabilità, dal canto suo, può contribuire e aumentare la povertà a livello individuale, familiare e comunitario a causa di discriminazioni e barriere. Chi ha una disabilità ha meno probabilità di accedere a istruzione, formazione e lavoro: opportunità che potrebbero porre fine alla povertà.

CBM Italia Onlus è un’organizzazione umanitaria impegnata nella prevenzione e cura della cecità e della disabilità evitabile e nell’inclusione delle persone con disabilità in Africa, Asia, America Latina e in Italia. CBM Italia fa parte di CBM, Christian Blind Mission, organizzazione internazionale attiva dal 1908 per includere e contribuire a una migliore qualità della vita delle persone con disabilità che vivono nei Paesi in via di sviluppo.
Nel 2019 CBM Italia ha realizzato 48 progetti in 17 Paesi, raggiungendo circa 1,9 milioni di beneficiari. Globalmente CBM ha realizzato 540 progetti in 51 Paesi di tutto il mondo raggiungendo oltre 10,7 milioni di beneficiari.
Info

Print Friendly, PDF & Email