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Il Casamale e la malia delle Lucerne

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Lucerne - foto Rosy Guastafierro
Lucerne - foto Rosy Guastafierro


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Accanto al gigante che dorme, il Vesuvio, troviamo il monte Somma; anticamente, parliamo di circa 25.000 anni fa, erano parte di un unico grande vulcano, il Somma-Vesuvio.

Sul declivio di questa verde montagna si stende Somma Vesuviana, uno dei tanti paesi dell’hinterland di Napoli. Diversamente dagli altri, qui scopriamo importanti testimonianze archeologiche, tra cui una lussuosissima villa di epoca Augustea, dove si pensa sia morto Ottaviano Augusto.

La vera particolarità di tale ridente cittadina è il suo borgo medievale, che prende il nome dalla famiglia aristocratica dei Causamala, come testimoniato da un atto di locazione, della durata di quattro anni, risalente al 1011.

Nel 1467, re Ferdinando d’Aragona fa innalzare poderose mura, probabilmente su quelle preesistenti Angioine, che, ancora oggi, fanno da cornice al Casamale, con quattro porte di accesso: Porta Torre, Porta dei Formosi, Porta Castello e Porta Piccioli.

Lucerne - foto Rosy Guastafierro

Il suo nucleo centrale è il convento dei Padri Eremitani di Sant’Agostino, con annessa cappella del XII secolo, inizialmente titolata a San Giacomo, poi a Santa Maria della Sanità. Nel 1595 la Santa Sede decide di costituirvi un Capitolo, per cui le si dà il titolo di Collegiata e, quindi, diviene Chiesa di Santa Maria Maggiore.

L’interno delle mura è fatto di vie strette, archi, stretti balconi in ferro battuto, che si reggono su soglie di piperno, come gli archi di ingresso ai palazzi dell’aristocrazia e conventi, occupati poi, negli anni, da coloni, artigiani e commercianti.

I nomi di questi antichi vicoli, dove neanche il sole riesce a penetrare, prendendo spunto da eventi cruenti, colonie insediatevi o, più semplicemente, dal cognome dell’antica famiglia, rendono suggestiva la toponomastica: Coppola, Cuonzolo, Giudecca, Lentini, Malacciso, Perzechiello, Piccioli, Puntuale, Stretto, Torre e Zoppo.

Tale importante patrimonio di arte e di cultura ogni quattro anni, forse reminiscenza dell’atto di fitto, nei primi giorni di agosto, in coincidenza del primo quarto di luna, si trasforma; le sue viuzze vengono intelaiate con forme geometriche che ricordano i quattro elementi e, di sera, partendo da Porta Torre, viene accesa la prima delle circa quattromila lucerne.

Scene di vita contadina – zucche vuote, felci intrecciate, pareti di ginestre – fanno da sfondo a persone reali o fantocci, che siedono intorno a tavole imbandite con pezzi di formaggio, bicchieri di catalanesca e piennoli di pomodorini del Vesuvio, rossi o gialli, in bella mostra, intenti a celebrare la Madonna della Neve, la cui ricorrenza cade proprio il 5 di agosto.

Lucerne - foto Rosy Guastafierro

Un rituale antichissimo, che, probabilmente, affonda le sue radici in cerimonie pagane come il Sacrum anniversarium Cereris che, dalla fine del III sec. a. C., si celebrava proprio ad agosto e rappresentava le nozze di Persefone e Plutone, un rito propiziatorio agricolo, che ripropone l’incessante ciclo della natura e il conseguente passaggio dalla vita alla morte per ritornare a rinascere.

C’è chi giura, invece, che sia un rituale effettuato in onore di Diana Tifatina, Signora della Luce, dei boschi e della caccia. Al di là di ogni attribuzione, resta il fatto che sono richiamati i simboli più antichi attraverso i quali il genere umano ha tramandato lo scorrere del tempo.

Il riferimento al fuoco mediante le lucerne è un’elegia al sottosuolo vulcanico nel tentativo di imbrigliare la sua forza distruttrice, ma, contemporaneamente, inneggia alla sua importanza di bruciare le stoppie affinché i campi si predispongano ad accogliere la nuova semina.

La vera particolarità resta l’utilizzo di una quantità smisurata di minuscole sorgenti di luce ad uso domestico, specifica dei luoghi di culto e per illuminare il percorso oltre la morte, o la sua rappresentazione come fuoco fatuo.

Immagine ancestrale, la lucerna richiama l’organo riproduttivo femminile e, contemporaneamente, quello maschile, capace di generare nuova vita, mai eterna però, perché è direttamente proporzionata al suo contenuto specifico, la razione di olio custodita in essa.

I lumini di terracotta, con stoppini intrecciati a mano, posizionati sulle figure geometriche costruite su telai disposti seguendo la lunghezza del vicolo, man mano sempre più piccoli, creano una profondità resa ulteriormente infinita dal posizionamento di uno specchio dietro l’ultimo ed esercitano un richiamo possente; racchiudono, in sé, l’allegoria della stessa montagna che, per la sua morfologia, contiene i quattro elementi.

Il triangolo, a seconda di come viene raffigurato, rappresenta la donna o l’uomo, ma anche il fuoco e l’acqua, mentre per la terra e l’aria lo attraversa un segmento. Il quadrato delimita lo spazio sacro, riproduce il Tempio, il cerchio, simbolo di perfezione assoluta, evoca la ciclicità, perché non ha né inizio né fine, mentre il rombo contiene il segreto della femminilità e della magia.

Una festa nata e tramandata come ringraziamento per il raccolto appena concretizzato, per il futuro auspicio per la prossima aratura e la conseguente nuova semina, ma che la chiesa cattolica ha trasformato nel culto della Madonna della Neve.

La sua statua, presente nella chiesa, la raffigura con un volto sereno e rotondo, contornato da lunghi capelli mossi, su di un corpo proporzionato e snello. La sera del 5 agosto il busto viene portato a spalla dai fedeli e la processione attraversa tutto il Casamale.

Al suo passaggio, quasi per incanto, la folla le fa strada per richiudersi subito dopo, mentre dai balconi si leva una litania di voci femminili che ripetono incessantemente un’antica preghiera:

O Madonna della Neve, tu che aiuti i tuoi fedeli. O regina della pietà, tutte queste lucerne accese. O regina della città, ai piedi della Madonna è caduta una bella stella, nel fulgore del sole ardente cade la neve, che la fa bianca.

Nascosto in questa nenia, ancora una volta, ritroviamo il richiamo al mondo contadino perché si sa: sotto la neve pane

Una tradizione che continua, malgrado lo scorrere inesorabile del tempo, anche se, a causa di vari eventi, più volte è stata interrotta e ripresa. Dobbiamo avere la capacità di aspettare ancora un anno, nella speranza che, malgrado il periodo particolarmente difficile, possiamo rivivere la magia.

Foto Rosy Guastafierro

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Autore Rosy Guastafierro

Rosy Guastafierro, giornalista pubblicista, esperta di economia e comunicazione, imprenditrice nel campo discografico e immobiliare, entra giovanissima nell'Ordine della Stella d'Oriente, nel Capitolo Mediterranean One di Napoli. Ha ricoperto le massime cariche a livello nazionale, compreso quello di Worthy Grand Matron del Gran Capitolo Italiano.