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Felicità: tra virtù e consumismo

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virtù e consumismo


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La felicità ha da sempre costituito tema centrale negli interrogativi umani, spingendo alla ricerca ed alla comprensione del suo valore.

Ma cos’è? E come si può raggiungere?

Interpretata spesso come obiettivo primario dell’esistenza umana, fu celebrata dai grandi pensatori come fine ultimo, destinazione di vita.

Agli albori del pensiero occidentale l’Eudaimonia, la felicità appunto, per Aristotele non costituiva momentanea sensazione di benessere personale quanto, piuttosto, quella vita virtuosa, ispirata alla bellezza dei valori universali di Bene e Giustizia, capaci di astrarre l’uomo dalla materialità della sua natura ad un livello superiore, raggiungendo, così, il profondo equilibrio tra natura umana e pensiero razionale.

Il benessere duraturo realizzato mediante l’esercizio di tale virtù, della libertà individuale, in accordo con i valori assoluti e della saggezza, come contemplato dall’antica tradizione culturale occidentale, ha quindi per lungo tempo costituito la massima aspirazione sociale volta alla realizzazione del sé.

Attraverso il controllo delle emozioni, l’imperturbabilità ed il distacco dalle preoccupazioni, seguendo la via del giusto mezzo, la ricerca del valore assoluto della felicità costituiva un percorso ascetico di serenità individuale.

Nell’ambito di una visione prettamente edonistica, invece, perse il costante rimando alla virtù morale, per sconfinare nell’altrettanto interessante posizione che rinviene nel piacere individuale, l’assenza di dolore fisico e morale la condizione necessaria al suo raggiungimento.

Tale impostazione, nel ricorrere ad un parallelismo storico, potremmo ricondurla alla visione collettiva attuale.

Nel mondo d’oggi la felicità ha sempre più i connotati di uno status di vita soddisfacente, realizzato prevalentemente mediante la costante ricerca e disponibilità di beni materiali, caratteristica delle società moderne.

Il benessere individuale, nell’era del consumismo, è quindi spesso misurato dal possesso di ricchezze materiali in accordo a quella convinzione che il successo economico sia la più grande forma di realizzazione.

In tal senso, giocano un ruolo cruciale i mass media e l’influenza che essi esercitano, normalizzando il consumo eccessivo, promuovendone la cultura ed assecondando il desiderio costante legato a mode e novità effimere.

All’omologazione alla cultura di massa consegue la creazione di nuove dipendenze ed esigenze che seducono l’uomo contemporaneo, sempre più spinto alla noia esistenziale, in un continuo oscillare tra il piacere suscitato dai desideri attuali e la frustrazione per l’appagamento di quelli futuri.

Dunque, vivida ragione delle proprie azioni, affanno costante della quotidianità, in un crescente circolo vizioso che condanna il singolo all’incapacità di rispondere positivamente alla sua natura autentica, prigioniero di esigenze artificiali.

La felicità, pertanto, nella così complessa visione contemporanea, passa da aspirazione di vita e costruzione del sé ad illusione effimera, paradosso e contraddizione della modernità, che solo un ritorno ad una consapevolezza collettiva volta alla ricerca di connessioni autentiche e qualità umane universali può ripristinarne l’originario valore e profondità.

Autore Pina Ciccarelli

Pina Ciccarelli, maturità Classica e Laurea in Giurisprudenza. Appassionata di Storia, Filosofia, Letteratura e Musica. La scrittura nasce dell'evasione, dal desiderio di donare colore alla vita, catartico abbandono all'immaginazione. Tra i sentieri nascosti del sublime, fuori dalle logiche del reale, per scoprire se stessi.