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Epistulae dal passato

Epistulae

Fin dai tempi più remoti l’epistola, dal latino epistula, messaggio scritto inviato a un destinatario, fu strumento comunicativo ampiamente fruito da intellettuali, sovrani ed artisti, costituendo il mezzo d’elezione di dialogo con il proprio tempo e la propria realtà.
Le missive, impronte di un’umanità che ha affidato alla parola scritta le sue emozioni più profonde, albergano in silenziose biblioteche e tra le pieghe ingiallite dei manoscritti.

Questi documenti, spesso trascurati, sono in realtà testimoni privilegiati di epoche lontane, capaci di restituirci con nitidezza il sentire di chi ci ha preceduto.

Nata dalla splendida inventiva delle antiche civiltà mediterranee, la corrispondenza epistolare trova le sue lontane origini nei papiri egizi e nei documenti cuneiformi delle corti mesopotamiche. Saranno poi la cultura greca e romana ad elevarla a vera a propria forma d’arte.

Platone con le sue lettere filosofiche, Cicerone e Seneca poi, seppero farne specchio di interiorità, un palcoscenico dove ragione e sentimento si incontravano con equilibrata naturalezza. Furono infatti maestri nel coniugare pensiero ed umana emozione. Le loro lettere non erano meri strumenti di comunicazione, ma veri e propri esercizi di stile e riflessione morale.

L’epistula latina, raffinata nei toni e solenne nella forma, si prestava tanto a questioni di Stato quanto ai profondi sussurri dell’anima.

Nel corso dei secoli, quest’arte ha saputo adattarsi alle mutevoli stagioni della cultura, restando però sempre fedele alla sua natura più intima di dialogo differito, in cui l’assenza del destinatario fisico ne esaltava la precisione, la ponderazione e l’intensità.

Scrivere una lettera implica, infatti, un atto di fiducia nella parola scritta, nel suo potere di attraversare lo spazio e il tempo per giungere al lettore con grazia e fermezza.

Il Rinascimento vide un fiorire di raccolte epistolari che dipingevano la società del tempo con acutezza e ironia per divenire poi nell’era dei Lumi protagoniste dei salotti letterari europei, quali eleganti strumenti di conversazione filosofica e sociale.

Le corrispondenze tra Voltaire e Federico II di Prussia, tra Diderot e l’imperatrice Caterina II di Russia, non solo testimoniano il fluido scambio tra pensiero e potere, ma mostrano come tale strumento comunicativo fosse spazio di mediazione tra cultura e azione, tra teoria e governo.

Ma fu forse l’Ottocento, secolo dell’interiorità e del sentimento, a restituire alla lettera il suo volto più intimo, a tratti malinconico.

Le corrispondenze di Giacomo Leopardi, ad esempio, traboccano di lucida riflessione sull’infelicità, sulla bellezza e sul destino umano.

Non nate con intento letterario, ma destinate a familiari, amici, intellettuali e figure della sua epoca, sono un vero specchio dell’anima, dove la riflessione filosofica si intreccia con la confessione personale.

Nel custodire le epistole del passato e nel coltivare ancora, seppur raramente, l’arte di scrivere lettere, l’uomo rinnova la propria fedeltà alla dimensione profonda della parola, alla relazione che dura e alla bellezza che non teme l’oblio.

Ogni epistola autentica è incontro tra due coscienze, eco di un’anima che parla, si espone, si consegna. In essa perdura la trama invisibile dei sentimenti umani, la memoria viva di chi ha osato comunicare con sincerità e misura.

Così, la bellezza della lettera non risiede soltanto nel suo stile, ma nella sua verità: essa è ponte fragile e potente tra solitudini, scrigno di emozioni e idee, voce che sa ancora commuovere, interrogare, unire.

Autore Pina Ciccarelli

Pina Ciccarelli, maturità Classica e Laurea in Giurisprudenza. Appassionata di Storia, Filosofia, Letteratura e Musica. La scrittura nasce dell'evasione, dal desiderio di donare colore alla vita, catartico abbandono all'immaginazione. Tra i sentieri nascosti del sublime, fuori dalle logiche del reale, per scoprire se stessi.