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Il buono di zia Tita

Zia Tita - illustrazione di Umberto rgk bogard
Zia Tita - illustrazione di Umberto rgk bogard

Stavo sentendo il filosofo Pinto alla radio. Mi aveva molto colpito il concetto del sapere e della conoscenza, un concetto che sottolinea come quella di oggi sia la prima generazione dove i figli sanno più dei padri. Non era mai accaduto.
Ragiono, tra me e me, che è vero.

La tradizione e la cultura sommata in anni di esperienza, dava valore al sapere dei vecchi rispetto a quello dei giovani.

Fino ad oggi, per una lezione di vita e di lavoro, ti recavi dal decano di famiglia, se lo avevi, o dal fruttivendolo anziano del quartiere, che sicuro non mancava. E quello ti dava illuminanti esempi su come e cosa dovevi fare quando eri in difficoltà, o come comportarti per non esserci nell’impaccio.

La categoria dei medici poteva contare su casistiche infinite di malattie e morti, mentre oggi la mano ferma che tocca un joystick conta più degli ottant’anni passati a fare il ferrista in sala operatoria.

Il sapere che serve per stare in questo mondo è legato alla padronanza dei mezzi informatici, dei linguaggi stranieri, su tutti inglese e spagnolo, sulla capacità di usare schermi e non più pulsanti, di avere telefoni per pagare, al posto non solo dei soldi, ma anche delle carte di credito.

Personalmente avevo impiegato un po’ per capire che quella non era la scheda telefonica della SIP o della Telecom, e, buttate nella spazzatura le vecchie schede, uscivo sempre e solo con la carta di credito. Il bello era pure non andare alla posta e senza sforzi e senza code, trovare la pensione lì, a mia disposizione.

Adesso che in barba pure agli scippatori mi ero rassegnata a portare tutto in tasca invece che nel portafogli, che le foto di mio padre e mia madre potevano viaggiare nel telefono dove mia nipote le aveva salvate, insomma, adesso che cominciavo a capire, ecco che tutto era cambiato (di nuovo!) e la gente pagava con gli orologi e i telefoni cellulari. Follia.

Questa storia del salvare, invece, la trovavo fantastica. Tutto quello che si sarebbe sciupato e sarebbe poi morto trasportato nella plastica vetrina del portafogli poteva, al contrario, essere tenuto sullo stesso schermo del mio telefono.

Certo ho perduto per sempre l’emozione di tenere la foto della mia mamma attaccata alla guancia come a sentire il suo tocco: non è la stessa cosa tenerci il cellulare che già abitualmente, poi, là sta, ma in compenso posso ingrandire il suo occhio e leggere le iridi sfuocate del suo sguardo che mi saluta della fine dell’Ottocento.

Insomma, come al solito mi capita, trovo sempre un buono. E con questo Buono, arrivatomi via mail si intende e non certo tirato via da qualche coupon del mio settimanale, vado a fare la spesa.

Ma il settimanale non lo mollo. Ah no! Ancora attaccato al Novecento come me, mi regala, stipati a sorpresa tra le sue pagine, ottimi fondotinta versione campioncino, da regalare alla figlia della portiera.

La cara ragazza che risparmia alle mie ginocchia la salita e la discesa per la posta: oramai imita bene la mia firma e la postina, altrettanto collusa, fa finta di credere che abbia 83 anni.

È il bello dell’impertinenza napoletana per quelle leggi dalle quali deroga, ritenendole a proprio insindacabile giudizio, sommamente inutili.

Armata del mio Buono faccio il clamoroso ingresso alla Esseivode.

Giro per almeno mezz’ora tra camice e camicette, scartando le magliette con lo scollo rotondo che ho sempre odiato a favore di quelle con lo scollo a V, oggetto dei miei desideri dalla menopausa in poi.

Mi sforzo di accontentarmi di quella magliettina a fiori stile educanda e, redarguendomi da sola, mi impongo di farla breve e di non essere la perfetta seccatrice che, a volte, rischio di essere, altrimenti perdo l’offertona che il Buono mi ha accordato.

Ah signora siamo spiacenti, ma lo sconto è sulla nuova collezione.

E dove è scritto?

chiedo allibita

Proprio qui

indica delle formiche a fondo mail stampata.

Credevo le avesse messe il WWF per la quota annuale. Ma è ancora estate e per la nuova collezione ci sono solo maglioni per l’inverno. Conosco bene quella commessa e lei conosce me.

Non ne usciamo vive, sappiamo entrambe come finisce il copione: lei lavora per un grande marchio, il signor Esseivode non è altri che un nome d’arte sotto il quale si nascondono almeno cento nomi diversi e forse nemmeno tutti esseri umani.

Esco. Ma non mi do per vinta. Non sia mai. Cerco risorse nella mia città. Vado diritta al supermarket di fronte. Bene c’è Isa.

Isa

le faccio l’occhiolino.

Si alza dalla cassa e viene con me dietro la pila di acqua gassata, oramai conservata lontana dai raggi del sole da quando alla sua titolare è venuto l’ictus e non si capisce bene perché.

Sapevo che con lei avrei trovato la quadra. Scambio il Buono con quattro barattoli di tonno special e due scatole (DI LATTA SIGNORI E SIGNORI, con i disegni delle fatine!!!) pieni di biscotti integrali e cereali. Il top insomma.

La commessa di Essevoide è amica sua e crederà senz’altro che Isa ha 83 anni e come nome d’arte ha Tita.

Tita, Isa… insomma non sono tanto diversi i nomi. Alla fine, forse, nemmeno esseri umani.

Non sono certo una disfattista, tantomeno contro il consumismo, ma alla mia età un maglione per l’inverno comprato ad aprile è un impegno che francamente non mi sento proprio di prendere.

Autore Barbara Napolitano

Barbara Napolitano, nata a Napoli nel dicembre del 1971, si avvicina fin da ragazza allo studio dell’antropologia per districare il suo complicato albero genealogico, che vede protagonisti, tra l’altro, un nonno filippino ed una bisnonna sudamericana. Completati gli studi universitari si occupa di Antropologia Visuale, pubblicando articoli e saggi nel merito, e lavorando sempre più spesso nell’ambito del filmato documentaristico. Come regista il suo lavoro più conosciuto è legato alle dirette televisive dedicate a opere teatrali e liriche. Come regista teatrale e autrice mette in scena ‘Le metamorfosi di Nanni’, con protagonisti Lello Arena e Giovanni Block. Per la narrativa pubblica ‘Zaro. Avventure di un visionauta’ (2003), ‘Il mercante di favole su misura’ (2007), ‘Allora sono cretina’ (2013), ‘Pazienti inGattiviti’ (2016) ‘Le metamorfosi di Nanni’ (2019). Il libro ‘Produzione televisiva’ (2014), invece, è dedicato al mondo della TV. Ha tenuto i blog ‘iltempoelafotografia’ ed ‘il niminchialista cinematografico’ dedicati alla multimedialità.